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  • Domenica 15 giugno 2014

L’Argentina ai Mondiali

Ventinovesima puntata della guida del Post: la squadra che in molti danno per favorita, subito dopo il Brasile, e che ha grandi giocatori solo in attacco

Argentina's Gonzalo Higuain, second left, celebrates scoring against Venezuela with teammates Lionel Messi, left, Ezequiel Lavezzi, center, Pablo Zabaleta, second right, and Walter Montillo during a World Cup 2014 qualifying soccer match in Buenos Aires, Argentina, Friday, March 22, 2013. (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Argentina's Gonzalo Higuain, second left, celebrates scoring against Venezuela with teammates Lionel Messi, left, Ezequiel Lavezzi, center, Pablo Zabaleta, second right, and Walter Montillo during a World Cup 2014 qualifying soccer match in Buenos Aires, Argentina, Friday, March 22, 2013. (AP Photo/Natacha Pisarenko)

L’Argentina è – secondo diversi analisti e bookmaker – la seconda squadra favorita per la vittoria del Mondiale, dopo il Brasile. Gran parte di queste previsioni sono in parte basate sul fatto che è da decenni ritenuta una delle nazionali di calcio più forti in assoluto, e in parte influenzate dalla considerazione delle ottime partite giocate durante le fasi di qualificazione: si è classificata al primo posto nel girone della confederazione sudamericana (CONMEBOL), segnando 35 gol in 16 partite, e probabilmente ha uno dei migliori attacchi del Mondiale, se non il migliore in assoluto. È capitata nel Gruppo F con squadre nettamente più deboli – Nigeria, Iran e Bosnia ed Erzegovina – e dovrebbe riuscire a qualificarsi per gli ottavi di finale senza difficoltà.

Nella nazionale argentina gioca quello che da diversi anni è da molti considerato il miglior calciatore al mondo, il 26enne Lionel Messi, che partecipa a un Mondiale per la terza volta nella sua carriera dopo quello del 2006 – aveva 18 anni, non era titolare – e quello del 2010: in due edizioni ha segnato complessivamente un gol. Pochissimo per uno abituato a segnarne più di cinquanta a stagione con la sua squadra di club, il Barcellona.

L’Argentina, da Maradona in poi
L’Argentina ha una lunga e vincente tradizione, ai Mondiali, cominciata sostanzialmente a partire dalla fine degli anni Settanta: è tra le uniche cinque nazionali ad aver vinto il Mondiale almeno due volte, nel 1978 in Argentina e nel 1986 in Messico. La più nota delle due edizioni è quella del 1986, perché l’Argentina era una squadra piuttosto forte, e soprattutto perché ci giocava quello che ancora oggi è da molti ritenuto il migliore calciatore della storia, Diego Armando Maradona. Fu in quell’edizione, nel quarto di finale vinto 2-1 contro l’Inghilterra, che Maradona segnò due dei gol più citati di sempre: quello di mano, e quello che provarono a fermarlo in sette, inutilmente (per alcuni “il gol del secolo” o “il gol più bello della storia del calcio”).

Maradona c’era anche nel Mondiale del 1990, quando l’Argentina arrivò in finale e poi perse contro la Germania – e in semifinale aveva eliminato l’Italia, ai rigori, dopo aver pareggiato 1-1 nei tempi regolamentari. Poi, nel 1994, Maradona – che non giocava in nazionale da tempo – fu convocato in un Mondiale per l’ultima volta: l’Argentina vinse le prime due partite del girone; poi dovette fare a meno di Maradona, squalificato per doping, e perse l’ultima partita della fase a gironi contro la Bulgaria, prima di essere eliminata dalla Romania agli ottavi di finale.

A quel punto – visto come era finito quel Mondiale del 1994 dopo la squalifica di Maradona: subito – in molti si aspettavano che l’Argentina avrebbe incontrato qualche difficoltà a costruire una nuova squadra e un nuovo gioco che facesse a meno di lui, e che non sarebbe più arrivata facilmente alle fasi finali di un Mondiale. Sbagliato: se si esclude l’inattesa eliminazione al primo turno dell’edizione del 2002, dal 1998 l’Argentina ha sempre raggiunto i quarti di finale (e si è fermata sempre lì). Dimostrò, in altre parole, di avere giocatori molto forti in diversi ruoli, tant’è che molti di loro – Abel Balbo, Gabriel Batistuta, Juan Sebastián Verón, Diego Simeone, Ariel Ortega, Hernán Crespo – giocarono nel campionato di Serie A, al tempo in cui era considerato uno dei più competitivi al mondo, se non il più difficile in assoluto.

