Cosa ha deciso il Sinodo dei vescovi

I vescovi della chiesa cattolica hanno approvato decine di mozioni, ma si sono divisi sulla comunione ai divorziati e sul riconoscimento delle coppie gay

Pope Francis opens the morning session of a two-week synod on family issues at the Vatican, Saturday, Oct. 18, 2014. (AP Photo/Andrew Medichini)
Pope Francis opens the morning session of a two-week synod on family issues at the Vatican, Saturday, Oct. 18, 2014. (AP Photo/Andrew Medichini)

Nella sera di sabato 18 ottobre è stata presentata la relazione finale del Sinodo dei vescovi, l’assemblea rappresentativa di cardinali e vescovi della chiesa cattolica riunita per discutere temi relativi a famiglia, sessualità e riconoscimento delle coppie omosessuali. Nella relazione finale sono contenute 62 “mozioni” che sono state votate dai 183 partecipanti: per essere approvata, ciascuna mozione aveva bisogno di ottenere almeno due terzi dei voti. Cinquantanove mozioni sono state approvate, mentre i punti 52, 53 e 55 – relativi alla questione della comunione per i fedeli divorziati e al riconoscimento degli omosessuali – non hanno ottenuto la maggioranza dei due terzi, ma solo quella relativa (il papa ha deciso di rendere noti i voti ottenuti da ciascuna mozione). Di conseguenza, come ha detto il capo della sala stampa del Vaticano Federico Lombardi, le questioni relative restano «aperte». Anche i temi delle relazioni approvate, però, non entreranno direttamente nella dottrina cattolica: la relazione servirà da documento di lavoro per un secondo Sinodo che si terrà nel 2015 sullo stesso tema.

Papa Francesco ha inoltre concluso i lavori del Sinodo con un discorso rivolto ai padri sinodali (di cui si può leggere qui la trascrizione), tenuto appena dopo le votazioni dei 62 punti. Il Sinodo, formalmente, si concluderà oggi: era stato aperto dal Papa il 5 ottobre in seduta “straordinaria” ed era intitolato «Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione» (quello “ordinario” che tratterà lo stesso tema è previsto dal 4 al 25 ottobre 2015).

Cosa c’è nella relazione
Il documento è diviso in tre parti, intitolate L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia, Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia e Il confronto: prospettive pastorali. Nella prima parte, oltre alla critica al cosiddetto “individualismo esasperato” che “snatura i legami familiari”, è contenuta fra le altre una mozione votata praticamente all’unanimità – 179 favorevoli, 3 astenuti e 1 voto contrario – in cui la Chiesa riconosce diversi problemi nella società moderna che influiscono sulla generale crisi delle famiglie: in mezzo – cioè tra cose come «la violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata» – è contenuta anche una notevole difesa dei diritti delle donne.

La dignità della donna ha ancora bisogno di essere difesa e promossa. Oggi infatti, in molti contesti, l’essere donna è oggetto di discriminazione e anche il dono della maternità viene spesso penalizzato piuttosto che essere presentato come valore. Non vanno neppure dimenticati i crescenti fenomeni di violenza di cui le donne sono vittime, talvolta purtroppo anche all’interno delle famiglie e la grave e diffusa mutilazione genitale della donna in alcune culture.

La Chiesa cita come problemi originari della crisi famigliare anche il diffondersi di una «affettività narcisistica, instabile e mutevole» e «una certa diffusione della pornografia e della commercializzazione del corpo, favorita anche da un uso distorto di internet».

Nella seconda parte, la relazione ripercorre gli insegnamenti di Gesù Cristo in materia di famiglia e i precetti consolidati nella dottrina, sottolineando più volte il carattere «indissolubile e fedele per sempre» del matrimonio. Nella terza parte, quella più delicata, sono contenuti i propositi dei padri sinodali in merito ai problemi elencati nella prima parte della relazione. Dopo alcuni punti sulla componente spirituale del matrimonio, i punti 41 e 42 – approvati a fatica, con molti voti contrari – promuovono il riconoscimento degli «elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze», e del fatto che «la semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso)».

Sono stati inoltre approvati i punti 47 e 48, che indicano rispettivamente che «va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza», e che segnalano – ricordando però anche la posizione opposta – che «un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità».

I tre punti
Non sono stati approvati i punti 52, 53 e 55, che hanno ottenuti rispettivamente 74, 64 e 62 voti contrari. Il punto 52 apriva di fatto alla possibilità di accedere alla comunione da parte dei credenti divorziati – sottolineando, anche in questo caso, i pareri contrari – in seguito alla frequentazione di un «cammino penitenziale» (era l’ipotesi suggerita dal cardinale tedesco Walter Kasper). In maniera simile, nel punto 53 si chiedeva un approfondimento sulla pratica per cui ad oggi i fedeli divorziati possono avere accesso unicamente alla comunione “spirituale” – cioè immateriale – e non a quella “sacramentale” rappresentata dall’ostia (per i cattolici la comunione è il sacramento più importante: rappresenta l’unione materiale con il proprio Dio tramite l’ostia).

Il punto 55 invece, all’interno di una dottrina che non prevede il riconoscimento “spirituale” delle coppie omosessuali, suggeriva però che «gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza».

La relazione finale del papa
Papa Francesco ha ringraziato i partecipanti del Sinodo per la «partecipazione attiva e fruttuosa» e si è riferito ai momenti di discussione e dissenso spiegando: «Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni; questo movimento degli spiriti, se tutti fossero stati d’accordo o taciturni in una falsa e quietista pace». Papa Francesco ha inoltre messo in guardia da due “tentazioni” rilevate all’interno della discussione.

– la tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – “tradizionalisti” e anche degli intellettualisti.
– La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”.

foto: AP Photo/Andrew Medichini