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  • Domenica 17 agosto 2014

I massacri dell’IS in Iraq e in Siria

I miliziani del gruppo estremista che ha instaurato il Califfato islamico hanno ucciso e rapito centinaia di yazidi e appartenenti alla tribù araba al Sheitaat

Displaced Iraqis from the Yazidi community settle at the Qandil mountains near the Turkish border outside Zakho, 300 miles (475 kilometers) northwest of Baghdad, Iraq, Saturday, Aug. 16, 2014. Islamic extremists shot 80 Yazidi men to death in Iraq, lining them up in small groups and opening fire with assault rifles before abducting their wives and children, officials and eyewitnesses reported Saturday. (AP Photo/ Khalid Mohammed)
Displaced Iraqis from the Yazidi community settle at the Qandil mountains near the Turkish border outside Zakho, 300 miles (475 kilometers) northwest of Baghdad, Iraq, Saturday, Aug. 16, 2014. Islamic extremists shot 80 Yazidi men to death in Iraq, lining them up in small groups and opening fire with assault rifles before abducting their wives and children, officials and eyewitnesses reported Saturday. (AP Photo/ Khalid Mohammed)

Negli ultimi giorni lo Stato Islamico (IS) – gruppo estremista sunnita prima conosciuto come ISIS – si è reso responsabile di nuovi massacri in Iraq e in Siria, i due paesi nei quali ha instaurato il suo Califfato islamico. L’IS si sta facendo conoscere in tutto il mondo per la brutalità – oltre che la rapidità – dei suoi attacchi, e per costringere la popolazione non musulmana a convertirsi all’islam. I sopravvissuti degli attacchi dell’IS in diversi villaggi di recente conquista hanno raccontato di esecuzioni sommarie e rapimenti di donne e bambini (in diverse occasioni si è anche detto che l’IS avesse fatto diventare le donne rapite delle schiave). Gli ultimi due attacchi di tale violenza di cui si ha conoscenza sono stati compiuti uno in Iraq – in un villaggio del nord, vicino al monte Sinjar – e l’altro in Siria – nella provincia orientale di Deir al-Zor, abitata da al Sheitaat, una tribù araba sunnita.

I massacri in Iraq
Venerdì pomeriggio i miliziani dello Stato Islamico sono arrivati nel villaggio di Kawju, vicino alla città di Sinjar, nel nord dell’Iraq. Nelle ultime settimane e per molti giorni sulle montagne di Sinjar erano rimasti intrappolati decine di migliaia di yazidi che erano fuggiti dai loro villaggi dopo l’arrivo dell’IS. La notizia dell’attacco a Kawju è arrivata da fonti sia curde che yazidi (in questa zona le milizie curde e i soldati iracheni se ne sono andati e per i giornalisti è praticamente impossibile entrare nei villaggi sotto il controllo dell’IS: per questo spesso le notizie di città perse o di massacri arrivano sulla stampa occidentale solo quando i sopravvissuti riescono a mettersi in contatto con le autorità di altre città irachene o curde in cui si sono rifugiati).

Secondo alcune testimonianze, a Kawju molti uomini sono stati uccisi dai miliziani dello Stato Islamico dopo che si sono rifiutati di convertirsi all’islam: sono stati separati dalle donne e dai bambini sotto i 12 anni, e sono stati portati via in gruppi di poche decine ai confini del villaggio. Qui, ha raccontato un uomo che poi è riuscito a scappare, sono stati uccisi. I miliziani hanno poi cominciato a camminare tra i corpi per terra e a sparare per uccidere gli uomini che erano sopravvissuti alla prima serie di colpi di arma da fuoco.

In Siria
I miliziani dello Stato Islamico hanno ucciso circa 700 persone tutte appartenenti alla tribù sunnita al Sheitaat, che da luglio di quest’anno ha cominciato a combattere l’IS per il controllo della provincia orientale siriana di Deir al-Zor. La notizia è stata diffusa dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione non governativa filo-ribelli che ha base a Londra (l’Osservatorio è praticamente l’unica organizzazione che conta ancora i morti in Siria – le Nazioni Unite hanno smesso tempo fa – e le sue cifre e documenti sono citati e considerati piuttosto affidabili dalla stampa internazionale: in questo caso, come in molti altri, non è stato possibile fare una verifica indipendente su quanto detto dall’Osservatorio in relazione agli eventi nella provincia di Deir al-Zor).

Un attivista a Deir al-Zor – che ha voluto rimanere anonimo per ragioni di sicurezza – ha raccontato a Reuters che 300 uomini sono stati uccisi dello Stato Islamico solo nella città di Ghraneij e nell’arco di una sola giornata. Ghraneij è una delle tre principali città in cui vive la tribù al-Sheitaat. Un altro attivista proveniente da Deir al-Zor ha detto che agli abitanti al-Sheitaat delle città della zona erano stati dati tre giorni per lasciare le loro case: quelli che non sono stati uccisi – e se ne sono andati dai loro villaggi – si sono rifugiati in altre città della provincia oppure hanno superato il confine e sono arrivati fino in Iraq. In questa provincia siriana, come in altre zone dell’Iraq conquistate dallo Stato Islamico, le tribù locali sono state costrette a fare una scelta, scrive il New York Times: o allearsi con l’IS o subire le conseguenze di esserne nemici. Venerdì 15 agosto è stato pubblicato un video su YouTube che mostra degli uomini provenienti dalle città al-Sheitaat di Kishkeih e Abu Hammam che dicono di essersi alleati con lo Stato Islamico.