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  • Giovedì 31 luglio 2014

La lettera di Brian Eno contro Israele e Stati Uniti

Il famoso musicista britannico chiede perché l'America "finanzi e sostenga una rabbiosa e razzista teocrazia"

British musician Brian Eno speaks during the presentation of his exhibition "77 Million Paintings" in Madrid on December 17, 2013. Eno created "77 Million Paintings" as a generative work which combines some 300 visual elements coupled with ambiant music projected onto a screen that has the faculty of generating 77 million different combinations. AFP PHOTO/ PIERRE-PHILIPPE MARCOU (Photo credit should read PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)
British musician Brian Eno speaks during the presentation of his exhibition "77 Million Paintings" in Madrid on December 17, 2013. Eno created "77 Million Paintings" as a generative work which combines some 300 visual elements coupled with ambiant music projected onto a screen that has the faculty of generating 77 million different combinations. AFP PHOTO/ PIERRE-PHILIPPE MARCOU (Photo credit should read PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)

Il musicista americano David Byrne, noto soprattutto per essere il fondatore dei Talking Heads, ha pubblicato sul suo blog una lettera di Brian Eno riguardo la guerra a Gaza e soprattutto il rapporto di alleanza tra Israele e Stati Uniti. Brian Eno, che nella lettera si rivolge ai suoi amici americani, è un famoso e apprezzato compositore e musicista britannico.

Cari tutti,

ho la sensazione di infrangere una qualche regola non scritta, con questa lettera, ma non posso più tacere.

Oggi ho visto una foto di un uomo palestinese in lacrime con in mano una busta di plastica con dentro della carne. Era suo figlio. Il bambino è stato triturato (questa è stata la parola usata dall’ospedale) da un attacco israeliano, apparentemente portato avanti con questa nuova fantastica arma, le “flechette bombs“. Probabilmente sapete di cosa si tratta: centinaia di piccoli chiodi appiccicati attorno all’esplosivo, così da fare a pezzi i corpi. Il bambino era Mohammed Khalaf al-Nawasra. Aveva quattro anni.

Improvvisamente mi sono trovato a pensare che dentro quella busta avrebbe potuto esserci mio figlio, e quel pensiero mi ha fatto arrabbiare come niente mi faceva arrabbiare da molto tempo a questa parte.

Poi ho letto che secondo le Nazioni Unite Israele potrebbe essere colpevole di crimini di guerra a Gaza, e che avrebbero voluto aprire un’apposita commissione d’inchiesta. Gli Stati Uniti non sosterranno la richiesta.

Che succede in America? Io so bene quanto la vostra informazione sia tendenziosa, e quanto poco si parli dell’altra parte di questa storia. Ma – per l’amor di Dio! – non è così difficile scoprirlo. Perché l’America continua a sostenere ciecamente questo esercizio unilaterale di pulizia etnica? PERCHÉ? Davvero, non lo capisco. Non posso credere che sia solo per il potere della lobby israeliana… se fosse questo il caso, allora il vostro governo sarebbe fondamentalmente compromesso. No, non credo sia quella la ragione… ma non ho idea di quale possa essere.

L’America che conosco e che mi piace è compassionevole, aperta, creativa, eclettica, tollerante e generosa. Voi, miei cari amici americani, siete per me il simbolo di queste virtù. Ma quale America sta sostenendo questa orribile guerra colonialista? Non riesco a capirlo: so che ci sono molte persone come voi, ma perché queste voci non si sentono e non pesano? Perché quando la gran parte del mondo sente la parola “America” non pensa subito al vostro spirito, ma a un altro tipo di atteggiamento? Quanto è brutto che il paese che più di ogni altro definisce la sua identità sulla base della Libertà e della Democrazia finanzi e sostenga una rabbiosa e razzista teocrazia?

Sono stato in Israele l’anno scorso con Mary. Sua sorella lavora per le Nazioni Unite a Gerusalemme. Abbiamo fatto un giro insieme a un palestinese – Shadi, suo cognato, una guida professionista – e Oren Jacobovitch, un ebreo israeliano, un ex militare che ha lasciato l’esercito perché non voleva più uccidere palestinesi. Insieme a loro abbiamo visto cose terribili: case palestinesi circondate di filo spinato e assi di legno per evitare che i coloni gettassero merda, piscio e carta igienica verso gli abitanti; bambini palestinesi picchiati da ragazzini israeliani con mazze da baseball, coi loro genitori che applaudivano, mentre andavano a scuola; un intero villaggio sfrattato nelle caverne mentre tre famiglie di coloni occupavano la loro terra; un insediamento israeliano in cima a una collina che ha installato uno scarico fognario nella terra dei palestinesi a valle; il Muro; i checkpoint… e tutte le infinite umiliazioni quotidiane a cui sono sottoposti i palestinesi. E continuavo a pensare: “Davvero gli americani tollerano tutto questo? Davvero pensano sia tutto ok? O forse non sanno quello che succede?”.

