Come nacque l’inno americano, 200 anni fa

Ha a che fare con una vecchia bandiera ridotta piuttosto male, una guerra più o meno dimenticata e Napoleone Bonaparte

Il 13 settembre del 1814, esattamente 200 anni fa, il poeta e avvocato americano Francis Scott Key si trovava a bordo di una nave della marina militare inglese per negoziare uno scambio di prigionieri: da poco più di un paio d’anni Regno Unito e Stati Uniti si trovavano in guerra. La nave su cui si trovava Key faceva parte di una piccola flotta con cui gli inglesi avevano intenzione di occupare il porto di Baltimora, negli Stati Uniti. Per tutto il giorno e per gran parte della notte, Key osservò il bombardamento con cui le navi inglesi cercarono di costringere alla resa Fort McHenry, una delle fortezze che proteggevano l’ingresso al porto della città. Key rimase sveglio tutta la notte tra i lampi dei cannoni, lo schianto dei proiettili contro la fortezza e le scie infuocate dei razzi Congreve lanciati dalle navi inglesi contro la fortezza.

Nonostante il violento bombardamento, quando sorse l’alba sulle mura di Fort McHenry sventolava ancora la bandiera americana: un chiaro segno che i difensori non aveva intenzione di arrendersi. Gli inglesi si ritirarono e Key scrisse di getto un breve poemetto patriottico su quella bandiera che aveva visto sventolare. Lo fece mettere in musica dal fratello e la canzone che ne uscì divenne presto una delle più amate canzoni patriottiche del paese. Più di cento anni dopo quella canzone, “Star-spangled Banner”, (“La bandiera adorna di stelle”) è diventata l’inno ufficiale degli Stati Uniti d’America, mentre la protagonista della canzone, la bandiera che sventolava la mattina del 14 settembre dagli spalti di Fort McHenry (o quello che ne rimane), è ancora custodita in un museo di Washington.

Una questione napoleonica
Nessuno avrebbe potuto scrivere una canzone su una bandiera americana bombardata senza Napoleone Bonaparte. Nel 1812 Francia e Regno Unito erano in guerra più o meno ininterrottamente da una ventina d’anni, ma gli scontri tra i due paesi languivano. Napoleone aveva un grosso problema: mentre era stato piuttosto facile sconfiggere i suoi nemici nel continente europeo, il Regno Unito continuava a resistere, principalmente grazie al fatto che il canale della Manica lo separava dagli eserciti francesi. Per cercare di piegare la resistenza di quella che chiamava la “Perfida Albione”, cioè il Regno Unito, Napoleone impose il “blocco continentale”, cioè un embargo nei confronti delle merci inglesi da parte di tutti i paesi europei che controllava più o meno direttamente.

Fu una misura sostanzialmente inefficace che molti storici indicano come l’inizio della decadenza di Napoleone. Nondimeno, il governo inglese fu molto spaventato dalla misura e decise in risposta di effettuare un blocco navale nei confronti di tutte le merci dirette ai paesi che aderivano al blocco. Questo significava che le navi militari inglesi fermavano e sequestravano tutte le navi mercantili, anche quelle dei paesi neutrali, che trovavano in rotta per l’Europa. Molte di queste navi erano proprio americane. Il governo degli Stati Uniti protestò per quella che considerava una violazione delle leggi internazionali, ma il governo inglese continuò con le sue operazioni di blocco.

C’era anche un altro aspetto: una grande difficoltà nel reclutare marinai esperti per armare le grandi flotte dell’epoca. La marina inglese, in particolare, utilizzava un metodo piuttosto brutale per riempire i vuoti nell’organico. In tutti i porti del paese giravano delle bande di uomini armati e stipendiati dalla marina, le cosiddette “press gang“, che avevano il compito di reclutare marinai con le buone o con le cattive maniere. A volte facevano ubriacare i marinai della marina mercantile e mentre erano incoscienti gli facevano firmare un documento di arruolamento. Alla mattina, quando si svegliavano, si ritrovavano improvvisamente a bordo di una nave da guerra, sottoposti alla disciplina militare. Altre volte, i marinai venivano semplicemente picchiati fino a quando non accettavano l’arruolamento. Questa tecnica veniva utilizzata anche nei confronti delle navi mercantili americane fermate durante le operazioni di blocco. Di solito un ufficiale inglese saliva a bordo e “riconosceva” tra i marinai della nave alcuni cittadini inglesi o dei disertori della marina (che lo fossero davvero o meno non aveva molta importanza). Una volta “riconosciuti”, i marinai venivano arruolati a forza e caricati sulle navi inglesi.

