• Mondo
  • Venerdì 4 luglio 2014

I nuovi colloqui sul nucleare iraniano

L'accordo temporaneo trovato a gennaio scade il 20 luglio, ora se ne sta cercando uno duraturo: cosa c'è in ballo? Chi sta trattando concretamente? Che possibilità ci sono?

Vice President of the European Commission Catherine Margaret Ashton (L) and Iranian Foreign Minister Javad Mohammad Zarif (R) meet during socalled EU 5+1 talks with Iran at the UN headquarters in Vienna, on July 3, 2014. Negotiators from Iran and six world powers begin a marathon final round of talks towards a potentially historic agreement on Tehran's nuclear programme before a July 20 deadline.
AFP PHOTO/JOE KLAMAR (Photo credit should read JOE KLAMAR/AFP/Getty Images)
Vice President of the European Commission Catherine Margaret Ashton (L) and Iranian Foreign Minister Javad Mohammad Zarif (R) meet during socalled EU 5+1 talks with Iran at the UN headquarters in Vienna, on July 3, 2014. Negotiators from Iran and six world powers begin a marathon final round of talks towards a potentially historic agreement on Tehran's nuclear programme before a July 20 deadline. AFP PHOTO/JOE KLAMAR (Photo credit should read JOE KLAMAR/AFP/Getty Images)

Gioedì 3 luglio a Vienna sono ricominciati i colloqui sulla questione nucleare tra l’Iran e i cosiddetti paesi del “5+1” – cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU col potere di veto (Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Francia, Russia) più la Germania. Al centro dei colloqui c’è l’estensione dell’accordo temporaneo firmato lo scorso gennaio, che aveva valore per sei mesi e scadrà quindi il prossimo 20 luglio. Semplificando, l’Iran vuole ottenere la fine delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale a causa dei suoi programmi di sviluppo nucleare a fini militari; Stati Uniti ed Europa vogliono ottenere un accordo che assicuri che l’Iran non sarà in grado di sviluppare la bomba nucleare. Ma andiamo con ordine.

L’accordo di 6 mesi fa
Lo scorso gennaio – a Ginevra, e con un certo clamore – era stato firmato un accordo temporaneo della durata di sei mesi, entrato in vigore il 20 di quel mese. L’accordo era stato raggiunto sulla base di un altro accordo preliminare, trovato nel novembre del 2013: prevedeva l’interruzione di parte del programma iraniano per lo sviluppo dell’energia nucleare, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni imposte dall’Occidente negli ultimi anni. In particolare l’Iran rinunciava all’arricchimento dell’uranio oltre il 5 per cento, soglia che – semplificando – delimita gli usi civili da quelli militari, e si impegnava a diluire quello già arricchito al 20 per cento in suo possesso. In cambio l’Iran aveva ottenuto un alleggerimento di circa 6-7 miliardi di dollari delle sanzioni economiche (diversi miliardi di dollari derivanti dalla vendita del petrolio iraniano sono “congelati” nelle banche occidentali, per esempio).

L’accordo di gennaio era stato accolto con molta soddisfazione, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti: era in effetti la prima volta che i colloqui sul nucleare portavano a dei risultati, seppur modesti. L’accordo di sei mesi era stato visto come un primo passo verso il raggiungimento di un accordo più dettagliato e con una durata più lunga: in quest’ottica i sei mesi sarebbero serviti per tornare a lavorare in un clima più disteso e di reciproca fiducia.

Cosa è successo negli ultimi sei mesi?
Nei sei mesi trascorsi dalla firma dell’accordo di gennaio ci sono stati continui contatti tra l’Iran e i paesi del “5+1”: tuttavia, ha scritto BBC, dopo l’ottimismo iniziale i colloqui sono stati in larga parte infruttuosi. In un articolo pubblicato il 30 giugno sul Washington Post, il segretario di Stato statunitense John Kerry ha comunque lodato la serietà e l’impegno mostrata dagli iraniani in questi mesi dicendo che «l’Iran ha eliminato la sua riserva di uranio arricchito al 20 per cento, ha interrotto l’espansione delle sue strutture di ricerca nucleare, non ha installato nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio e ha permesso più e più frequenti ispezioni».