Messi e Maradona
Una cosa che si sente ancora spesso dire al bar a proposito di Messi – uno che ha vinto 4 palloni d’oro, consecutivamente, dal 2009 al 2012 – suona più o meno così: “non sarà mai il più forte di tutti i tempi finché non vincerà un Mondiale, come invece è riuscito a fare Maradona”. È una considerazione che in alcuni casi parte da un assunto non del tutto corretto: che Maradona abbia vinto quel Mondiale da solo, in una squadra di giocatori scarsi. Falso: l’Argentina, come detto, ha avuto sempre una squadra più o meno forte a partire dagli anni Settanta. Inoltre alcuni sostengono che da allora il modo di giocare a calcio sia molto cambiato, che nel frattempo sia anche cresciuto il livello delle nazionali avversarie, e che quell’Argentina di Maradona del 1986 oggi probabilmente si fermerebbe ai quarti di finale.

Argentina Training & Press Conference - 2014 FIFA World Cup

Detto questo, è anche vero che Messi – che pure ha segnato 37 gol in 84 presenze in nazionale, più di Maradona – raramente è riuscito a esprimere ai Mondiali il tipo e la qualità di gioco che lo hanno reso noto in tutto il mondo come il più forte di tutti, e per questo motivo è puntualmente il giocatore più atteso della nazionale argentina. Questo anno c’è da fare una considerazione aggiuntiva; Messi viene da una stagione in cui il Barcellona non ha vinto niente, e in cui lui ha giocato sotto i suoi standard. In un lungo articolo sul New York Times Magazine Jeff Himmelman, forse un po’ troppo pessimisticamente, ha scritto: «speriamo che abbia ingannato tutti a Barcellona, risparmiandosi per il Mondiale: perché se non è così, l’Argentina è spacciata».

Quindi l’Argentina di oggi è Messi e basta?
No. L’Argentina è una squadra con tantissima qualità – ma soltanto nella zona del campo occupata da Messi – grazie a giocatori come Sergio Aguero, Gonzalo Higuain, Angel Di Maria, Ezequiel Lavezzi e Rodrigo Palacio. Il vero punto debole, semmai, è la difesa (e ci arriviamo). Uno che non c’è – e a molti che seguono il campionato italiano sembra una notizia sorprendente – è il trentenne Carlos Tévez, che in questa stagione ha segnato 21 gol in 48 presenze con la Juventus e secondo molti è stato determinante per la vittoria dello scudetto (non l’ha presa bene, diciamo). Questa scelta appare già un po’ meno sorprendente – ma si può rimanere in totale disaccordo, è chiaro – se invece si considera che l’allenatore dell’Argentina Alejandro Sabella – in carica dal 2011 – ha sempre considerato Messi e Tévez tatticamente incompatibili: in nazionale tendono a occupare la stessa parte del campo, col risultato di peggiorare l’uno il lavoro dell’altro.

I più forti (a parte Messi)

Sergio Aguero, detto Kun Aguero
Sergio Aguero

Ha 26 anni, è un attaccante e gioca da tre stagioni nel Manchester City, dopo averne passate cinque all’Atletico Madrid. Pur non giocando spesso, in questa stagione ha segnato comunque 28 gol in 34 presenze tra campionato e coppe. Nel 4-3-3 schierato da Sabella fa spesso l’esterno sinistro nella linea degli attaccanti, ma a volte si è anche ritrovato a destra (solitamente quando il modulo dell’Argentina passa a 4-2-3-1, con due mediani – Gago e Mascherano – davanti alla difesa, e lui e Di Maria rispettivamente a destra e a sinistra). È un giocatore tatticamente molto intelligente, bravo e rapidissimo a prevedere i movimenti dei difensori avversari, e anche potente: è bravo a fare sia la prima punta che la seconda, come gli capitava spesso nell’Atletico Madrid (giocava in attacco con l’uruguaiano Diego Forlán).

Angel Di Maria
Angel Di Maria

Ha 26 anni e gioca nel Real Madrid dal 2010. È uno dei centrocampisti più apprezzati al mondo, da qualche anno a questa parte, perché giocatori come lui non ce ne sono: praticamente Di Maria è un centrocampista esterno veloce e con le qualità di un regista. Del regista ha: i piedi buoni, l’intelligenza tattica e la visione di gioco, motivo per cui i suoi allenatori gli hanno sempre chiesto, e gli chiedono, di fare un po’ di tutto – sviluppare le azioni di attacco, scambiarsi di ruolo con le ali, far circolare il pallone, cambiare fascia, tornare a difendere, saltare l’uomo – e lui fa ugualmente bene tutte queste cose. Non è uno che segna spesso ma è uno di quelli che, senza di lui, la squadra farebbe la metà dei gol: in questa stagione con il Real Madrid, tra partite di campionato e di coppe, ha servito 26 assist in 52 presenze. Praticamente metà dei gol arrivano grazie al lavoro di Di Maria.

