Yahoo, Bing e il “diritto all’oblio”

Dopo Google, anche altri motori di ricerca hanno iniziato a rimuovere i link "non più rilevanti" dai loro risultati: l'UE intanto ha diffuso nuove (complicate) linee guida

Dopo Google, anche i motori di ricerca Yahoo e Bing di Microsoft hanno iniziato ad applicare le regole imposte dall’Unione Europea sul cosiddetto “diritto all’oblio”. Lo scorso maggio la Corte di giustizia UE ha stabilito che i cittadini europei hanno il diritto di chiedere ai motori di ricerca di eliminare dalle loro pagine dei risultati i link verso contenuti che li riguardano, nel caso in cui li ritengano “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati”. La decisione ha fatto molto discutere perché secondo la Corte i link devono essere rimossi dalle pagine dei risultati, ma i contenuti cui rinviano possono comunque continuare a esistere normalmente online.

Google, che in Europa ha circa il 90 per cento del mercato e anche per questo motivo è al centro di diverse iniziative antitrust da parte dell’Unione, ha iniziato ad applicare il “diritto all’oblio” in estate creando un modulo per richiedere la rimozione dei link. Bing ha messo online un sistema simile a luglio scorso ma solo nelle ultime settimane ha iniziato a rimuovere i link. Il sito Forget.me, che offre assistenza a chi vuole richiedere la rimozione di un contenuto, ha fino a ora gestito 699 richieste per 2.362 indirizzi Internet e per ora Bing ha risposto in 79 casi. Yahoo ha chiarito al Wall Street Journal che sarà valutata ogni richiesta, cercando di bilanciare il più possibile il diritto alla privacy degli utenti con il diritto degli utenti a essere informati.

Il Gruppo di lavoro dell’Articolo 29, una parte dell’Autorità per la protezione dei dati personali dell’Unione Europea, ha intanto diffuso le sue linee guida con indicazioni e istruzioni ai motori di ricerca su come implementare il “diritto all’oblio”. Nel lungo documento si spiega che ogni richiesta deve essere valutata con attenzione e che “se l’interesse pubblico è superiore ai diritti del singolo utente, la rimozione dei link non è appropriata”. Ulteriore attenzione deve essere riservata ai personaggi pubblici, come i politici: ciò che riguarda la loro attività pubblica è bene che non sia rimosso dalle pagine dei risultati, mentre ci possono essere eccezioni e valutazioni diverse nel caso in cui sia coinvolto un aspetto della loro vita privata non rilevante con la loro principale attività.

Le linee guida dicono inoltre che non è possibile indicare al fondo delle pagine che “alcuni risultati possono essere stati rimossi nell’ambito della normativa europea sulla protezione dei dati” come fa Google quando si usano parole chiave sulle quali è stata fatta richiesta per il “diritto all’oblio” da qualcuno. Secondo il Gruppo di lavoro, una simile scritta permette di capire per quali link sia stata richiesta la rimozione e per quali no, cosa non prevista dalla sentenza della Corte. Google potrebbe superare il problema inserendo la scritta in calce a tutte le sue pagine dei risultati, cosa che renderebbe più complessa l’identificazione dei link rimossi e la provenienza delle richieste.

Il documento ricorda inoltre che non ci sono basi legali per la pratica di avvisare il proprietario di un sito quando viene rimosso dal motore di ricerca un link verso il suo contenuto, in seguito a una richiesta per il diritto all’oblio. Giustificandolo con la necessità di offrire più trasparenza possibile, Google finora ha sempre inviato notifiche ai proprietari dei siti avvisandoli dell’avvenuta rimozione di un link. Questa soluzione ha però portato molti siti a rendere pubblica l’informazione, dando di conseguenza nuova visibilità a contenuti per i quali era stata richiesta la rimozione dal motore di ricerca. Secondo il Gruppo di lavoro, i proprietari dei siti dovrebbero essere contattati prima della rimozione dei link quando sono necessarie informazioni aggiuntive per decidere se eliminare o meno un contenuto, e non quando ormai il riferimento è stato rimosso dalla pagina dei risultati.

In precedenza il Gruppo di lavoro ha chiesto ai motori di ricerca di fare in modo che il “diritto all’oblio” sia applicato su tutte le loro versioni, comprese quelle “.com”, e non solo su quelle locali come “.it” per l’Italia, “.fr” per la Francia e via discorrendo. Attualmente Google rimuove i link solo dalle pagine dei risultati delle versioni locali del suo motore di ricerca, che sono di gran lunga più utilizzate in Europa rispetto a “Google.com”. In questo modo diventa piuttosto semplice ottenere risultati non filtrati e senza l’applicazione del “diritto all’oblio” per gli utenti europei. Non è ancora chiaro se e quando Google aderirà alla richiesta del Gruppo, anche perché creare eccezioni a seconda del paese di accesso a “Google.com” potrebbe essere tecnicamente complicato.