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  • Mercoledì 9 luglio 2014

Roger Federer e noi

Racconto dei primi e degli ultimi anni di carriera dell'uomo considerato il miglior tennista di sempre

Roger Federer durante una partita del primo giorno del torneo di Wimbledon, nel 2012. (Photo by Paul Gilham/Getty Images)
Roger Federer durante una partita del primo giorno del torneo di Wimbledon, nel 2012. (Photo by Paul Gilham/Getty Images)

Il 6 luglio 2014 il tennista svizzero Roger Federer – uno dei più forti di sempre, forse il più forte di sempre – ha perso in finale contro Novak Djokovic al torneo di Wimbledon. Fabio Severo ha raccontato sulla rivista online Ultimo Uomo come è arrivato ad appassionarsi a Federer, che vive gli ultimi anni di carriera, e come resta un campione anche non riuscendo più a vincere qualsiasi cosa.

La prima volta in cui mi sono posto la questione di chi fosse davvero Roger Federer è stato alla fine del 2007, quando un notiziario di Sky Tg 24 annunciava in coda che la stagione tennistica si concludeva un’altra volta con Federer al comando, per la quarta stagione consecutiva; appena vincitore della Masters Cup di fine anno a Shanghai e con tre titoli del Grande Slam, un tris che gli riusciva per la terza volta, dopo il 2004 e il 2006. Quello che ha attirato la mia attenzione è stato l’aver sentito dire nel servizio TV (senza immagini per altro, solo qualche breve cenno dallo studio) “un’altra volta”, a evidenziare quanto fosse eccezionale che Federer avesse replicato quell’impresa quasi unica. Il mio primo pensiero all’epoca è stato verificare l’età del tennista in questione, di cui avevo sentito il nome tante volte pur non avendo mai realmente visto cosa fosse in grado di fare. Avevo smesso di seguire il tennis ormai da tanti anni, dopo che da ragazzino “mi svegliavo la notte per vedere i tornei dall’altra parte del mondo”, come ci diciamo molti di noi nati a metà degli anni ’70, tutti esperti di quelle annate di tennis, ognuno con il suo atleta-supereroe preferito: Edberg, Becker, McEnroe, e così via.

Volevo conoscere la sua età per capire se avrei ancora avuto la possibilità di vederlo vincere così tanto e in modo così bello, almeno a giudicare da come ne avevo sentito un po’ parlare in giro. L’anagrafe diceva 27, e a leggere quel numero che nello sport non vuol dire né giovane né vecchio ho subito pensato che forse era troppo tardi, che avevo mancato l’occasione di vederlo giocare al suo massimo e che di lì a poco avrebbe per forza cominciato a tornare umano e a vincere sempre meno. Ancora non sapevo ad esempio che mi ero perso il suo 2006, una stagione così clamorosa da avere persino una sua voce su Wikipedia: 92 vittorie e solo 5 sconfitte, 12 titoli, tre Slam (più finale anche al Roland Garros, come poi sarà anche nel 2007), 19 set vinti 6-0; una delle annate più grandi di sempre, per molti seconda solo al Grande Slam vinto da Rod Laver nel 1969. Alla fine di quel 2007 citato distrattamente dal Tg Federer aveva già vinto 12 majors: tre Australian Open, cinque Wimbledon e quattro US Open. Mancava solo il Roland Garros, che Rafael Nadal gli ha negato sia nel 2006 che nel 2007 nella più letteraria delle antitesi sportive, uno che domina l’altro sulla terra, i ruoli che si invertono sull’erba.

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