I sessant’anni di Elvis Costello

Otto gran belle canzoni per festeggiare uno che è "un'enciclopedia del pop"

Singer Elvis Costello performs at "A Celebration of Paul Newman's Dream" to benefit "SeriousFun" an association of Hole in the Wall Camps at Avery Fisher Hall on Monday, April 2, 2012 in New York. (AP Photo/Evan Agostini)
Singer Elvis Costello performs at "A Celebration of Paul Newman's Dream" to benefit "SeriousFun" an association of Hole in the Wall Camps at Avery Fisher Hall on Monday, April 2, 2012 in New York. (AP Photo/Evan Agostini)

Lunedì 25 agosto compie 60 anni Elvis Costello, cantautore inglese stimato e ammirato che ha infilato grandi cose nella storia della musica britannica dalla fine degli anni Settanta, con sapienze musicali che lo hanno portato in generi e collaborazioni molto eclettici tra il rock, il pop e il jazz, e qualche momento di vero successo internazionale. Questa è una scelta di sue canzoni fatta da Luca Sofri, peraltro direttore del Post, nel libro Playlist, la musica è cambiata.

Elvis Costello
(1954, Liverpool, Inghilterra)
Non è il suo vero nome, ma questo non meravigli: quello vero è Declan Patrick MacManus. Londinese trapiantato a Liverpool da ragazzo, oggi sulla cinquantina, ormai ha fatto di tutto, e qualcuno lo ha definito “un’enciclopedia del pop”. Quasi-punk, ska, new wave, rock, pop, jazz, standards e composizione classica e operistica. È uno dei musicisti più stimati ed eleganti in circolazione, e ha reso icona la sua voce nasale. Ma malgrado i suoi fans sappiano citare decine di suoi capolavori pop, nessuna sua canzone è mai diventata un successo di quelli che conoscono tutti.

Alison
(My aim is true, 1977)
La più perfetta delle canzoni perfette di Costello stava già nel suo primo disco. Ma in quegli anni il suo mood era piuttosto arrabbiato e il testo è assai più torbido di quanto la dolcezza della ballata suggerisca. La stessa frase “my aim is true” è stata letta da molti come un doppio senso: può voler dire “lo faccio a fin di bene”, come “ho una buona mira”, ed è riferita alla ragazza che ha storie con molti, ma non con lui. La band che suonò con Costello in questo disco sarebbe poi diventata Huey Lewis & the News, anche se Lewis in persona non partecipò: allora suonava solo l’armonica e non ce ne fu bisogno.

Every day I write the book
(Punch the clock, 1983)
Uno dei rari singoli di Elvis Costello di qualche successo fuori dal Regno Unito, piacevole poppetto con un suono soul. Ha una cosa in comune con “Geno” dei Dexys Midnight Runners, rintracciabile solo dai lettori più attenti.

I wanna be loved
(Goodbye cruel world, 1984)
Una vecchia e dimenticata canzone rhythm and blues, confezionata a puntino per un disco di arrangiamenti e produzione assai più curati del solito standard sanguigno. È fantastico il bridge strumentale con quella tastiera che pare un film francese degli anni Settanta. Bella, bella.

I want you
(Blood and chocolate, 1986)
Ci volle del fegato per uscire con un singolo così, essendo ritenuto uno dei più efficaci scrittori di canzonette del mondo. Non che non sia bellissima, ma non fu facile ottenere qualche passaggio radiofonico per un lamento disperato di sei minuti e quaranta, privo di strofe e ritornelli. Lui la vuole, appunto: lei, si intuisce di no. Lui quindi la odia. E glielo dice, trascinando la voce in un quasi rantolo. Ma si sente che non basta a farlo star meglio. Roba da far suicidare i fidanzatini di Peynet. Bellissima.

Veronica
(Spike, 1989)
Veronica è un’anziana signora ricoverata in un ospizio che pensa al suo passato, o a quel che riesce a ricordarsene. Dolcissima associazione tra la malinconia del racconto e l’allegria della melodia. Costello la inventò dopo una visita a sua nonna, colpito dall’alternarsi di grande lucidità e totale assenza. La scrisse assieme a Paul McCartney (con cui Costello ha poi lavorato ancora, a cose dell’uno e dell’altro) e andò finalmente molto bene negli Stati Uniti.

This house is empty now
(Painted from memory, 1998)
A un certo punto della vita può capitare di sentire Costello dal vivo cantare “This house is empty now” e capire che è una delle più belle e commoventi canzoni di separazione di sempre. Quelli in gamba lo capiscono anche prima. L’ha scritta con Bacharach, per il disco che fecero assieme, Painted from memory.

She

(Notting Hill, 1999)
Era di Aznavour (si chiamava “Tous les visages de l’amour”) e Costello si inventò di cantarla nella colonna sonora di Notting Hill. Un po’ troppo cialtronescamente sentimentale per i canoni Costello, ma lui rende tutto sempre abbastanza tormentato da salvarsi per un pelo dalla svenevolezza.

Still
(North, 2003)
Aveva scritto canzoni con Bacharach, cantato canzoni di Aznavour, avrebbe poi inciso dischi con orchestre olandesi: tutto del territo
rio ai confini del pop è stato esplo-rato da Elvis Costello. A un certo 
punto, scrisse in proprio una fila di canzoni sentimentali da piano bar,
 e le cantò insieme al suo piano e agli archi necessari, in un disco pubblicato con la madre di tutte le etichette di musica classica, la Deutsche Grammophon. Sono una 
più bella dell’altra, anzi, una più 
bella delle altre: una ninna nanna,
 senza pause per respirare.