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  • Venerdì 13 giugno 2014

L’Uruguay ai Mondiali

Ventisettesima puntata della guida del Post: una squadra forte ed esperta nel girone dell'Italia, che però inizierà il torneo senza il suo miglior giocatore

From left to right, Uruguay's players Diego Godin, Diego Forlan, Edinson Cavani, Christian Rodriguez watch Uruguay's President Jose Mujica leaving the field, before a friendly soccer match in Montevideo, Uruguay, Wednesday, June 4, 2014. (AP Photo/Matilde Campodonico)
From left to right, Uruguay's players Diego Godin, Diego Forlan, Edinson Cavani, Christian Rodriguez watch Uruguay's President Jose Mujica leaving the field, before a friendly soccer match in Montevideo, Uruguay, Wednesday, June 4, 2014. (AP Photo/Matilde Campodonico)

L’Uruguay, insieme all’Italia e all’Inghilterra, è una delle tre squadre che hanno indotto molti commentatori a considerare il gruppo D tra i più complicati di tutto il Mondiale, e a sostenere che la quarta squadra di questo gruppo – il Costa Rica – sia praticamente spacciata, almeno sulla carta. Dato il sostanziale equilibrio tra Uruguay, Inghilterra e Italia, non è escluso che gli incroci tra queste tre squadre finiscano in pareggio, e quindi – per passare la fase a gironi – potrebbe diventare importantissimo per loro cercare di migliorare il più possibile la propria differenza reti, segnando molti gol senza subirne proprio contro la più scarsa del gruppo (in casi di arrivo a pari punti in classifica si considera la differenza reti e poi il numero di gol segnati).

L’Uruguay sarà proprio la prima squadra ad affrontare il Costa Rica, sabato 14 alle 21, e – in caso di vittoria con un largo margine di gol – potrà poi affrontare la partita successiva contro l’Inghilterra con la relativa sicurezza di riuscire comunque a mantenere il primo o il secondo posto anche in caso di sconfitta (a meno che non perda rovinosamente), e poi giocarsi tutto contro l’Italia nell’ultima giornata della fase a gironi, martedì 24 alle 18.

La nazionale uruguaiana, oggi
Per quanto possa apparire incredibile guardando la nazionale di oggi, l’Uruguay è stata per molto tempo una delle squadre di calcio più forti al mondo: tra le uniche otto ad aver vinto almeno un Mondiale e tra le cinque ad averne vinti addirittura due. Ospitò e vinse la prima edizione in assoluto, nel 1930, e rovinò la giornata di milioni di brasiliani il 16 luglio 1950, vincendo il suo secondo Mondiale in Brasile e in modo piuttosto inatteso. Il rapporto tra i giocatori della nazionale di oggi e la grande ma lontanissima tradizione di vittorie della prima metà del secolo scorso è sintetizzato efficacemente da una bella immagine utilizzata da Emiliano Battazzi in un articolo sull’Ultimo Uomo: “La Nazionale uruguaiana deve sentirsi come il pronipote di un grande eroe di guerra a un raduno di nostalgici: l’attendono tutti con ansia, ammirazione e anche un po’ di timore, ma il protagonista non sa neppure troppo bene perché, o ne ha un ricordo molto vago”.

Da decenni l’Uruguay non è più tra le nazionali favorite per la vittoria del Mondiale: negli ultimi vent’anni si è qualificato soltanto in due occasioni, nel 2002, quando fu eliminato al primo turno, e nel 2010, quando raggiunse sorprendentemente le semifinali e poi perse contro l’Olanda, e poi contro la Germania nella finale per il terzo posto. Da lì in avanti, però, è tornata a essere considerata un’ottima squadra.

Come si qualificato, a questo giro
A questo Mondiale l’Uruguay si è qualificato con qualche difficoltà: nel mega-girone della CONMEBOL – la confederazione sudamericana – si è classificato al quinto posto, dietro ad Argentina, Colombia, Cile ed Ecuador, e ha quindi dovuto giocare nel novembre scorso uno spareggio inter-zona contro la quinta della confederazione asiatica, la Giordania, che è una squadra molto scarsa (all’andata finì 5-0 per l’Uruguay, al ritorno – in Uruguay – finì 0-0). Nel corso del lungo torneo di qualificazione al Mondiale l’Uruguay ha mostrato piuttosto chiaramente uno dei suoi limiti principali, la difesa e il portiere, Fernando Muslera, uno che ha giocato a lungo nella Lazio (è migliorato parecchio da allora, ma non è diventato un gran portiere). In 16 partite del girone di qualificazione l’Uruguay ha subito 25 gol, lo stesso numero dei gol segnati.

