E dopo le Elezioni Europee cosa succede?

Come si forma la Commissione europea? Chi sarà il presidente? Cosa faranno? Piccola guida alle istituzioni dell'UE e alle più importanti nomine che si decideranno presto

Members of the European Parliament vote during a plenary session at the European Parliament, on March 12, 2014 in Strasbourg, eastern France. AFP PHOTO/FREDERICK FLORIN (Photo credit should read FREDERICK FLORIN/AFP/Getty Images)
Members of the European Parliament vote during a plenary session at the European Parliament, on March 12, 2014 in Strasbourg, eastern France. AFP PHOTO/FREDERICK FLORIN (Photo credit should read FREDERICK FLORIN/AFP/Getty Images)

Dal 22 al 25 maggio i 28 stati membri dell’UE, compresa l’Italia, hanno votato per il rinnovo del Parlamento europeo, l’unica istituzione europea a essere eletta direttamente dai cittadini.
Dopo il voto sono iniziate anche le trattative per decidere diverse nomine, a partire da quella del presidente della Commissione, e le trattative per la formazione dei nuovi equilibri (cioè dei gruppi politici) all’interno del Parlamento. Ma chi andrà dove e a fare cosa?

Prima cosa importante da sapere: le principali istituzioni dell’UE sono il Parlamento, il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell’UE, la Banca centrale europea e la Corte dei conti. Ci sono poi vari organismi e comitati.

Il Parlamento europeo
Il Parlamento europeo, insieme con il Consiglio, esercita parte del potere legislativo e cioè approva o modifica le proposte presentate dalla Commissione. Controlla inoltre l’operato della Commissione e adotta il bilancio dell’Unione Europea.

Il Parlamento è l’unica istituzione dell’UE eletta direttamente dai cittadini ed è una delle più grandi assemblee democratiche del mondo. I membri del Parlamento europeo uscente sono 766 perché ai 736 precedenti nel luglio del 2013 si è aggiunta la Croazia, che aveva bisogno quindi di essere rappresentata nell’assemblea. Il numero totale dei seggi (assegnati in base al principio della “proporzionalità decrescente”: i paesi con più abitanti hanno più seggi rispetto a quelli meno popolosi) è stato riorganizzato a 751 dalla legislatura imminente.

Una volta eletti, i deputati si organizzano in base alla loro vicinanza politica e costituiscono una serie di gruppi che devono essere composti da un numero minimo di 25 deputati e rappresentare almeno un quarto degli Stati membri (i paesi sono 28 e servono dunque 7 delegazioni nazionali). Un deputato non può aderire a più gruppi politici. Quando un gruppo politico è costituito, il presidente del Parlamento deve essere informato del suo nome e della sua composizione. Ogni gruppo è responsabile della propria organizzazione interna, nomina uno o più co-presidenti, un ufficio di presidenza e un segretariato. I gruppi politici hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dell’agenda del Parlamento: scelgono il presidente, i vicepresidenti, i presidenti delle commissioni e i relatori, e anche il tempo di parola durante i dibattiti. Attualmente esistono sette gruppi politici:

– Gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano)
– Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo
– Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa
– Gruppo Verde/Alleanza libera europea
– Conservatori e Riformisti europei
– Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica
– Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia

L’attività dei deputati europei si svolge a Bruxelles (dove partecipano alle riunioni delle commissioni parlamentari e dei gruppi politici), a Strasburgo (dove partecipano alle sedute plenarie) e nelle rispettive circoscrizioni elettorali.

Il presidente del Parlamento europeo (attualmente è Martin Schulz del PSE) rappresenta il Parlamento all’esterno, dirige l’insieme delle attività del Parlamento stesso e con la sua firma rende esecutivo il bilancio dell’Unione Europea. Le candidature per la presidenza del Parlamento vengono solitamente presentate all’assemblea in base a un accordo tra i due maggiori gruppi politici del Parlamento – che saranno PPE e PSE anche a questo giro – e questo permette anche che il presidente del Parlamento venga eletto con maggioranze molto ampie. L’assemblea vota a scrutinio segreto e il candidato che ha raccolto la maggioranza assoluta dei voti viene eletto presidente. Il mandato dura due anni e mezzo, per cui in ogni legislatura del Parlamento europeo si alternano due presidenti.