Kerry, nel suo articolo, ha riassunto così il senso dei colloqui che sono iniziati in questi giorni:

«Queste negoziazioni sono sempre state basate su una scelta che devono fare i leader iraniani. Possono accettare di intraprendere i passi necessari per assicurare il resto del mondo che il loro programma nucleare sarà esclusivamente per scopi civile e che non sarà usato per costruire armi, oppure possono sprecare questa opportunità storica per interrompere l’isolamento politico e diplomatico del loro paese e migliorare la vita dei loro cittadini».

Due giorni dopo la pubblicazione dell’articolo articolo di John Kerry, il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha pubblicato su YouTube un video in cui presentava la posizione del suo paese in vista dell’inizio dei colloqui; il video è registrato in inglese e molti lo hanno interpretato come una risposta diretta a Kerry. Javad Zarif, nel video, dice che l’Iran è «allergico alla pressione internazionale» e che da quando sono state imposte le sanzioni è comunque riuscito a sviluppare notevoli competenze sul nucleare. Javad Zarif ha anche aggiunto che «chi crede che siano state le sanzioni a portare l’Iran al tavolo delle trattative si sbaglia. Le sanzioni non hanno fatto inginocchiare l’Iran negli ultimi otto anni e non lo faranno inginocchiare in sottomissione ora».

I nuovi colloqui
I nuovi colloqui saranno guidati dal responsabile per la politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, per i paesi del “5+1”, e dal ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif. I negoziati dovrebbero durare almeno fino al 20 luglio a meno che – anche se sembra improbabile – un accordo non sia trovato in tempi più brevi. Un portavoce di Catherine Ashton, parlando ai giornalisti prima dell’inizio formale dei colloqui, ha descritto l’atmosfera come “molto seria”, ha detto che i negoziati continueranno “per tutto il tempo necessario” e che il termine del 20 luglio potrebbe essere prorogato.

La difficoltà di trovare un nuovo accordo, comprensivo e duraturo, sta nella distanza che ancora esiste tra l’Iran e i paesi del “5+1” a proposito della politica nucleare iraniana. CNN ha spiegato che i paesi occidentali vorrebbero che il nuovo accordo comprendesse la chiusura e lo smantellamento di diverse strutture di ricerca nucleare iraniane, l’introduzione di nuovi controlli, limitazioni e severe ispezioni sui futuri programmi nucleari del paese e la permanenza di alcune sanzioni economiche e politiche. L’Iran, di contro, vorrebbe che il nuovo accordo riconoscesse definitivamente il suo diritto al nucleare per scopi civili e l’annullamento totale delle pesanti sanzioni economiche che gravano sul paese.

Uno dei punti centrali del possibile accordo sembra comunque essere il numero di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio in Iran. Funzionari iraniani hanno detto che il paese ha bisogno di «50.000 centrifughe e non una di meno»; la posizione dei paesi occidentali è invece che questo sia un numero ingiustificatamente alto per un paese che dice di voler usare il nucleare per scopi solo civili. I paesi del “5+1” vorrebbero che il numero delle centrifughe fosse di qualche migliaio: questo assicurerebbe tempi lunghi nel caso l’Iran decidesse di arricchire uranio per la costruzione di armi nucleari.

Cosa ci si può aspettare
Nessuno sa bene cosa aspettarsi dai colloqui di questi giorni. Time ha spiegato che dei messaggi che Kerry e Javad Zarif si sono mandati negli ultimi giorni sono state date interpretazioni opposte: secondo alcuni il tono netto e di sfida di Javad Zarif lascia pensare che l’Iran non accetterà condizioni dure per interrompere i suoi programmi nucleari, ma altri esperti pensano che lo scambio di messaggi sia parte della normale dialettica politica che esiste in questi casi.

Gary Samore, che aveva lavorato per la Casa Bianca sulla questione iraniana, ha spiegato che nessuna delle due parti può permettersi di prendere la responsabilità di un eventuale fallimento delle trattative e quindi i messaggi degli ultimi giorni potrebbero essere interpretati come un tentativo di mettere pressione alle controparti per il raggiungimento di un accordo finale.

Scrive il Los Angeles Times, comunque, che i negoziatori statunitensi hanno cercato di cambiare la prospettiva con cui spesso si guarda a colloqui come questi. «Piuttosto che un negoziato in cui si cerca una mediazione tra due parti», ha spiegato un funzionario del governo al L.A. Times, «in questi colloqui la comunità internazionale chiede all’Iran semplicemente di interrompere i suoi programmi nucleari e rispettare i trattati internazionali di non proliferazione nucleare dopo anni di violazioni».