Che squadra è
Dopo una sostanziale assenza di buoni risultati lunga più di trent’anni, la nazionale uruguaiana è tornata su buoni livelli a cominciare dalla scorsa edizione del Mondiale in Sudafrica, e da allora non ha cambiato molto il suo tipo di gioco, sebbene alcuni giocatori tatticamente utilissimi – come il 35enne Diego Forlán – non siano più dei ragazzini. Dopo quel quarto posto al Mondiale, ha vinto la Coppa America nel 2011, eliminando l’Argentina nei quarti, ai calci di rigore, e battendo il Paraguay in finale 3-0. Giocò poi contro l’Italia nella finale per il terzo e quarto posto della Confederations Cup, nel 2013, e perse ai rigori dopo aver pareggiato 2-2 alla fine dei tempi regolamentari e supplementari.

L’Uruguay ha sostanzialmente due grandi punti di forza: il fatto che gioca più o meno allo stesso modo da diversi anni, utilizzano schemi diversi ma tutti ampiamente collaudati e ormai noti ai giocatori; e soprattutto ha un attaccante di 27 anni, fortissimo, che in questa stagione ha segnato 31 gol in 33 partite di campionato: Luis Suárez. La brutta notizia è che tre settimane prima dell’inizio del Mondiale Suárez si è operato al menisco per risolvere un infortunio che gli stava dando problemi da qualche tempo e che rischiava di aggravarsi: è stato comunque convocato perché tutti ritengono che riuscirà a recuperare in tempo per giocare già dalla terza partita della fase a gironi, proprio contro l’Italia, e magari già contro l’Inghilterra.

L’allenatore
La nazionale uruguaiana è allenata da Óscar Tabárez, uno che fa l’allenatore da più di trent’anni e che per qualche stagione negli anni Novanta lo fece anche in Italia, al Cagliari e al Milan, con cui però non ottenne particolari successi; ottenne comunque una certa popolarità mediatica perché non è un tipo banale e non dice banalità. È un personaggio molto apprezzato e molto popolare nel suo paese, ma non allenava da circa quattro anni quando nel 2006 fu scelto dalla Federazione uruguaiana per diventare il commissario tecnico della nazionale, che peraltro aveva già allenato brevemente alla fine degli anni Ottanta.

Oscar Tabarez

Una parte dei meriti per i buoni risultati ottenuti dall’Uruguay in tempi recenti va attribuita anche a lui, che ha saputo ben disporre in campo i giocatori di cui dispone, e cioè principalmente calciatori molto veloci sulle fasce e mediani bravi a rubare palla agli avversari, e due grandi attaccanti, Luis Suárez e Edinson Cavani. Manca un regista, per esempio, e anche centrocampisti centrali particolarmente bravi a costruire le azioni e a servire il pallone agli attaccanti. Quindi durante le partite capita spesso che la squadra si “allunghi” parecchio, cioè che si creino spazi molto ampi tra i difensori e mediani, molto indietro, e gli attaccanti, che non tornano così spesso a dare una mano in difesa. La soluzione è stata per molto tempo, e in parte lo è ancora adesso, schierare in posizione molto arretrata il calciatore più creativo e quello con maggiore visione di gioco, Diego Forlán, che teoricamente è un attaccante.

Fermi tutti: gioca ancora Forlán?
Altroché. Da quando Tabárez, nelle ultime amichevoli, ha dovuto fare a meno di Suárez, si è capito che l’Uruguay non può fare a meno di un giocatore tatticamente versatile e tecnicamente dotato come Forlán. Che però ha 35 anni, e durante l’anno gioca nel Cerezo Osaka, una squadra del campionato giapponese: il fatto che nell’Uruguay sia ancora un quasi-titolare la dice lunga sull’assenza di alternative più giovani e più forti in quel ruolo.

Diego Forlan

Probabilmente Diego Forlán è stato uno dei giocatori più forti della storia recente dell’Atletico Madrid, con cui ha giocato quattro stagioni – dal 2007 al 2011 – segnando 96 gol in 198 presenze, e servendo 31 assist, che è quello che gli viene richiesto principalmente di fare in nazionale, appunto. Ha giocato anche per una stagione in Italia, all’Inter, ma capitò in un momento sbagliato, diciamo (sostanzialmente non fu mai considerato titolare, in nessuna delle formazioni dei tre diversi allenatori che si succedettero in quella complicatissima stagione). Nella nazionale uruguaiana Forlán è ancora oggi una specie di giocatore jolly, e probabilmente lo vedremo in campo spesso anche a questo giro, almeno finché non rientra Suárez, e forse anche dopo: può giocare da esterno sinistro in un tridente di attacco, da seconda punta in un attacco a due, o all’occorrenza persino da trequartista dietro due attaccanti.

