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  • Martedì 23 settembre 2014

Il ministro spagnolo della Giustizia si è dimesso

Subito dopo che il primo ministro conservatore Mariano Rajoy ha detto che avrebbe ritirato la proposta di legge (molto contestata e molto restrittiva) sull'aborto

A woman holds a banner reading ''I decide'' during a demonstration in central Rome against a reform of the Spain's abortion law proposed by the conservative government on February 1 , 2014. They support thousands of pro-choice campaigners who converged on the Spanish capital today to voice their opposition to a government plan to restrict access to abortion in the mainly Catholic country.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI (Photo credit should read TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)
A woman holds a banner reading ''I decide'' during a demonstration in central Rome against a reform of the Spain's abortion law proposed by the conservative government on February 1 , 2014. They support thousands of pro-choice campaigners who converged on the Spanish capital today to voice their opposition to a government plan to restrict access to abortion in the mainly Catholic country. AFP PHOTO / TIZIANA FABI (Photo credit should read TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)

Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha annunciato ieri, martedì 23 settembre, che il progetto di legge per riformare (in senso restrittivo) le norme in materia di aborto sarà ritirato perché non c’è «sufficiente consenso». Dopo qualche ora, il ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardon, esponente del Partito Popolare e promotore della proposta, si è dimesso: «Ho deciso non solo di lasciare il ministero della Giustizia, ma di lasciare la politica», ha detto Ruiz-Gallardon durante una conferenza stampa, ammettendo anche di non «essere stato in grado» di portare in Parlamento il testo.
 Sarà sostituito da Rafael Catalá Polo, Segretario di Stato per la Pianificazione e le Infrastrutture del Ministero dello Sviluppo (sempre del PP).

La proposta di legge di «protezione del concepito e dei diritti delle donne in gravidanza» era stata approvata lo scorso dicembre ed era stata inserita nel programma di governo dei Popolari. Se approvata dal parlamento avrebbe reso l’aborto non più un diritto, ma un reato depenalizzato in due circostanze (avrebbe insomma reso illegale l’interruzione volontaria di gravidanza tranne che in due casi particolari): l’aborto sarebbe stato concesso fino alla quattordicesima settimana in caso di stupro e fino alla ventiduesima in caso di gravi rischi per la salute fisica o psichica della donna (da stabilire attraverso una complicata procedura). Avrebbe eliminato le condizioni di salute del feto tra le motivazioni per ricorrere all’interruzione e reintrodotto la necessità per le 16enni e le 17enni di richiedere il permesso dei genitori. Ricalcava in sostanza la legge sull’aborto approvata nel 1985 e in vigore fino al 2010, quando era stata modificata dal governo socialista di Zapatero tra le proteste del PP e della Chiesa cattolica.

Rajoy ha fatto sapere che la riforma si ridurrà ad una modifica minore di quella prevista: e cioè all’introduzione dell’obbligo del consenso dei genitori per le donne incinte di 16 e 17 anni. «Come presidente del Governo – ha spiegato il primo ministro – credo di aver preso la decisione più sensata. Continueremo a lavorare per la coesione. Quel che non possiamo fare è una legge che, quando il prossimo governo si insedierà, venga abrogata». Il testo della legge era stato criticato da molte associazioni a favore della libertà delle donne e dai movimenti femministi che avevano organizzato diverse manifestato sia in Spagna che in altri paesi dell’Europa (su Twitter erano stati lanciati gli hashtag #MiBomboEsMio e #YoDecido, “la mia pancia è mia” “decido io”) ma aveva trovato delle resistenze anche nelle opposizioni guidate dal Partito socialista, all’interno dello stesso Partito Popolare e tra gli elettori di centro: secondo i sondaggi, era insomma una riforma molto impopolare e diversi esponenti conservatori temevano che innanzitutto avrebbe fatto calare i consensi del PP in vista delle elezioni che si svolgeranno nel 2015. Il quotidiano spagnolo El País dice chiaramente che il ritiro della proposta è una strategia elettorale di Rajoy che ha preferito «sacrificare lungo la strada il ministro con il maggior peso politico del governo».