• Mondo
  • Mercoledì 8 ottobre 2014

La battaglia di Kobane

La coalizione internazionale ha bombardato, l'IS ha rallentato la sua avanzata, e in Turchia la polizia ha represso le proteste dei curdi, provocando 14 morti

SANLIURFA, TURKEY - OCTOBER 7: Newly arrived Syrian Kurdish refugees wait with their belongings after crossing into Turkey from the Syrian border town Kobani on October 7, 2014 near the southeastern town of Suruc in Sanliurfa province, Turkey. Islamic State fighters have advanced into the Syrian Kurdish town of Kobani overnight, a monitoring group said on Tuesday. Militants are reportedly using several buildings to attack from two sides of the city. (Photo by Stringer/Getty Images)
SANLIURFA, TURKEY - OCTOBER 7: Newly arrived Syrian Kurdish refugees wait with their belongings after crossing into Turkey from the Syrian border town Kobani on October 7, 2014 near the southeastern town of Suruc in Sanliurfa province, Turkey. Islamic State fighters have advanced into the Syrian Kurdish town of Kobani overnight, a monitoring group said on Tuesday. Militants are reportedly using several buildings to attack from two sides of the city. (Photo by Stringer/Getty Images)

Ieri, martedì 7 ottobre, in diverse città della Turchia ci sono state manifestazioni di protesta delle comunità curde del paese contro l’assedio dei miliziani dello Stato Islamico (IS) a Kobane (Ayn al-Arab), città che si trova nel nord della Siria a pochi chilometri di distanza dal confine con la Turchia. A Istan­bul, Ankara, e in altre città del sud, la poli­zia in alcuni casi negato l’autorizzazione alle manifesta­zioni o le ha disperse con la violenza usando lacri­mo­geni, can­noni ad acqua e pro­iet­tili: sono morti almeno 14 manifestanti, 98 sono rimasti feriti e in cinque diverse province è stato imposto il coprifuoco.

Il governo della Turchia ha annunciato in più occasioni di volere fermare l’IS “a ogni costo”, ma per ora non ha fatto molto per contrastare l’avanzata dei miliziani con il proprio esercito. Nelle scorse settimane aveva posto una serie di condizioni alla coalizione internazionale per la sua partecipazione diretta, compresa la costituzione di una “no-fly zone” in Siria e l’avvio di una serie di programmi di addestramento per i gruppi di ribelli siriani che si oppongono al regime di Bashar al Assad. Le richieste non sono state ancora accolte e per questo il governo turco non ha deciso i termini di un intervento militare, pur parlando della necessità di un intervento via terra contro l’IS. Parte della riluttanza è anche dovuta ai rapporti storicamente molto complicati con i curdi, in conflitto con il governo turco per le loro richieste indipendentiste.

L’assedio di Kobane dura da tempo, ma gli ultimi sviluppi hanno riportato l’attenzione dei media internazionali sulle battaglie che si stanno combattendo nella zona, e che in caso di vittoria permetterebbero all’IS di controllare un’ampia porzione di territorio a ridosso del confine turco. Nella notte tra martedì 7 (quando sembrava ormai vicina la caduta della città) e mercoledì 8 i miliziani dell’IS si sono però ritirati da diverse posizioni occupate negli ultimi giorni. Secondo Rami Abdel Rahman, a capo dell’Osservatorio siriano dei diritti umani «i combattenti sono stati costretti a ritirarsi da alcune zone del lato est di Kobane e dalla periferia sud-ovest» (i fronti aperti in città sono tre: a ovest, a sud e a est). A questo ha contribuito una serie di bombardamenti aerei nella zona effettuati dalla coalizione internazionale.

 

Si stima che nelle ultime tre settimane a Kobane e dintorni siano morte almeno 400 persone a causa dei combattimenti. Oltre 160mila persone hanno lasciato la regione, cercando in maggior parte asilo in Turchia. Una missione umanitaria, tra grandi difficoltà, è ancora in corso per mettere in salvo le ultime migliaia di persone che sono rimaste a Kobane.