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  • Venerdì 26 settembre 2014

Due trentenni e la ricerca di un mutuo

Due giornalisti di Repubblica si sono finti una giovane coppia – laureati, con un lavoro – in cerca di un mutuo per comprare una casa: e non è andata per niente bene

Repubblica ha pubblicato un’inchiesta dei due giornalisti Tiziana De Giorgio e Matteo Pucciarelli sulle difficoltà per una giovane coppia italiana di ottenere un mutuo per l’acquisto di una casa. De Giorgio e Pucciarelli si sono finti una coppia di lavoratori laureati – un contratto a tempo indeterminato a 1.500 euro netti al mese lui, un contratto a progetto a 1.200 euro al mese lei – e hanno provato a ottenere un mutuo in più di dieci banche diverse. Le difficoltà che hanno incontrato sono state enormi: la maggior parte delle banche, per esempio, non ha riconosciuto lo stipendio di lei – stabilito da un contratto di collaborazione rinnovabile ogni anno, e rinnovato per tre anni consecutivi – perché “il contratto co.co.pro è come se non esistesse”. E quando alla fine è sembrato che si fosse trovata una soluzione con un tasso agevolato all’1,5 per cento, è venuto fuori l’ultimo paradosso: per raggiungere l’unico mutuo possibile, De Giorgio e Pucciarelli avevano troppi soldi.

«Buongiorno, siamo una coppia di trentenni e vogliamo comprar casa, la nostra prima casa». Comincia così il nostro calvario che quasi ti passa la voglia, tre giorni di pellegrinaggio in dodici istituti di credito: grandi banche nazionali e internazionali, Casse di risparmio e banche popolari. Una simulazione per capire se l’accesso al credito è un’opportunità reale o un miraggio. Presentiamo queste credenziali, che tutto sommato non sono neanche male per due giovani diventati adulti all’epoca della grande crisi economica: un contratto a tempo indeterminato da 1.500 euro netti al mese per lui, un contratto a progetto da 1.200 euro al mese per lei, rinnovato da tre anni di anno in anno. Entrambi laureati, entrambi senza altri prestiti sulle spalle. La casa costerebbe 200mila euro, un bilocale in un quartiere della semi-periferia milanese. Siamo riusciti a racimolare 50mila euro, sommando i nostri risparmi all’aiuto di genitori e parenti. Insomma, ce ne servono 150mila per raggiungere l’obiettivo. Girando su Internet ci siamo accorti che scegliendo un tasso variabile e dandoci un orizzonte di vent’anni, la rata verrebbe a costare intorno agli 800 euro al mese: meno dell’affitto che paghiamo oggi.
«Per capirci dall’inizio, siete tutti e due assunti, giusto?».

È la prima domanda, secca. Ovunque. Perché il vero problema è chiaro subito: «Servono due contratti “veri”». E noi (appunto) ne abbiamo solo uno. «Purtroppo per noi il co.co.pro è come se non esistesse». Tradotto, tutti i preventivi prendono in considerazione un unico nominativo e una sola cifra: il beneficiario dei 1.500 euro, quelli sicuri. Anzi, «facciamo 1.600 euro al mese, visto che avrai anche la tredicesima». Regola vuole che la rata non superi il 30-35 per cento delle entrate, ma per le banche la somma reale dei nostri stipendi (2.700 euro) non vale. La “flessibilità”, almeno in banca, è un concetto sconosciuto. E allora come si fa? Il coniglio che esce magicamente dal cilindro si chiama “garante”. Un parente, un amico (ricco) magari: qualcuno che appunto garantisca la solvibilità del prestito se le cose dovessero malauguratamente andar male. Nel mondo reale: un genitore. Fosse facile: il garante (oltre naturalmente a poter esibire un contratto vero o una pensione di consistente entità) non dovrà aver compiuto gli 80 anni al termine del mutuo. Ci guardiamo e il calcolo aritmetico viene facile: quanti anni avevano i tuoi quando sei nato? Se più di trenta, siamo fregati. Se invece chiediamo un mutuo trentennale, tocca sperare in una mamma adolescente.

Fuori dalla Deutsche Bank c’è la pubblicità di una coppia felice che si abbraccia, accanto un gigantesco 2,1 per cento. Un tasso da sogno; ogni vetrina di ogni istituto ha il suo da esibire, ma più o meno siamo su quella cifra. Entriamo. Il giovane impiegato sorride: «Vabbé, è per attirare i clienti ». Infatti, oltre a non essere un tasso “chiavi in mano” di solito è destinato a chi chiede o un mutuo decennale o a chi serve meno della metà del valore dell’immobile. Eccolo il paradosso: chi ha la fortuna di avere alle spalle un discreto capitale da investire si ritroverà tra le mani un tasso più vantaggioso. In ogni caso, il conteggio dice che, senza un garante, un prestito di vent’anni ce lo possiamo scordare. «Però domani vi faccio chiamare da una collega — dice dispiaciuto — lei magari conosce qualche trucco per darvi una mano».

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