Il video sulle molestie per strada rifatto in Nuova Zelanda

I risultati sono diversi rispetto all'originale girato a New York e quello di Roma: ci sono alcune possibili spiegazioni

Il quotidiano neozelandese New Zealand Herald ha rifatto il video sulle molestie che riceve una donna camminando per le strade di New York, girandolo a Auckland, la più grande città del paese. Il video è simile all’originale, con risultati però piuttosto differenti (un altro esperimento era stato fatto anche a Roma).

Nel video girato in Nuova Zelanda una ragazza di 26 anni, Nicole Simpson, modella e istruttrice di yoga, è stata ripresa di nascosto mentre passeggiava per le strade della città, passando vicino a cantieri, negozi, ristoranti e parchi pubblici. Molti uomini si sono girati a guardarla, ma pochi si sono spinti oltre. La donna è stata fermata in due diverse occasioni: la prima volta un uomo le ha chiesto delle indicazioni, la seconda un altro uomo le ha rivolto la parola chiedendole se fosse italiana, facendole un complimento e chiedendole scusa per aver interrotto la sua passeggiata.

La stessa Simpson ha detto che gli uomini che le si sono avvicinati lo hanno fatto con rispetto e che la situazione in cui si è trovata era ben lontana da quella dell’attrice a New York. Annabel Cooper, docente di studi di genere all’Università di Otago, ha riconosciuto la differenza tra le due situazioni precisando però che in altre zone della città sarebbe stato molto probabilmente diverso e spiegando che il rischio di questo video è far trarre delle conclusioni affrettate e non veritiere riguardo la violenza contro le donne nel paese: «Si dirà ora che non abbiamo problemi con lo stupro e con la violenza di genere. E invece li abbiamo. Anche se pensiamo che ci stiamo muovendo verso un mondo in cui c’è una maggiore uguaglianza di genere, quello che è davvero aumentato nel corso degli ultimi decenni è la valutazione delle donne in primo luogo in base al loro aspetto».

Tra le possibili spiegazioni della diversità tra la situazione di Auckland e quella di New York, Cooper ha comunque detto che in Nuova Zelanda «c’è un’etica pubblica che non tollera forme evidenti» di violenza o molestie. E che questa consapevolezza avrebbe dunque agito sui comportamenti degli uomini.

Anche il giornalista statunitense Derrick Clifton – premettendo che si tratta di due situazioni, di due aree urbane e di due paesi diversi tra loro – si è chiesto perché una donna nella città più grande della Nuova Zelanda potesse camminare per strada in relativa santa pace e invece la maggior parte delle donne nel più grande centro urbano degli Stati Uniti non lo potesse fare (a New York, ma nemmeno a Roma). Una possibile risposta, dice, potrebbe essere nel modo in cui nei due paesi sono recepite le norme sulle molestie e, in particolare, nel modo in cui politici ed esperti considerano le molestie stesse ritenendo (in gran parte) i commenti fatti per la strada dei «complimenti» che non creano un ambiente ostile alle donne. Molti altri commenti ai video spostavano poi il problema sulle donne stesse che ricevono le molestie accusandole di non essere abbastanza forti e di non saper avere delle reazioni adeguate.

Derrick Clifton cita una ricerca sulla legislazione in vari paesi del mondo sulle molestie ricevute per strada e osserva che negli Stati Uniti i comportamenti mostrati dagli uomini nel video girato a New York sarebbero teoricamente sanzionabili per legge, ma anche come in realtà solo un piccolo numero di città abbia strumenti precisi e specifici per punire questo genere di molestie. Per questo, conclude Clifton, sarebbe utile e necessario discutere non tanto di come le donne dovrebbero rispondere alle molestie ma di come creare una cultura diffusa (anche attraverso le leggi) in cui le molestie per la strada «sono semplicemente non tollerate». La giornalista femminista del Guardian Laura Bates aggiunge: «Se una donna che viene molestata per la strada si sente in grado di fermarsi e rispondere o sceglie di continuare a camminare è un fatto del tutto irrilevante: il punto è che nessuno deve essere molesto. Non c’è un unico modo valido per tutte di reagire agli abusi di un misogino, eccetto quello di affrontare gli autori e impedire alle donne di avere a che fare con tutto questo».