Gli Stati Uniti protestarono per anni contro questa situazione e alla fine si decisero a dichiarare guerra al Regno Unito, la prima che dichiaravano da nazione indipendente. Gli scontri durarono due anni e mezzo e furono tutti piuttosto inconcludenti. La marina inglese si scontrò con quella americana, mentre gli eserciti degli Stati Uniti cercarono di invadere il Canada e quelli del Regno Unito compirono una serie di incursioni nel territorio americano. In una di queste incursioni, gli inglesi occuparono Washington e incendiarono la Casa Bianca. Verso la fine della guerra gli inglesi tentarono un’altra di queste operazioni: la conquista del porto di Baltimora, l’operazione a cui assistette Key. Non fu una grande battaglia: gli inglesi avevano ordini precisi di non cercare di occupare il forte con un assalto che sarebbe stato troppo sanguinoso. Quando dopo una notte di bombardamenti si resero conto che la guarnigione non aveva intenzione di arrendersi, rinunciarono alle operazioni.

La bandiera adorna di stelle
Nell’epica americana il protagonista dello scontro fu la bandiera che per tutta la notte tra il 13 e il 14 settembre continuò a sventolare sotto le bombe e i razzi della flotta inglese (abbassare la bandiera era considerata un segno di resa, mentre riuscire ad abbatterla con un colpo preciso era considerato un segno di sfortuna per i difensori). La prima strofa del poema di Key descrive proprio la bandiera “adorna di stelle” (“star-spangled”) che sventola ancora la mattina del 14 settembre.

Oh, say can you see, by the dawn’s early light,
What so proudly we hailed at the twilight’s last gleaming?
Whose broad stripes and bright stars, through the perilous fight,
O’er the ramparts we watched, were so gallantly streaming?
And the rockets’ red glare, the bombs bursting in air,
Gave proof through the night that our flag was still there.
O say, does that star-spangled banner yet wave
O’er the land of the free and the home of the brave?

Di’, puoi vedere alle prime luci dell’alba
ciò che abbiamo salutato fieri all’ultimo raggio del crepuscolo?
Le cui larghe strisce e brillanti stelle, nella battaglia pericolosa,
sui bastioni che sorvegliavamo, sventolavano valorosamente?
E il bagliore rosso dei razzi e le bombe che esplodevano in aria
hanno dato prova, nella notte, che il nostro stendardo era ancora là.
Di’ dunque, sventola ancora la nostra bandiera adorna di stelle
sulla terra dei liberi e la patria dei coraggiosi?

In realtà, la mattina del 14 settembre la bandiera che per tutta la notte aveva sventolato sotto le cannonate era ridotta in pezzi (già prima del bombardamento era messa piuttosto male). In una pausa dei bombardamenti venne innalzata una nuova e gigantesca bandiera. Era alta nove metri e lunga dodici. Aveva 15 stelle che rappresentavano i quindici stati americani e quindici strisce che rappresentavano le tredici colonie originali più i due stati che si erano aggiunti nel frattempo, Vermont e Kentucky (la moderna bandiera americana ha tredici strisce per le tredici colonie originali e cinquanta stelle per i cinquanta stati).

Il Guardian ha raccontato la storia di questa seconda bandiera che è tuttora esposta allo Smithsonian Museum di Washington. Nonostante non abbia visto il peggio della battaglia (anche se alcuni tiratori scelti inglesi gli spararono contro nella mattina del 14 settembre), è ridotta piuttosto male. Per anni la bandiera venne custodita dalla famiglia del comandante di Fort McHenry. Ritagli della bandiera, compresa un’intera stella, vennero venduti o regalati come cimeli patriottici, mentre il tempo, l’incuria e gli insetti fecero il resto. Nonostante i restauri compiuti e i 17 pezzi riacquistati dallo Smithsonian, tuttora una buona parte della bandiera è sparita e probabilmente non sarà mai ritrovata.

Il poemetto di Key ebbe una fortuna maggiore. Il testo venne affidato pochi giorni dopo al fratellastro di Key che lo musicò sulla melodia di una canzoncina dell’epoca e già il 20 settembre i giornali di Baltimora stamparono la prima versione della canzone. Nonostante la guerra del 1812 si concluse con una sorta di sostanziale pareggio tra Stati Uniti e Regno Unito, il conflitto fu il primo ad essere combattuto dagli Stati Uniti come nazione indipendente e per questo rimase a lungo impresso nella memoria del paese. L’episodio di Fort McHenry, per quanto non fosse stato uno scontro particolarmente duro o cruento, divenne uno dei miti fondativi americani e la canzone che lo celebrava fu adottata dalla marina americana e poi dalla Casa Bianca come musica ufficiale per l’alzabandiera. Infine, nel 1931 un atto del presidente Herbert Hoover proclamò Star-Spangled Banner inno ufficiale degli Stati Uniti d’America.