Dove atterriamo sulla cometa

L'Agenzia Spaziale Europea ha scelto dove far atterrare il lander della sonda spaziale Rosetta, a 440 milioni di chilometri da noi: un'operazione senza precedenti

di Emanuele Menietti – @emenietti

Dopo settimane di calcoli e analisi, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha deciso il punto della cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko (67P/C-G) su cui sarà fatto atterrare Philae, il lander trasportato dalla sonda spaziale Rosetta, partita nel 2004 per inseguire 67P/C-G e studiarla da vicino, orbitandole intorno. Il punto scelto è stato identificato con la lettera J ed era uno di quelli presi in esame a partire da agosto, quando la sonda ha iniziato a inviare immagini ad alta definizione della cometa, dopo averne agganciato l’orbita: il primo oggetto costruito dell’uomo a fare qualcosa di simile nella storia.

La missione di Rosetta
La cometa 67P/C-G fu scoperta alla fine degli anni Sessanta e, dopo qualche complicazione, fu scelta nei primi anni Duemila come obiettivo della missione spaziale dell’ESA. Il nome Rosetta richiama quello della stele di Rosetta, la lastra di pietra che permise di decifrare i geroglifici usati come sistema di scrittura dagli antichi egizi. L’ESA ha deciso di chiamarla così perché spera che possa essere una stele dei nostri tempi, utile per comprendere i meccanismi che portano alla formazione dei pianeti e che permisero la formazione del sistema solare per come lo conosciamo oggi. Il lander Philae, cioè il robot che entrerà in diretto contatto con la superficie della cometa, è stato chiamato così per ricordare l’omonima isola, File, dove fu trovato un obelisco le cui iscrizioni furono utilizzate per decifrare le scritte della stele di Rosetta.

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Molti strumenti a bordo sono stati progettati e realizzati in Italia, con il coordinamento dell’Agenzia Spaziale Italiana. Tra questi ci sono: VIRTIS, per studiare le caratteristiche del nucleo della cometa; GIADA, per lo studio delle polveri della chioma; OSIRIS/WAC per mappare la cometa. Altri due strumenti sono a bordo di Philae e servono per alimentare il lander e per la raccolta di campioni sulla superficie.

La sonda con a bordo il lander ha viaggiato per 6,4 miliardi di chilometri seguendo un percorso molto tortuoso che le ha però permesso di sfruttare la spinta data dalle orbite di alcuni pianeti per i suoi spostamenti, risparmiando carburante. Nel 2011, quando si trovava a circa 800 milioni di chilometri di distanza dal Sole e alle spalle dell’orbita di Giove, fu quasi completamente disattivata perché troppo distante dalla nostra stella per ricevere energia. Rosetta si è risvegliata automaticamente alla fine dello scorso gennaio facendosi sentire con un messaggio radio verso la Terra, con grande sollievo dei ricercatori ESA che non ne avevano più notizie da quasi tre anni. Ora si trova a circa 440 milioni di chilometri da noi.

Punto J
67P/C-G, che nel punto di massima larghezza supera di poco i 4 chilometri, non ha una forma molto regolare: il punto J si trova nella “testa”, la protuberanza più pronunciata della cometa. Era stato identificato insieme a un’altra decina di possibili aree idonee all’atterraggio di Philae e via via scartate dai ricercatori. J non è naturalmente un punto unico preciso, piuttosto un’area di circa un chilometro quadrato di estensione. È un’area relativamente pianeggiante con parti scoscese che non superano i 30 gradi di inclinazione e pochi frammenti di ghiaccio e roccia che potrebbero complicare le cose per Philae. La zona riceve inoltre luce solare sufficiente per ricaricare le batterie del lander. Oltre al punto J è stata identificata una seconda area, C, che sarà utilizzata nel caso in cui si verifichino complicazioni o imprevisti nelle prossime settimane.

