I conti dei deputati del M5S

La mancata rendicontazione delle spese ha portato all'espulsione di due parlamentari dal Movimento, ma quali effetti reali hanno sui contribuenti restituzioni e rinunce?

Foto LaPresse
19-12-2013 Roma
Cronaca
M5S ottiene dal ministro Saccomanni il numero IBAN per versare i contributi del M5S per le piccole e medie imprese, Mef, Via XX Settembre
Foto LaPresse 19-12-2013 Roma Cronaca M5S ottiene dal ministro Saccomanni il numero IBAN per versare i contributi del M5S per le piccole e medie imprese, Mef, Via XX Settembre

Sul Corriere della Sera di oggi, Sergio Rizzo fa un po’ di conti sui deputati del Movimento 5 Stelle, usando come spunto la recente espulsione dal Movimento di due parlamentari in seguito alla mancata rendicontazione delle loro spese. Dato che la regola sulla restituzione di una parte dei loro stipendi contenuta nel “codice di comportamento” sottoscritto al momento della loro candidatura «è così rigorosa e ferrea», spiega il giornalista «è doveroso verificare quali effetti reali abbia prodotto per i contribuenti». La risposta a quanto pare è: molto pochi.

Ci aiutano i dati ufficiali dell’amministrazione della Camera dei deputati dello scorso anno, i cui conti finali sono chiusi, bollinati e depositati. Da questi si ricava che dal 15 marzo al 31 dicembre 2013 le somme complessivamente spettanti a vario titolo ai 106 (allora) deputati del M5S sono ammontate a 19 milioni 395.218 euro e 26 centesimi. Mentre quelle effettivamente erogate sono state pari a 18 milioni 912.552 euro e 46 centesimi. La differenza è di soli 305.581 euro e 29 centesimi: sono i soldi a cui gli onorevoli grillini hanno volontariamente rinunciato. Va considerato però che alla maggior parte delle competenze, ovvero 14,1 milioni del totale di 19,4, non era possibile per regolamento rinunciare, trattandosi di indennità e diaria, e vedremo poi anche questo capitolo. La somma della quale si poteva invece tecnicamente privare viene così a restringersi a 5 milioni 319.064 euro e spiccioli. E qui il risparmio dovuto alle rinunce volontarie non va oltre il 5,7 per cento del totale.

Se i deputati del Movimento non hanno ritirato ben l’83,5 per cento dell’indennità di ufficio (la somma oltre allo stipendio che tocca a quanti ricoprono altri incarichi, come per esempio presidente di commissione) le rinunce relative alle altre voci sono apparse decisamente più modeste. Lo scorso anno gli onorevoli grillini non hanno ritirato l’8,2 per cento delle spese di viaggio, il 5,6 per cento di quelle telefoniche e appena lo 0,94 per cento della famosa quota di 3.690 euro che spetta a ogni deputato per il cosiddetto «esercizio del mandato»: meglio conosciuta come il contributo per il portaborse. Una micro rinuncia identica tanto per la quota del 50 per cento per cui è stato introdotto dalla Camera l’obbligo di rendicontazione quanto per l’altra metà che viene erogata in modo «forfettario», cioè senza bisogno di produrre ricevute o scontrini. Questo nel 2013.

E per il 2014? Dai dati mensili le rinunce sembrano decisamente in linea con quelle dello scorso anno. Nel mese di novembre appena terminato sono risultate pari a 27.930 euro e 58 centesimi per tutti i deputati del gruppo. Ovvero il 5 per cento delle somme teoricamente «rinunciabili». In media, 268 euro a testa, anche se non tutti hanno poi rinunciato. In 31 non hanno ritirato l’indennità di ufficio: 23.098,98 euro il risparmio. Mentre hanno snobbato il rimborso delle spese telefoniche e delle spese di viaggio soltanto quattro onorevoli su 104: con un sollievo per l’erario rispettivamente di 400 e 4.431,60 euro. Veniamo ora allo stipendio vero e proprio.

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