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  • Lunedì 1 dicembre 2014

La foto dell’abbraccio di Portland

La storia dell'immagine che sta circolando di più dalle proteste americane di questi giorni contro il razzismo e le prepotenze della polizia sui neri

Negli ultimi giorni è circolata tantissimo sui social network e ripresa da giornali e tv americani la foto di un poliziotto bianco che abbraccia un ragazzino nero che piange. La foto è stata scattata martedì 25 novembre a Portland, in Oregon, durante una delle tante manifestazioni di protesta contro la decisione del gran giurì di non incriminare il poliziotto Darren Wilson per l’uccisione del diciottenne nero Michael Brown, avvenuta lo scorso 9 agosto a Ferguson, in Missouri. L’autore della fotografia – pubblicata per primo sul sito del giornale locale The Oregonian – è lo studente e aspirante fotografo professionista Johnny Nguyen. Le persone nella foto sono il poliziotto Bret Barnum e Devonte Hart, un ragazzino di dodici anni che reggeva un cartello con scritto “Free Hugs”, “Abbracci per tutti”. La foto è stata visualizzata oltre un milione di volte soltanto sul sito dell’Oregonian ed è diventata rapidamente un simbolo di speranza e pace dopo gli scontri razziali degli ultimi mesi – anni, decenni – negli Stati Uniti.

(la foto si ingrandisce con un clic)

Bret Barnum, Devonte Hart

Nguyen – che si può seguire su Instagram e Twitter – ha spiegato: «ho notato questo ragazzo con le lacrime agli occhi e ho pensato che il posto dove dovevo stare era vicino a lui, così l’ho seguito tra la folla. Poi è arrivato il poliziotto. Hanno parlato e il poliziotto lo ha abbracciato». La mamma di Hart ha raccontato a sua volta l’episodio su Facebook, dicendo di aver accompagnato il figlio alla manifestazione per «diffondere amore e gentilezza e per ricordare (A TUTTI) che possono fare la differenza in questo mondo».

«Tremava mentre reggeva un cartello con scritto Free Hugs, tutto solo davanti a una barricata della polizia. Mentre le lacrime gli scendevano dagli occhi e gli bagnavano il maglione, li guardava non sapendo come avrebbero reagito. Dopo un po’ un poliziotto gli si è avvicinato e gli ha dato la mano. All’inizio c’era un po’ di disagio… C’erano domande generiche su quale fosse la sua materia preferita e cosa gli piace fare in estate, ma quella che contava è arrivata dritta al cuore. Ha chiesto a Devonte perché stava piangendo. La sua risposta sulle sue preoccupazioni sul livello di brutalità della polizia verso i giovani neri ha avuto una reazione inaspettata e apparentemente autentica (per Devonte) “Sì – sospiro – lo so. Mi dispiace. Mi dispiace”. Poi il poliziotto gli ha chiesto se poteva avere uno di quegli abbracci».

Barnum ha spiegato ad Associated Press che «il coraggio di Hart nel catturare la mia attenzione e avvicinarsi a me è stato impressionante. È una benedizione per me aver incontrato questo ragazzino». Barnum fa parte della polizia di Portland da 21 anni, lavora come vigile urbano e ha due figli adolescenti.

Un’altra foto scattata dal fotografo di Portland Jan Sonnenmair mostra Hart e Barnum da un’altra angolazione, prima dell’abbraccio.

 

Pochi giorni prima dell’episodio il sito Paper Trail aveva raccontato la storia del ragazzino, che è stato adottato quando aveva quattro anni da Jen e Sarah Hart, che sono bianche e hanno altri cinque figli adottivi. Hart era il figlio di una tossicodipendente, a quattro anni aveva già provato a fumare e bere e aveva maneggiato delle armi; aveva subito svariate forme di abusi e gli avevano anche sparato contro. Tra le poche parole che conosceva c’erano “fuck” e “shit” ma non era in grado di nominare cibi comuni, parti del corpo e oggetti quotidiani. Col tempo Hart è cresciuto e cambiato completamente, dimostrandosi particolarmente attento alle sofferenze degli altri, come quando ha passato il suo undicesimo e dodicesimo compleanno a raccogliere soldi per una associazione di beneficenza. «Ricordo il primo giorno in cui Devonte ha portato per la prima volta un cartello con scritto Free Hugs in un parco», ha raccontato la madre Jen. «Eravamo seduti in tenda e stavamo facendo uno spuntino e mi ha detto che avrebbe cambiato il mondo con gli abbracci. Quella volta ti ho sorriso, ma ora ti credo, figlio mio. Ora ti credo».