I più forti

Luis Suárez
Luis Suarez

Ha 27 anni ed è oggi ritenuto uno dei più forti attaccanti al mondo. Da due stagioni gioca in Inghilterra, nel Liverpool, in una formazione completamente diversa da quella dell’Uruguay (nel Liverpool attaccano in tanti, nell’Uruguay solo lui e Cavani, in pratica). Di Suárez, e del suo straordinario talento nel fare gol in tutti i modi, si è già detto e scritto parecchio. Sintenticamente si può osservare che è quel genere di attaccante rarissimo che sa fare il tipo di gol di grande tempismo e “di rapina” – quelli che segnava regolarmente Pippo Inzaghi, per capirci – e sa fare anche il tipo di gol che invece richiedono molta più creatività, potenza e imprevedibilità – quelli che segna regolarmente Zlatan Ibrahimović, per capirci anche su questi. Di un esempio del primo tipo di gol scrisse approfonditamente James Parker in un articolo pubblicato su Slate, ed è un gol che Suárez segnò a gennaio scorso in una partita di campionato contro lo Stoke City.

La palla colpisce terra e ha un gran rimbalzo; Suarez scatta in avanti; il difensore dello Stoke Marc Wilson si erge come un fagiano spaventato e cerca di colpire la palla di testa indirizzandola verso il portiere, Jack Butland. Ma il colpo è troppo debole e il retropassaggio è troppo corto; la palla vaga, Suarez si agita freneticamente alle spalle di Wilson, alza lo sguardo e ha già la bava da gol alla bocca. Arriva lo spezza-gambe dello Stoke, Ryan Shawcross, ma il suo tentativo di spazzare la palla lontano dal Suarez presente si trasforma in un assist al Suarez che vive due secondi nel futuro, che sfugge a un incerto abbraccio di Shawcross e – con il suo primo tocco in tutta l’azione – fa scivolare la palla sotto la gamba sinistra di Butland.

Al secondo tipo di gol, invece, appartiene uno dei quattro che Suárez segnò contro il Norwich a dicembre scorso, in una partita di campionato vinta dal Liverpool 5-1. E qui c’è poco da raccontare.

Edinson Cavani
Edinson Cavani

Ha 27 anni anche lui ed è un attaccante molto noto in Italia perché a lungo è stato uno dei due o tre più forti tra tutti quelli del campionato di Serie A, in cui ha giocato con la maglia del Palermo, dal 2007 al 2010, e del Napoli, dal 2010 al 2013. In entrambi i casi ha sempre segnato tantissimi gol, finendo per diventare un punto di riferimento per tutta la squadra, con tutti i vantaggi e gli svantaggi tecnici che questo comporta. Non è così né nell’Uruguay, dove è affiancato da attaccanti forti quanto e più di lui, né nel Paris Saint-Germain, la squadra per cui gioca dall’estate scorsa e che quest’anno ha vinto il campionato francese per la seconda volta consecutiva, e che in attacco ha Zlatan Ibrahimović, l’unico attaccante insostituibile della squadra.

Cavani è una prima punta capace di giocare sia al centro che sugli esterni, che nell’Uruguay fa un lavoro fondamentale: poiché spesso, come detto, si crea molto spazio tra la difesa e l’attacco, capita che sia lui a dover ricevere alcuni passaggi molto lunghi, difendere il possesso palla con le spalle alla porta, e cercare di far risalire la squadra e quindi “accorciarla”. Quando poi le cose girano, e gli esterni di centrocampo arrivano sul fondo per crossare, diventa fondamentale con i colpi di testa.

Speranze
L’Uruguay ha una certa esperienza in questo genere di tornei, ed è tradizionalmente una squadra che gioca molto meglio nelle tre o quattro settimane che contano, piuttosto che nelle lunghissime fasi di qualificazione. Sebbene abbia altri giocatori in grado di creare difficoltà alle squadre avversarie, gran parte delle speranze per questo Mondiale dipendono dai tempi e dalle modalità di recupero di Suárez, che – nella migliore delle ipotesi – tornerà comunque in campo dopo più di un mese di totale inattività. Nella sfortuna di aver perso il suo miglior giocatore proprio per l’inizio del Mondiale, il fatto di giocare la prima partita contro il Costa Rica, un avversario molto scarso, è comunque una fortuna per l’Uruguay, che vincendo potrebbe poi affrontare da probabile prima in classifica l’Inghilterra, forse già con Suárez di nuovo disponibile.

Foto: copertina (AP Photo/Matilde Campodonico), Tabárez (AP Photo/Bruno Magalhaes), Forlán (AP Photo/Bruno Magalhaes), Suárez (AP Photo/Bruno Magalhaes), Cavani (Friedemann Vogel/Getty Images)

Il Post pubblica un articolo al giorno dedicato a ciascuna delle squadre che partecipano ai Mondiali. L’archivio degli articoli precedenti di questa serie lo trovate qui.