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  • Mercoledì 26 novembre 2014

Facebook e l’omicidio di Lee Rigby

Una delle due persone che nel 2013 uccisero un soldato per strada a Londra aveva parlato delle sue intenzioni su Facebook, che gli chiuse l'account senza segnalarlo alle autorità

This undated file combination image released by the Metropolitan Police shows Lee Rigby's killers Michael Adebolajo, left, and Michael Adebowale. British lawmakers say two Islamic extremists who murdered a soldier in a London street had been under scrutiny by the intelligence services, and one had expressed his intention of killing a soldier in an online exchange months before the attack. Parliament's Intelligence and Security Committee says that if British spies had known of Michael Adebowale's declaration, "there is a significant possibility" they could have prevented the murder. (AP Photo/Metropolitan Police, File)
This undated file combination image released by the Metropolitan Police shows Lee Rigby's killers Michael Adebolajo, left, and Michael Adebowale. British lawmakers say two Islamic extremists who murdered a soldier in a London street had been under scrutiny by the intelligence services, and one had expressed his intention of killing a soldier in an online exchange months before the attack. Parliament's Intelligence and Security Committee says that if British spies had known of Michael Adebowale's declaration, "there is a significant possibility" they could have prevented the murder. (AP Photo/Metropolitan Police, File)

La commissione per i servizi segreti e la sicurezza del Parlamento del Regno Unito ha diffuso ieri un rapporto sull’operato dei servizi segreti in merito all’omicidio di Lee Rigby, un fuciliere dell’esercito di 25 anni ucciso per strada a Londra a coltellate il 22 maggio 2013 da due terroristi islamici, Michael Adebolajo e Michael Oluwatobi Adebowale. Il rapporto ha stabilito che i servizi segreti hanno compiuto qualche «errore» nel monitorare Adebolajo e Adebowale – già noti ai servizi per alcuni azioni sospette – e ha accusato un social network di aver fatto da «un porto sicuro per i terroristi, permettendogli di comunicare liberamente». Secondo BBC e il Guardian il social network in questione è Facebook, che sarebbe citato in una versione del rapporto consegnata al primo ministro David Cameron, più estesa di quella diffusa alla stampa.

Il rapporto spiega che dopo l’attacco una persona non identificata ha fornito all’agenzia governativa britannica per la sicurezza la trascrizione di una conversazione avvenuta nel dicembre del 2012 – quindi sei mesi prima dell’attacco – su un social network fra Adebowale e un uomo che il rapporto descrive come «un estremista che i servizi segreti ritengono legato all’AQAP», cioè la sezione di al Qaida che opera in Yemen e Arabia Saudita. Durante questa conversazione Adebowale «espresse nella maniera più esplicita ed emotiva il desiderio di uccidere un soldato», mentre il suo interlocutore gli suggerì di usare un coltello come arma.

Facebook non sarebbe stata a conoscenza di questa conversazione prima che divenisse nota alle autorità britanniche: in precedenza, però, alcuni account di Adebowale erano stati chiusi in maniera automatica per via la violazione di alcune policy. BBC, più precisamente, racconta che nei mesi precedenti all’attacco Facebook aveva chiuso sette account aperti da Adebowale, cinque dei quali per aver pubblicato materiali violenti e apologie del terrorismo. Il rapporto ha criticato la decisione di Facebook di non aver revisionato quelle procedure di chiusura – che sono state “automatiche”, senza un intervento umano – e non aver informato le autorità britanniche. Stando al rapporto, se la conversazione di Adebowale «fosse stata conosciuta in tempo, avrebbe potuto permettere ai servizi segreti di prevenire l’attacco». 

In un passaggio successivo del rapporto la commissione ha detto che le agenzie governative sperimentano «difficoltà considerevoli» nell’ottenere i contenuti di alcune conversazioni da società come «Apple, Facebook, Google, Microsoft, Twitter e Yahoo». Racconta BBC che in passato, però, è già accaduto che Facebook abbia collaborato con le autorità britanniche per fornire loro alcuni dati di questo tipo.

Nel corso della giornata Facebook ha diffuso un comunicato in cui spiega:

«Non commentiamo i casi singoli ma la policy di Facebook è chiara: non permettiamo che sul sito ci siano contenuti associati al terrorismo, e abbiamo delle misure per impedire alle persone di usare il nostro servizio per questi scopi»

Il primo ministro britannico David Cameron ha detto: «non possiamo accettare che questo tipo di comunicazioni sia al di là della portata di queste società. Ci aspettiamo che facciano tutto quanto sia in loro potere: hanno una responsabilità sociale di agire in questo modo».  

Oltre alla questione di Facebook, il rapporto ha anche ammesso alcuni errori dei servizi segreti nella gestione del caso. Per esempio è stato sottolineato che quando Adebolajo – un cittadino britannico – fu arrestato in Kenya, nel 2010, mentre stava cercando di unirsi al gruppo terrorista al Shaabab, i servizi segreti britannici hanno tenuto «un atteggiamento passivo» e non hanno cercato di interrogarlo né ottenere ulteriori informazioni sul suo conto. Adebolajo era da tempo tenuto d’occhio dai servizi segreti ma sul suo conto non erano mai stati scoperti progetti di un simile attentato. Adebowale invece, racconta il Guardian, «non fu mai più di un soggetto di minore interesse».

Rigby era fuori servizio quando fu ucciso mentre passeggiava per Woolwich, un quartiere a sudest di Londra. Adebowale e Adebolajo lo aggredirono con alcuni coltelli, infierendo sul suo cadavere anche dopo averlo ucciso, rimanendo nei pressi del corpo ed esortando le altre persone sul posto a riprenderli e scattargli delle foto. Entrambi sono stati arrestati poco dopo. Nel dicembre del 2013 Adebolajo è stato condannato all’ergastolo, mentre Adebowale a 45 anni di carcere.

foto: Michael Adebolajo, a sinistra, e Michael Adebowale (AP Photo/Metropolitan Police, File)