13 canzoni dei Rolling Stones

Scelte dal peraltro direttore del Post nel suo libro "Playlist"

Per chi va a sentire il loro concerto, e per chi vuole soltanto riascoltarli, queste sono le canzoni che che Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, scelse per il libro Playlist, la musica è cambiata

The Rolling Stones
(1963, Londra, Inghilterra)
Come è noto, i Rolling Stones sono il più spettacolare fenomeno della storia del rock’n’roll. C’è chi ha fatto canzoni più belle delle loro, chi ha inventato cose più difficili, chi ha creato culti maggiori. Ma loro sono sulla breccia da prima che ammazzassero JFK, hanno cavalcato ogni tempo senza mai finire fuori scena, aggiornandosi senza cambiare davvero mai e frequentando tutto il repertorio estetico di casini e passioni del rock. Quanto a belle canzoni, uuuf.

Time is on my side
(12 X 5, 1964)
Non era degli Stones: l’aveva scritta Jerry Ragovoy per una versione jazz, nel 1963. Poi la cantò soul Irma Thomas, e subito dopo gli Stones, che misero nei libri di storia l’attacco di chitarra blues (assente in alcune versioni) e lo slogan del titolo. Fu il loro primo pezzo a entrare nella top ten americana. Alla luce dell’accaduto, si dimostra che erano nel giusto: il tempo era dalla loro parte.

Out of time
(Aftermath, 1966)
Viceversa, “tempo scaduto, baby”.

Under my thumb
(Aftermath, 1966)
Brian Jones alla marimba (a me la marimba ricorda sempre una battuta in Alan Ford, «marimba fa rima con rimbamba») : anzi, il più celebre riff di marimba di tutti i tempi, si può dire. Quanto al testo, è uno di quelli di cui si dice “ha fatto arrabbiare le femministe”, facendo pensare a manifestazioni di virago urlanti in gonnelloni e zoccoli. In realtà è un testo misogino e vendicativo che può far arrabbiare anche le persone normali, a meno che siano così normali da trovarla solo una canzone e fregarsene. Lei una volta lo tirava scemo, ma ora sta sotto il suo pollice, e fa tutto quello che lui le ordina, “vero, piccolina?”. Come parla, come si veste, lo decido io: un gattino che fa le fusa, brava, così, brava, va tutto bene, piccola…

You can’t always get what you want
(Let it bleed, 1969)
Fenomenale. Lo era già prima di entrare dentro nuovi cuori grazie alla scena del funerale che apre Il grande freddo, con tutto il coro del London Bach Choir (in alcune versioni è tagliato, e la canzone parte dalla chitarra). Poi tira avanti per sette minuti e mezzo di effettiva ascensione al cielo, in palese eccezione al titolo.

Honky tonk women
(Through the past, darkly, 1969)
L’ingresso è da appendere al muro accanto a quello di “Time is on my side”: Keith Richards dice che lo imparò da Ry Cooder, Cooder disse che glielo aveva fregato. Una versione più country, “Country honk”, uscì in Let it bleed. Il singolo fu pubblicato all’indomani del funerale di Brian Jones, il chitarrista e fondatore degli Stones allontanato poco prima dalla band con cui era giunto a tensioni insostenibili (Keith Richards nel frattempo gli aveva rubato la ragazza mentre lui era in ospedale) . Lo trovarono morto sul fondo di una piscina, e sopravvivono molte teorie complottarde su cosa sia davvero avvenuto.

Wild horses
(Sticky fingers, 1971)
Ballata lenta lenta con inflessioni country, uno dei loro momenti romantici al tempo in cui erano piuttosto bruschi con le ragazze. Jagger ha negato che parli della sua rottura con Marianne Faithfull, ma non con gran convinzione.

I got the blues
(Sticky fingers, 1971)
Anche di “I got the blues”, che in effetti è blues nella chitarra e soul nei fiati e nel ritmo, si disse che il blues glielo aveva lasciato Marianne Faithfull: “avvicinandomi alla tua fiamma, mi sono bruciato di nuovo”.

Time waits for no one
(It’s only rock’n’roll, 1974)
Suona diversa dal resto del loro repertorio: da terrazza del bar davanti alla spiaggia (l’assolo di chitarra è un po’ Santana) . “Il tempo non aspetta nessuno, e non aspetterà me”. Sarà la cosa di aspettare, ma somiglia nell’andamento alla successiva “Waiting on a friend”.

Fool to cry
(Black and blue, 1976)
Il papà che piange è lui, e la sua bambina gli dice “daddy, you’re a fool to cry”. Ma glielo dicono anche la sua ragazza, e i suoi amici. Perché lui è un sentimentalone, e si commuove, anche quando canta del bene che gli vogliono e di quanto sia stupida e cieca la sua tristezza. Il modo come canta parlottando, sembra un po’ Springsteen.

Memory motel
(Black and blue, 1976)
Pezzaccio romantico, che suona un po’ come “Fool to cry”, nello stesso disco. Il motel esiste davvero, a Long Island, e si chiama Memory Motel. La storia è che lui passa una notte con questa Hannah, bella ma con i denti storti, e lei nella vita canta in un bar, e gli canta questa canzone che dice “sei solo il ricordo di un amore passato”. E lui più tardi è in giro per gli States, in tour, e tutte le ragazze gli ricordano un amore passato. Al piano di sopra i suoi soci si divertono, ma lui è in camera da solo che beve e gli scappa la lacrima, al Memory Motel.

Beast of burden
(Some girls, 1978)
“Non sarò la tua bestia da soma”. Le chitarre di Keith Richards e Ron Wood (arrivato da un paio di dischi a rimpiazzare Mick Taylor, a sua volta ricambio di Brian Jones) si divertono a rincorrersi, e noi a guardarle, come i nonni con i bambini al parco. “Beast of burden” è un capolavoro rock-soul, con tutti che fanno cose fantastiche, persino nei falsetti di “am I rough enough”: “emairaffinà!”. Ce ne fu una bella cover di Bette Midler, con loro nel video.

Waiting on a friend
(Tattoo you, 1981)
Intanto l’assolo di sassofono è Sonny Rollins, se vi pare poco. E il pianoforte è Nicky Hopkins, che con gli Stones aveva suonato anche in “Time waits for no one” e diverse altre (oltre che in “Getting in tune” degli Who, in “Jealous guy” di Lennon, in “Revolution” dei Beatles, in “You are so beautiful” di Joe Cocker: mi fermo?). Ma soprattutto, qualcosa è cambiato e Jagger non ha più bisogno di donne, a dir suo, o almeno non di “una puttana, o di una bevuta”: “Non sto aspettando una signora, sto solo aspettando un amico”. Ma magari è un’amica.
Nel video, c’era Peter Tosh sui gradini ad aspettare con Richards.

Anybody seen my baby
(Bridges to Babylon, 1997)
La strofa da pedinamento è un po’ noiosa, ma il refrain è fantastico: “anybody seen myyyy, ba-by”. Solo che non era loro: era copiato da “Constant craving” di K.D. Lang, che fu quindi dovutamente citata col suo coautore nei credits della canzone, prima che li citasse lei.