Sette belle canzoni di Ray Charles

Da riascoltare oggi che sono passati dieci anni dalla sua morte

American soul singer and pianist Ray Charles sings on stage during his first British concert appearance at Finsbury Park, London, England, May 13, 1963. (Photo by Express Newspapers/Getty Images)
American soul singer and pianist Ray Charles sings on stage during his first British concert appearance at Finsbury Park, London, England, May 13, 1963. (Photo by Express Newspapers/Getty Images)

Il 10 giugno 2004, dieci anni fa, è morto Ray Charles, uno che ha cantato canzoni così famose che chiunque ne sa accennare almeno una. E anche chi non conosce bene la sua discografia probabilmente ricorda la celebre e bellissima scena dei Blues Brothers in cui la band va da lui a comprare gli strumenti.
Per chi ha bisogno di un ripasso, e per chi le vuole riascoltare, queste sono le sette canzoni che Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, scelse per il libro Playlist, la musica è cambiata.

Ray Charles
(1930, Albany, Georgia – 2004, Beverly Hills, California)
Tutto quello che c’era da sapere, l’avete visto nel film. È passato da tutti i generi, creando a sua volta il genere Ray Charles, e trasformando in soul e rhythm and blues tutto quello che toccava, soprattutto la musica country. Invecchiando si è andato normalizzando, appalesandosi in duetti, covers e comparsate, ma ormai poteva fare tutto quello che voleva.

I got a woman
(1955)
Da “I got a woman” in poi, Ray Charles fu Ray Charles per il mondo. L’idea venne da un inno religioso, e Charles la buttò giù con il trombettista della sua band Renald Richard (l’assolo di sassofono nella versione definitiva è di Donald Wilkerson). Quando andarono in studio a inciderla, i boss della Atlantic si fregavano già le orecchie. Per alcuni storici del genere, “I got a woman” mescolò per la prima volta gospel e blues e inventò il soul.

Hallelujah I love her so
(Ray Charles, 1957)
Qui si swinga, e si fanno contenti anche i bianchi. L’amata di cui si parla è descritta nella devozione del portare il caffè (“nella mia tazza preferita”), dell’arrivare tempestivamente ogni volta che c’è bisogno, e del garantire la propria fedeltà: pare insomma più una cameriera che un’amante.

What’d I say

(What’d I say, 1959)
For-mi-da-bi-le. Più che un attacco, una meraviglia del mondo. Secondo la leggenda tramandata dallo stesso Charles, alla fine di un concerto a Milwaukee lo avvisarono che doveva suonare ancora dodici minuti. Lui disse alla band e alle coriste “venitemi dietro”, e gli uscì questa roba spettacolare. 
Quando fu questione di registrarla, tutti quei mugolii (ispirati dalle formule botta e risposta del gospel) impensierirono la casa discografica che nicchiò, ma una versione ripresa da una radio di Atlanta cominciò a circolare e la frittata fu fatta: i discografici si convinsero, e il pezzo fece sfracelli.

Georgia on my mind

(Genius hits the road, 1960)
Era un classico degli anni Trenta, scritto da Stuart Gorrell e Hoagy Carmichael (quello di “Stardust”), divenuto l’inno ufficiale dello stato malgrado la Georgia originale fosse la sorella dell’autore. Fu la versione di Ray Charles ad alludere definitivamente alla Georgia natìa, e a lasciare nel dimenticatoio la povera Georgia Carmichael.

You don’t know me
(Modern sounds in country and western music, 1962)
Modern sounds in country and western music è uno dei più bei titoli di disco di tutti tempi. Didascalico, roboante e sobrio assieme, raccontava del desiderio di Charles di cantare a modo suo alcuni standard country. Il disco ebbe un successo clamoroso e diede l’esempio a decine di artisti soul che da allora avrebbero trattato il country come repertorio privilegiato. “You don’t know me” era stata scritta da Cindy Walker ed Eddy Arnold nel 1955, ed è la canzone d’amore di Ricomincio da capo.

I can’t stop loving you
(Modern sounds in country and western music, 1962)
La canzone più celebre e immortale di Modern sounds in country and western music, con questo suo andamento natalizio, era stata scritta da Don Gibson, che l’aveva registrata il 30 dicembre 1957, appunto.

Born to lose
(Modern sounds in country and western music, 1962)
Questa aveva addirittura vent’anni quando Ray Charles la fece sua, ma il tema è eterno: sono-uno-sfigato, me-la-sono-lasciata-scappare. Ne esiste anche una bella versione di Johnny Cash.

Una foto di Ray Charles scattata nel 1963 (Express Newspapers/Getty Images)