Cosa è successo a Oppido Mamertina

Durante una processione la statua della Madonna delle Grazie ha sostato davanti alla casa di un boss della 'ndrangheta; i carabinieri presenti se ne sono andati, il sindaco racconta tutta un'altra storia

Mercoledì 2 luglio a Tresilico, frazione di Oppido Mamertina in provincia di Reggio Calabria, durante la tradizionale processione della Madonna delle Grazie la statua è stata fatta fermare davanti all’abitazione di un boss locale della ‘ndrangheta, Peppe Mazzagatti. Erano presenti il parroco (don Benedetto Rustico, che è anche primo cugino di Mazzagatti), il sindaco, parte della giunta e due carabinieri. I carabinieri, con il maresciallo Andrea Marino, a quel punto hanno lasciato la processione. Dopo qualche giorno la notizia è finita sulle prime pagine dei principali giornali nazionali.

La processione
A Tresilico, in provincia di Reggio Calabria, si trova un santuario dedicato alla Madonna delle Grazie che viene festeggiata ogni anno il 2 luglio come in altre parti d’Italia. Durante la processione della scorsa settimana, la statua della Madonna era partita come sempre dalla chiesa di Tresilico; arrivata all’incrocio tra Corso Aspromonte e via Ugo Foscolo, però, era stata fatta fermare per diversi secondi da decine di portatori davanti alla casa Peppe Mazzagatti. Mazzagatti ha 82 anni ed è originario di Oppido Mamertina, è stato condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso negli anni Novanta e dal 2003 si trova agli arresti domiciliari per motivi di salute.

(il video della processione in cui si vede la statua della Madonna fermarsi, dal minuto 2.00)

I carabinieri e le indagini
Andrea Marino, comandante della stazione dei carabinieri presente all’evento con altri due militari, si è accorto di quanto stava accadendo, è uscito dalla processione e ha realizzato un video per poter identificare i partecipanti. Il Quotidiano della Calabria scrive:

Nelle settimane scorse altre scene simili sembra siano state viste in altri paesi della diocesi e in altre processioni. Fatti questi che sarebbero stati segnalati all’Autorità Giudiziaria dalle forze dell’ordine. Ma ad Oppido la vicenda è grave anche per un altro motivo: sembra che prima della processione il maresciallo Marino avesse incontrato personalmente i componenti della commissione della festa avvertendoli di non effettuare gesti particolari o inchini durante il tragitto della processione. Ed aveva avuto rassicurazioni dalla commissione.

I carabinieri di Oppido hanno poi avviato le procedure per l’identificazione di tutte le persone che stavano partecipando al rito religioso. La relazione è ora confluita in un’informativa inviata alla procura di Palmi e alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Lo ha dichiarato il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, Lorenzo Falferi, che ha anche spiegato l’allontanamento del maresciallo dalla processione: «Si è trattato di un atto tecnico per consentire gli opportuni atti di polizia giudiziaria. Il nostro maresciallo si è allontanato per compiere tutti gli atti di identificazione di coloro che hanno disposto e di chi ha effettuato la sostanza della processione: è stata effettuata anche una video ripresa di quanto stava accadendo in modo da avere una documentazione precisa».

Cosa dice il sindaco
Scrive sempre il Quotidiano della Calabria:

«C’è un altro aspetto da sottolineare in questa brutta vicenda: quando il maresciallo ed i suoi uomini hanno abbandonato la processione, nessuno tra le autorità civili e religiose presenti, sembra lo abbia seguito, nonostante avesse spiegato le ragioni del suo gesto».

Domenico Giannetta – che è sindaco di Oppido Mamertina da poco più di un mese ed è anche assessore provinciale alle Attività Produttive – ha però difeso quello che è successo, spiegando che non si trattava di un omaggio al boss della ‘ndrangheta ma di una gestualità che fa parte della tradizione verso una via e una zona del paese dove non era previsto il passaggio della processione: «Si fa così da sempre e in quella strada ci abita il boss, è vero, ma ci abitano anche tante famiglie perbene».

Al Corriere della Sera il sindaco ha poi spiegato:

«Eravamo tutti alla processione in onore di Maria Santissima delle Grazie: noi amministratori, le autorità civili e militari. A un certo punto il comandante della stazione viene da me e dice: io me ne vado. Gli chiedo: e perché? E lui: perché questo gesto è una forma di riverenza verso un boss e non lo posso accettare. Io, la mia giunta, perfino il comandante della polizia municipale che era accanto a me, siamo rimasti un po’ scossi…».

Riferendosi al maresciallo, ha aggiunto:

«(…) Visto che la processione è uguale a se stessa da una vita e che in quelle case ci abitano le stesse persone, come mai lui ha aspettato sette anni per questa protesta? L’ho pure chiamato e gliel’ho chiesto ma non mi ha risposto. Forse non può farlo (…) Non so se ha sbagliato perché non conosco le motivazioni del suo gesto. Se me le spiega e se ha ragione mi schiero con lui. Ma così mi ritrovo a dovermi difendere per una cosa che non esiste».

Le reazioni
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano si è complimentato con i Carabinieri che hanno preso le distanze da quelli che il ministro ha definito «atti incommentabili». Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, ha telefonato al maresciallo dei carabinieri Andrea Marino per ringraziarlo. Monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio e segretario generale della CEI, ha detto: «La Madonna non si inchina ai malavitosi. Chi ha fatto fare l’inchino alla Madonna le ha fatto fare un gesto che la Madre di Dio non ha mai fatto. Si è inchinata la statua, non la Madonna» e il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, monsignor Francesco Milito, ha promesso un’indagine: «In tempi brevi prenderemo tutte le informazioni in modo da avere un quadro completo, sia sui fatti che sulle persone, di quanto è accaduto. La cosa certa è che prenderemo dei provvedimenti».

Il Papa
Soltanto alla fine giugno, durante una visita pastorale nella diocesi di Cassano allo Jonio, proprio in Calabria, Papa Francesco aveva scomunicato i membri della ‘ndrangheta: «Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza (…) La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dire di no. (…) Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati».

Dopo le parole del Papa sulla scomunica c’è stata una protesta tra i detenuti del carcere di alta sicurezza di Larino, in provincia di Campobasso. Circa 200 di loro, legati in qualche modo alla ‘ndrangheta, si sarebbero rifiutati di andare a Messa.