Il Consiglio europeo
Il Consiglio europeo stabilisce le linee politiche e le priorità dell’Unione Europea. Non esercita funzioni legislative ed è composto dai capi di Stato o di governo dei paesi membri; attenzione, quindi: non c’entra più il risultato delle elezioni europee. L’attuale presidente è Herman Van Rompuy. Si riunisce circa quattro volte all’anno su convocazione del presidente che può anche decidere delle riunioni straordinarie. Il Consiglio europeo venne creato nel 1974 come sede informale di discussione tra i vari capi di stato o di governo. Uno status formale gli è stato conferito dal trattato di Maastricht nel 1992 e dal dicembre 2009, con il trattato di Lisbona, è diventato una delle sette istituzioni dell’Unione. Non va confuso con il Consiglio d’Europa che non è un organo dell’UE.

Il Consiglio (o Consiglio dell’UE)
Il Consiglio rappresenta i governi degli stati membri ed è il luogo dove i ministri provenienti da ciascun paese dell’UE si riuniscono per adottare leggi e coordinare le politiche. Ha quindi, con il Parlamento, funzione legislativa. Si riunisce in 10 diverse “formazioni” a seconda dell’argomento da discutere. I membri del Consiglio non sono dunque sempre gli stessi, dato che la composizione delle riunioni del Consiglio varia a seconda delle materie: per esempio, i ministri dell’economia e delle finanze si riuniscono una volta al mese nell’ambito del Consiglio che si occupa delle questioni economiche e finanziarie, il cosiddetto “ECOFIN”.

Oltre all’ECOFIN, le altre formazioni sono: Affari generali, Affari esteri, Giustizia e affari interni (GAI), Occupazione, Politica sociale, Salute e Consumatori (EPSCO), Competitività (mercato interno, industria, ricerca e spazio), Trasporti, Telecomunicazioni ed Energia (TTE), Agricoltura e pesca, Ambiente, Istruzione, gioventù, cultura e sport. La presidenza del Consiglio dell’UE è assunta a rotazione da ciascuno stato membro ogni sei mesi (attualmente spetta alla Grecia, tra poco toccherà all’Italia).

La Commissione europea
La Commissione europea è l’organo esecutivo dell’UE, rappresenta gli interessi dell’Europa nel suo insieme e propone al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione Europea la legislazione da adottare. Svolge anche attività di vigilanza sulla corretta applicazione del diritto dell’UE da parte dei paesi membri. Può essere insomma considerata il governo dell’UE. La sede principale della Commissione è a Bruxelles, ma alcuni uffici sono in Lussemburgo: è inoltre presente in tutti i paesi membri dell’UE con le cosiddette “rappresentanze”. Si riunisce una volta la settimana (generalmente il mercoledì).

Fino al primo novembre 2014, la commissione sarà composta da 28 commissari, uno per ciascun paese, scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo direttamente dal presidente della Commissione tra i candidati presentati da ciascun paese. I commissari non rappresentano lo stato da cui provengono, ma l’Unione: per questo motivo la Commissione viene definita come “organo di individui” a differenza del Consiglio che è un “organo di Stati”. Dal primo novembre 2014, la Commissione dovrebbe essere però composta da un numero di membri corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri scelti in base ad un sistema di rotazione, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, non decida di modificare il numero.

