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  • Venerdì 10 ottobre 2014

La guerra tra India e Pakistan

Dura da più di mezzo secolo nel Kashmir, non la chiamano così, ma di recente sono stati uccisi altri 20 civili

An Indian police personnel looks on during clashes with Kashmiri residents in Srinagar on October 6, 2014. Eid festivities were muted in Kashmir, devastated last month by heavy monsoon rains and floods which killed more than 450 people in the region and caused billions of dollars in damage to homes, businesses and livelihoods. Most neighbourhoods in Indian Kashmir's main city looked war-ravaged with collapsed houses and mounds of stinking garbage a month after the massive floods. Residents accuse the local government of a tardy response to the floods. Some protesters clashed with police who fired tear smoke canisters in reply. The city centre was sealed off with razor wire coils to minimize protests. AFP PHOTO/Tauseef MUSTAFA (Photo credit should read TAUSEEF MUSTAFA/AFP/Getty Images)
An Indian police personnel looks on during clashes with Kashmiri residents in Srinagar on October 6, 2014. Eid festivities were muted in Kashmir, devastated last month by heavy monsoon rains and floods which killed more than 450 people in the region and caused billions of dollars in damage to homes, businesses and livelihoods. Most neighbourhoods in Indian Kashmir's main city looked war-ravaged with collapsed houses and mounds of stinking garbage a month after the massive floods. Residents accuse the local government of a tardy response to the floods. Some protesters clashed with police who fired tear smoke canisters in reply. The city centre was sealed off with razor wire coils to minimize protests. AFP PHOTO/Tauseef MUSTAFA (Photo credit should read TAUSEEF MUSTAFA/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni gli eserciti di India e Pakistan si sono scontrati di nuovo sul confine conteso del Kashmir, la regione che si trova nel nord del subcontinente indiano rivendicata da decenni da entrambi i paesi e dalla Cina. Si è trattato degli scontri più violenti negli ultimi dieci anni: sono stati uccisi nove civili pakistani e otto civili indiani, e oltre 20mila indiani sono stati costretti a lasciare le loro case. Nonostante la tensione degli ultimi giorni, il governo del Pakistan ha detto che una vera guerra contro l’India per il controllo del Kashmir non è nemmeno presa in considerazione. La situazione tra i due paesi viene seguita con particolare attenzione dalla diplomazia internazionale dal 1998, anno in cui India e Pakistan hanno testato entrambi un’arma nucleare: due anni fa il settimanale britannico Economist aveva definito il confine tra India e Pakistan “il più pericoloso del mondo”.

La questione del Kashmir, dall’inizio
La guerra tra India e Pakistan sul territorio del Kashmir è cominciata 67 anni fa, quando entrambi i paesi divennero stati sovrani indipendenti, anche se su idee profondamente diverse di nazionalismo: il nazionalismo indiano, rappresentato dal Partito del Congresso e dal suo leader Jawaharlal Nehru, si sviluppò sull’idea di paese laico, multiculturale e multireligioso. Lo stato pakistano si sviluppò invece attorno alle idee di Muhammad Ali Jinnah, basate sull’Islam come elemento culturale comune della popolazione. Lo stato del Kashmir fu un’eccezione nel contesto della spartizione su base religiosa, perché nonostante la sua popolazione fosse in maggioranza musulmana, il sovrano hindu – il Maharaja Hari Singh – decise di firmare l’annessione all’Unione Indiana.

Ne seguì la prima guerra per il Kashmir, che si concluse solo nel 1949 con la divisione della regione in due parti: il Jammu Kashmir, assegnato all’India, e lo Azad Kashmir, assegnato al Pakistan. Da allora il Pakistan ha continuato a rivendicare il Kashmir indiano – quello più esteso, con capitale Srinagar – decidendo per politiche sempre più aggressive, tra cui il sostegno di movimenti insurrezionali. Nel 1965 cominciò la cosiddetta “seconda guerra del Kashmir”, che durò per cinque mesi e si concluse con migliaia di persone uccise o catturate, senza però che venisse trovata una soluzione definitiva. Negli anni successivi ci furono altri scontri, ma quasi tutti a bassa intensità: l’ultimo episodio di violenza rilevante è stato nel 1999, quando le truppe pakistane attraversarono la linea di confine e occuparono la zona di Kargil, sotto l’amministrazione indiana, e poi vennero respinte indietro. Nel 2003 i due governi stabilirono una specie di tregua, che in molti considerano durare ancora oggi, nonostante gli scontri a bassa intensità del 2008 e del 2013.

La situazione ora in Kashmir
Da venerdì la situazione in Kashmir si è tranquillizzata, dopo giorni di accuse reciproche che avevano messo in discussione la tregua del 2003. Di recente i rapporti tra i due paesi sembravano essere migliorati: lo scorso maggio il primo ministro indiano Narendra Modi aveva invitato il primo ministro pakistano Nawaz Sharif alla sua cerimonia di insediamento, una cortesia molto insolita tra i capi di governo dei due paesi (il partito di Modi – il BJP, Partito Popolare Indiano di orientamento nazionalista indù e conservatore – ha vinto le ultime elezioni parlamentari in India, arrivando davanti al Partito del Congresso che aveva governato l’India per quasi 50 anni). In generale Sharif sembra avere assunto posizioni più morbide nei confronti dell’India, piuttosto lontane dall’intransigenza dell’esercito, probabilmente l’organo più potente del Pakistan. I rapporti bilaterali si sono però deteriorati di nuovo per gli incidenti degli ultimi giorni.

Secondo alcuni analisti, comunque, gli scontri dell’ultima settimana fanno parte di un’azione rituale che si tiene ogni anno in Kashmir. Ajai Sahni, del think tank indiano Institute of Conflict Management, ha detto che gli indiani vedono gli scontri come un modo usato dal Pakistan per mandare quanti più combattenti infiltrati possibile prima dell’arrivo dell’inverno. L’India ha infatti accusato più volte il Pakistan di violare la tregua spingendo propri combattenti armati in Kashmir, addestrati in campi para-militari creati in territorio pakistano, con lo scopo di destabilizzare il Kashmir indiano. Secondo Sahni, l’ultima operazione dell’esercito del Pakistan non ha niente a che fare con le accuse indiane: si tratterebbe invece di un’azione intrapresa dall’esercito per rafforzare il proprio prestigio all’interno del paese, dopo che i militari avevano avviato una campagna per indebolire alcuni gruppi di miliziani islamici nell’ovest.

Il governo di Sharif sta subendo da anni molte pressioni dagli Stati Uniti per colpire e smobilitare i gruppi islamisti nel paese, alcuni dei quali estremisti e direttamente legati ad al Qaida. Considerata l’ostilità generale della popolazione pakistana sia verso gli americani che verso gli indiani, Sahni ha detto: «I problemi sono da un’altra parte ma i militari non vogliono essere accusati di essere delle marionette degli Stati Uniti, e così fanno operazioni contro il “grande e cattivo nemico” indiano».