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  • Venerdì 22 agosto 2014

L’assedio di Amerli, in Iraq

Se ne parla poco ma da giugno quasi 20 mila persone di una minoranza etnica sciita sono assediate dallo Stato Islamico, senza cibo, acqua ed elettricità

In una città a 180 chilometri da Baghdad, in Iraq, da 70 giorni quasi 20.000 persone cercano di sopravvivere all’assedio delle milizie dello Stato Islamico. La città si chiama Amerli e la sua zona è stata attaccata dagli uomini dell’IS a giugno, durante l’offensiva che ha portato alla caduta di Mosul. Uno dopo l’altro i villaggi che circondavano la città sono caduti. Oggi tutte le strade che portano in città sono bloccate e Amerli – con tutti i suoi 17.000 abitanti – è isolata, senza acqua corrente né elettricità, mentre l’unico cibo disponibile è quello che riescono a consegnare gli elicotteri dell’esercito iracheno che a ogni viaggio rischiano di essere abbattuti dalla contraerea dello Stato Islamico.

Amerli è una città abitata da una minoranza etnica sciita (i miliziani dello Stato Islamico sono sunniti). Si tratta dei turkmeni o turcomanni, una popolazione di lingua turca che discende probabilmente dai soldati e funzionari che l’impero ottomano inviò in Iraq durante la sua lunga dominazione del paese. I turcomanni sono considerati la terza etnia più numerosa del paese dopo arabi e curdi: si calcola che in tutto l’Iraq siano tra i 500 mila e i tre milioni (anche se l’ultimo censimento dell’etnie risale agli anni Cinquanta). In quanto sciiti, i turcomanni sono uno dei bersagli preferiti dello Stato Islamico che li considera apostati.

«Dopo l’attacco contro Mosul, tutti i villaggi di turcomanni sciiti intorno ad Amerli sono stati catturati dallo Stato Islamico. Hanno ucciso tutti e messo in mostra i loro corpi fuori dai villaggi» ha raccontato a BBC Ali Albayati, un medico che vive ad Amerli. Secondo Marzio Babille, uno dei coordinatori dei progetti umanitari dell’ONU in Iraq, «è chiaro che se l’IS riuscirà ad entrare in città saranno tutti uccisi. È già successo da altre parti: l’IS uccide gli sciiti che riesce a catturare».

Per il momento, le difese di Amerli e dei trentasei villaggi che la compongono stanno reggendo, ma la situazione potrebbe cambiare in pochi giorni. Secondo i residenti non ci sono soldati in città e gli abitanti, in gran parte contadini, hanno dovuto arrangiarsi per difendersi da soli. Nelle fotografie della città si possono vedere alcuni abitanti armati con vecchi fucili che risalgono alla Seconda guerra mondiale.

Le milizie dell’IS bombardano il villaggio con razzi e mortai tutti i giorni e, all’inizio di agosto, hanno compiuto l’ultima offensiva per cercare di conquistare la città. Alla testa dell’attacco c’erano jeep e blindati di costruzione americana, sottratti all’esercito iracheno durante la conquista di Mosul. Gli abitanti di Amerli sono riusciti a respingere l’attacco con fatica, ma dubitano di poter essere altrettanto fortunati in futuro.

Il fatto che gran parte degli uomini sia impegnato a difendere la città significa che nessuno si è preso cura dei campi ed ora il cibo scarseggia. L’esercito iracheno cerca di far arrivare almeno un elicottero al giorno per consegnare cibo ed evacuare i feriti (ogni elicottero può trasportare una trentina di persone). Il viaggio però è rischioso e non sempre gli elicotteri riescono a decollare. Le consegne di cibo sono irregolari e i residenti raccontano che spesso si riescono a mangiare soltanto una volta ogni tre giorni.

Alla scarsità di cibo si accompagna anche quella d’acqua e di medicinali. Per rimediare alla prima, gli abitanti sono costretti a bere l’acqua di fiume poco lontano, che però è sporca e causa dissenteria. Dall’inizio dell’assedio circa 50 persone sono morte a causa della mancanza di medicinali. Secondo Albayati quello in corso è un vero e proprio disastro umanitario.

Molti residenti di Amerli, intervistati dal Wall Street Journal, hanno detto di essere arrabbiati per quello che ritengono un doppio standard: per i curdi yazidi sono stati compiuti attacchi aerei e enormi sforzi umanitari, mentre loro si sentono ignorati. Uno dei problemi nel portare aiuto alla città è che la zona è completamente circondata dall’IS. Il monte Sinjar, dove erano intrappolati gli yazidi, venne raggiunto dai guerriglieri curdi arrivati dalla Siria, che riuscirono ad aprire un corridoio umanitario per aiutarli nella fuga. Sembra difficile ottenere un simile risultato a Amerli senza rompere la cintura di miliziani che assedia la città.