Gonzalo Higuaín
FBL-WC-2014-ARG

Ha 26 anni anche lui ed è, da almeno da un anno, un giocatore molto noto in Italia: è l’attaccante titolare del Napoli, che lo ha acquistato al termine della stagione 2012-2013 dal Real Madrid, dove lui – a causa di una certa abbondanza di attaccanti nel Real – era diventato di fatto una riserva, nonostante tutti gli abbiano sempre riconosciuto un certo talento. Higuaín rientra in quel genere di attaccante da più di 20 gol a stagione che sono anche molto bravi tecnicamente, e non soltanto a trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Nel Napoli è sembrato integrarsi perfettamente, e da subito, nel modulo di gioco scelto dall’allenatore Rafael Benítez: in questa stagione ha giocato moltissimo e ha segnato 24 gol in 46 presenze. Fa la punta centrale sia nel Napoli che nella nazionale argentina, ma non proprio allo stesso modo: nell’Argentina – insieme a Messi e Aguero – forma un attacco a tre devastante non soltanto per i gol che fa lui, ma anche per quelli che fa fare agli altri allargandosi e richiamando su di sé la marcatura di uno o due difensori avversari (tutto quello che serve a Messi: un corridoio per accentrarsi e tirare).

Il punto debole
Come già capitato altre volte, nella storia recente e meno recente dell’Argentina, ci sono grandi giocatori sulla trequarti e in attacco, e praticamente nessun giocatore altrettanto buono in difesa. Durante le fasi di qualificazione – in cui, come detto, l’Argentina è riuscita a segnare 35 gol, più di due a partita – la difesa ha subito 15 gol, praticamente una media di uno a partita. L’unico giocatore discreto o quantomeno duttile tatticamente – e pure riguardo a lui in molti sono scettici e critici – è il 30enne Javier Mascherano, che nel Barcellona ormai fa il difensore centrale, e nell’Argentina fa il mediano, il ruolo che ha ricoperto più spesso nella sua carriera sportiva. Per il resto, il reparto difensivo dell’Argentina è formato da diversi giocatori che non sono titolari nelle loro squadre di club, e già questo la dice lunga.

I centrali titolari sono Ezequiel Garay del Benfica e Federico Fernández del Napoli, o altrimenti Martín Demichelis del Manchester City, quello che nella finale di Champions League del 2010 giocava per il Bayern Monaco e doveva (ehm) marcare Milito dell’Inter. Il terzino destro è un altro del City, ma in questo caso è buono: Pablo Zabaleta, uno che all’occorrenza può anche fare da ala destra. Il terzino sinistro non è un granché: Marcos Rojo dello Sporting Lisbona. Ad ogni modo il guaio serio sono i portieri: Sergio Romero dovrebbe essere il titolare, e nella sua squadra di club, il Monaco, non lo è. Il secondo portiere è Mariano Andújar del Catania, in comproprietà con il Napoli: neppure lui può essere considerato un titolare. Insomma, per trovare un portiere che durante l’anno giochi con una certa regolarità, bisogna arrivare al terzo portiere: Agustin Orion, titolare nel Boca Juniors ma portiere piuttosto modesto.

Speranze
Sulla qualificazione agli ottavi non ci sono grandi dubbi: Nigeria, Iran e Bosnia ed Erzegovina non hanno difese in grado di resistere a lungo all’attacco dell’Argentina. Anche il passaggio degli ottavi sembra piuttosto probabile, guardando l’incrocio con il girone E (Svizzera, Ecuador, Francia, Honduras): nessuna squadra di quel gruppo, neppure la Francia, è teoricamente al livello dell’Argentina. Da lì in avanti le cose potrebbero complicarsi, sostanzialmente per due motivi: perché l’Argentina comincerebbe ad affrontare squadre molto forti in attacco – ampiamente in grado di fare gol alla sua difesa – o comunque squadre molto ben organizzate tatticamente, in grado di impedire che arrivino troppi palloni dalle parti di Messi e Di Maria.

Foto: copertina (AP Photo/Natacha Pisarenko), Messi (Ronald Martinez/Getty Images), Aguero (AP Photo/Jeff Roberson), Di Maria (AP Photo/Natacha Pisarenko), Higuain (JUAN MABROMATA,ALEJANDRO PAGNI/AFP/Getty Images)

Il Post pubblica un articolo al giorno dedicato a ciascuna delle squadre che partecipano ai Mondiali. L’archivio degli articoli precedenti di questa serie lo trovate qui.