Un manicomio abbandonato in Lombardia

Nel Settecento era una villa lussuosa che ospitò Napoleone, nell'Ottocento diventò l'ospedale psichiatrico più grande d'Italia: ora è frequentato da vandali, tossici e fotografi

Emma Cacciatori
Emma Cacciatori

L’ex ospedale psichiatrico Giuseppe Antonini, famoso come il manicomio di Mombello di Limbiate, in provincia di Monza e Brianza, è in uno stato di degrado e abbandono, ma nel corso del Novecento è stato l’ospedale psichiatrico più grande d’Italia e ha ospitato migliaia di persone. Si trova all’interno dell’enorme complesso di villa Pusterla-Crivelli, circa un milione di metri quadrati di padiglioni e giardini recintati da un muro alto due metri. La villa fu costruita nel XIV secolo dalla famiglia di nobili lombardi Pusterla – molto probabilmente su un edificio medievale ancora più antico – passò poi agli Arconati e infine ai Crivelli, nel 1718. Nel 1754 Stefano Gaetano Crivelli la trasformò in una villa splendida e lussuosa, che nel tempo ospitò Ferdinando IV di Borbone, re delle Due Sicilie, e divenne il quartier generale di Napoleone Bonaparte durante la campagna d’Italia. A inizio Ottocento fu abbandonata e poi acquistata dal Comune di Milano, che nel 1863 la ristrutturò e la trasformò in ospedale psichiatrico.

La clinica poteva ospitare al massimo 900 malati, ma divenne ben presto sovraffollata: all’apertura ci vivevano già 1121 pazienti, che a fine secolo divennero 1250, curati da soli sei medici. Fu necessario ampliare la struttura e costruire nuovi padiglioni, dove i malati vennero suddivisi in base alla gravità e alla tipologia delle malattia. Il numero dei pazienti continuò ad aumentare, fino a superare i 3.500 durante la Prima guerra mondiale, con la conseguente apertura di alcune succursali. Con l’entrata in vigore della legge Basaglia, nel 1978, anche il manicomio di Mombello venne chiuso, e smantellato definitivamente nel 1999. Da allora il complesso è stato gradualmente abbandonato, tranne Villa Crivelli, che ospita un istituto statale agrario, le palazzine di un istituto per periti aziendali, e il «Corberi», una casa d’accoglienza per malati psichici gravi.

Il reportage della giornalista milanese Emma Cacciatori racconta lo stato di abbandono della struttura e lascia intravedere, allo stesso tempo, la bellezza degli edifici: ci sono stanze con letti sperduti e materassi a terra, scartoffie e archivi, tetti semicrollati, e le recenti scritte sui muri realizzate dai ragazzi, le poche persone ad aggirarsi ancora – insieme a vandali e fotografi – nella villa.