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Discesa
Philae pesa circa 10 chilogrammi e scenderà su 67P/C-G entro il prossimo 11 novembre. La data non è ancora definitiva perché molto dipenderà da cosa decideranno i ricercatori dell’ESA. Un piano preciso sarà elaborato entro ottobre e bisogna fare in fretta: dalla seconda metà di novembre la cometa inizierà a essere più vicina al Sole, il cui calore renderà più instabile la cometa e di conseguenza più pericolosa la permanenza di Philae.

Il lander raggiungerà 67P/C-G seguendo un programma predeterminato, che sarà inviato dalla Terra a Rosetta, che a sua volta lo caricherà su Philae. Durante la discesa, che dovrebbe durare intorno alle 7 ore, Philae scatterà fotografie della cometa ed effettuerà rilevazioni sull’ambiente circostante. Dopo avere toccato la superficie, utilizzerà una serie di arpioni per ancorarsi ed evitare di essere sbalzato lontano dalla cometa in seguito all’urto. Tra i primi compiti di Philae ci sarà scattare una serie di foto panoramiche del suo luogo di atterraggio, in modo da permettere ai ricercatori sulla Terra di capire il punto esatto e la posizione in cui è atterrato. L’operazione è praticamente senza precedenti ed è un importante passo avanti rispetto a quanto compiuto nel 2005, quando una parte della sonda spaziale Deep Impact della NASA fu fatta scontrare contro la cometa Tempel 1, facendo emergere frammenti del suo nucleo.

Analisi e trivellazioni
Quando Philae sarà ancorato in modo sicuro a 67P/C-G, avvierà una serie di analisi utilizzando i suoi strumenti. Studierà le caratteristiche del microambiente della cometa, la densità delle sue parti più interne ed effettuerà alcune trivellazioni con un piccolo trapano. I frammenti di materiale ottenuti saranno poi analizzati da un laboratorio automatico a bordo del lander, in modo da scoprire la composizione chimica della cometa.

Comete
Le comete sono di solito piccole, simili agli asteroidi, ma formate quasi completamente da ghiaccio. Le teorie più accreditate le descrivono come residui rimasti dopo la condensazione della grande nebulosa da cui ha avuto origine il nostro sistema solare (le nebulose sono ammassi di polvere, idrogeno e plasma che possono portare alla formazione di stelle e pianeti). Semplificando, le aree periferiche della nebulosa erano fredde a sufficienza da permettere all’acqua di trovarsi allo stato solido (ghiaccio), cosa che portò alla formazione delle comete.

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Ogni cometa segue un’orbita intorno al Sole e, quando vi si avvicina, il grande calore fa sublimare gli strati di ghiaccio più esterni (passano cioè dallo stato solido a quello gassoso senza passare per quello liquido). La nuvola di vapore che si forma intorno al nucleo delle comete è la “chioma”. Il vento solare e la pressione della radiazione del Sole spingono parte della nuvola di vapore portando alla formazione della “coda”, che punta in direzione opposta a quella della stella. È in questa fase che una cometa può diventare visibile dalla Terra: anche a occhio nudo, se ha dimensioni considerevoli, come avvenne nel 1997 con Hale-Bopp.

Dopo l’atterraggio
Quando Philae avrà completato il suo compito, Rosetta continuerà a seguire ancora a lungo la cometa, fino al momento in cui si avvicinerà al Sole. In questo modo sarà possibile registrare i cambiamenti sulla superficie ghiacciata di 67P/C-G all’aumentare della temperatura. Tra un anno, 67P/C-G si troverà a 185 milioni di chilometri di distanza dal Sole e inizierà ad allontanarsi. Se tutto andrà bene Rosetta sarà ancora nei suoi paraggi, per capire che cosa succede a una cometa quando torna al fresco. Anche per questo motivo, la missione Rosetta è uno dei progetti più ambiziosi che abbia mai realizzato l’ESA e potrà offrire grandi opportunità per imparare molte cose sulle comete, che secondo alcune teorie ebbero un ruolo nel portare gli “ingredienti” che sulla Terra formarono la vita, miliardi di anni fa.