Per quel che riguarda il “processo di pace”: a Israele interessa il processo e non la pace. E per “processo” si intende la continua sottrazione di terra da parte dei coloni… e quando i palestinesi finalmente insorgono con i loro patetici fuochi d’artificio, vengono massacrati e maciullati con missili all’avanguardia e munizioni all’uranio perché “Israele ha il diritto di difendersi” (i palestinesi evidentemente non ce l’hanno). Le milizie dei coloni sono sempre felici di prendere a pugni qualcuno o sradicare un albero mentre l’esercito guarda dall’altra parte. Molti di loro etnicamente non sono nemmeno israeliani – grazie alla legge sul “diritto al ritorno” sono ebrei russi, ucraini, moldavi, sudafricani o di Brooklyn, che sono arrivati in Israele di recente sulla base del loro diritto inviolabile alla terra (gliel’ha dato Dio!), e sulla base del fatto che “arabo” per loro vuol dire “verme”. Razzismo vecchia scuola, rivendicato con la stessa arroganza con cui circolava un tempo in Louisiana. Questa è la cultura che i soldi dei vostri contribuenti difendono. È come finanziare il Ku Klux Klan.

Ma a parte questo, quello che davvero mi preoccupa è il quadro generale. Che vi piaccia o no, agli occhi di gran parte del mondo, l’America rappresenta “l’Occidente”. Quindi l’Occidente è visto come favorevole a questa guerra, nonostante tutti i nostri alti discorsi sulla moralità e la democrazia. Temo che le grandi conquiste civili frutto dell’Illuminismo e della Cultura Occidentale vengano screditate – con grande gioia dei mullah matti – da questa flagrante ipocrisia. La guerra non ha alcuna giustificazione morale, per quel che mi riguarda, ma in questo caso nemmeno pragmatica. Non ha senso nemmeno da un punto di vista realista, kissingeriano; ci fa solo apparire come i cattivi.

Mi dispiace di annoiarvi con tutto questo. So che avete da fare e che siete in modo diverso allergici alla politica, ma questa storia va oltre la politica. Siamo noi che dilapidiamo il capitale di civiltà che abbiamo costruito nel corso di intere generazioni. Nessuna delle domande di questa lettera è retorica: davvero non capisco e mi piacerebbe capirlo.

XXB

Byrne ha deciso di pubblicare la lettera di Brian Eno insieme alla risposta di un suo amico americano, Peter Schwartz, che ha opinioni diverse: e dopo una lunga contestualizzazione scrive che le cose sono molto più complicate, e che per quanto crede sia stato un errore creare uno “stato ebraico”, sarebbe un errore anche pensare che tutte le responsabilità relative alla situazione attuale ricadano su Israele. La risposta integrale di Schwartz è qui.

Sebbene sia contrario alle posizioni di Israele, trovo discutibili quegli oppositori di Israele che non sono ugualmente scandalizzati da un vasto numero di storie altrettanto orribili del recente passato e del presente. Solo per nominarne alcuni: Cambogia, Tibet, Sudan, Somalia, Nicaragua, Messico, Argentina, Liberia, Repubblica Centrafricana, Uganda, Corea del Nord, Bosnia, Kosovo, Venezuela, Siria, Egitto, Libia, Zimbabwe e soprattutto di recente la Nigeria. […]

Dobbiamo essere chiari sul fatto che, se ne avessero l’opportunità, gli arabi getterebbero in mare tutti gli ebrei di Israele: e questo è un fatto sin dal primo giorno. Il punto di non ritorno è stato la creazione di uno stato confessionale. Quindi Israele non ha avuto altra scelta che combattere. Dal mio punto di vista, in questa guerra nessuno può sostenere di trovarsi su un livello morale superiore, e nemmeno i paesi che hanno sostenuto l’una o l’altra parte. […]

Israele ha smarrito la sua strada e commette atti orribili nell’interesse della sua sopravvivenza. Gli arabi e i persiani perpetuano un conflitto totale tra loro, trovando nell’odio verso Israele l’unico terreno comune. […] Penso che la creazione di Israele sia stata un disastro di proporzioni storiche, ma trovo discutibile che Israele sia l’unica parte che meriti una condanna. Se siamo pronti a boicottare, condannare, eccetera, i sauditi, i qatarioti, gli iraniani, gli egiziani, i siriani, i russi, i nigeriani, i talebani, i venezuelani, gli zimbabweiani, i sudanesi, i sud sudanesi, e non dimentichiamo i britannici e gli americani, tutti colpevoli quanto Israele, allora manifesterò con voi.