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  • Giovedì 17 luglio 2014

Merkel una di noi

Per festeggiare i suoi 60 anni pazzeschi, mentre tutti i media si riempiono di celebrazioni sulla sua potenza e il suo successo, abbiamo provato a ripensarla normale

A un certo punto Angela Merkel è diventata per la comunicazione internazionale, e per le persone di mezzo mondo, una specie di capo del pianeta: lo è diventata nei fatti, sotto alcuni aspetti, e il resto lo hanno fatto le semplificazioni dell’informazione e i nostri tic di analisi delle cose. E se ci pensate, nessun leader mondiale nei passati decenni era mai stato davvero in competizione con la presidenza americana: soprattutto sul piano del successo, che quanto a potere i presidenti americani ne mostrano un’immagine imbattibile, ma anche associata a una costante presenza di fallimenti, inciampi, contestazioni. Per il mondo invece Merkel vince da anni, e i Mondiali di calcio sono stati la perfetta decorazione simbolica finale di questa comunicazione.

A rendere ancora più particolare questo successo c’è l’immagine del leader vincente, del tutto sovversiva: l’immagine di una donna, e di una donna eccezionalmente “normale”. Se guardate le foto di Barack Obama, c’è un alone di coolness e divismo cinematografico immancabile: tutta l’immagine gira intorno a lui, che è il centro della scena, e gli altri – persone, suppellettili o aeroplani – sembrano sempre guardarlo ammirati. Merkel è il contrario: sembra una persona nella foto. C’è la foto, e dentro c’è quella signora, a volte da sola, a volte vicina ad altri.

Ovviamente se in questi sessant’anni lei non fosse diventata Angela Merkel, molte di quelle foto non sarebbero state fatte: ma se a un ignaro ibernato risvegliato mostraste entrambi, riconoscerebbe subito che Obama dev’essere uno importante, e si domanderebbe chissà che mestiere fa questa signora.

Ecco, per festeggiare questi sessant’anni pazzeschi e normali, mentre tutti i media si riempiono di celebrazioni di potenza e successo di Angela Merkel, abbiamo provato a ripensarla normale, come se fossimo noi quell’ignaro ibernato risvegliato, e guardassimo le foto.