Attualmente il presidente della Commissione è il portoghese José Manuel Barroso, di centrodestra, che ha assunto la carica nel novembre del 2004 e che è stato riconfermato per un secondo mandato nel febbraio 2010. Il presidente della Commissione europea non è eletto direttamente. L’elezione spetta al Parlamento europeo e avviene sulla base delle indicazioni del Consiglio europeo: secondo le nuove regole stabilite dal Trattato di Lisbona, il tutto deve avvenire tenendo in considerazione il risultato delle elezioni europee. Questa condizione ha fatto sì che alle scorse europee diversi partiti abbiano deciso di indicare esplicitamente il candidato che avrebbero voluto poi eleggere alla presidenza della Commissione europea.

Il presidente della Commissione in un certo senso può essere considerato il capo di governo dell’Europa e ha una posizione di supremazia all’interno dell’istituzione. Poiché controlla l’agenda politica della Commissione e poiché la Commissione è sia organo esecutivo che promotrice del processo legislativo, il presidente della Commissione è in assoluto una delle persone più influenti e potenti all’interno dell’Unione Europea. I poteri e le funzioni del presidente della Commissione europea sono indicate dall’articolo 17, comma 6 del Trattato sull’Unione Europea:

« Il presidente della Commissione: definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi compiti; decide l’organizzazione interna della Commissione per assicurare la coerenza, l’efficacia e la collegialità della sua azione; nomina i vicepresidenti, fatta eccezione per l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, tra i membri della Commissione. Un membro della Commissione rassegna le dimissioni se il presidente glielo chiede»

E quindi?
Una delle nomine più importanti – ma ce ne sono molte altre e circolano anche diversi nomi di politici italiani – riguarda quindi la presidenza della Commissione. Martedì 27 maggio i lea­der dei vari paesi europei si sono riuniti a Bruxelles per un Con­si­glio infor­male: hanno discusso i risultati delle elezioni e cercato di capire come questi influenzeranno l’elezione del Presidente della Commissione europea. Hanno anche incaricato il pre­si­dente del Con­si­glio UE Herman Van Rompuy di media­re fra il Con­si­glio stesso e il Par­la­mento per «trovare un nome». Ma non sarà semplice.

Per la prima volta i partiti politici europei hanno presentato i loro candidati alla presidenza della Commissione europea, l’organo esecutivo dell’UE, e cioè: per il Partito Popolare Europeo Jean-Claude Juncker, per il Partito del Socialismo Europeo Martin Schulz, per l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa + Partito Democratico Europeo Guy Verhofstadt, per i Verdi Ska Keller e José Bové, per il Partito della Sinistra Europea Alexis Tsipras. In base ai trattati l’incarico della presidenza dovrebbe essere affidato «tenendo conto del risul­tato delle ele­zioni», e dunque spetterebbe a Jean-Claude Junc­ker, per­ché i popo­lari hanno ottenuto la mag­gio­ranza rela­tiva a Stra­sburgo (214 seggi su 751).

La sua elezione non è però così scontata. Sebbene si sarebbe dovuto semplicemente “prendere atto” dei risultati delle elezioni e appoggiare Juncker, nella pratica molti paesi non sono d’accordo: ci sono per esempio i pareri contrari del premier britannico David Cameron e del premier ungherese Viktor Orbàn, e tutte le altre nomine europee (quella per esempio del presidente del Parlamento, del presidente e della composizione della Commissione) andranno bilanciate con quella del presidente della Commissione. «Se i Popolari ottengono la presidenza dell’esecutivo comunitario, i Socialisti vorranno probabilmente una compensazione seria. In questo frangente l’Italia può far valere le sue ragioni», scrive per esempio il Sole 24 Ore citando un diplomatico. Sempre per quanto riguarda la presidenza della Commissione, i socialisti (che hanno ottenuto 190 seggi) potrebbero sperare di nominare Martin Schulz facendo un accordo con le altre forze.

I candidati che alla fine delle trattative e delle consultazioni saranno nominati dovranno cercare il sostegno dei gruppi politici del Parlamento, che dovrebbe votare per approvare o meno il candidato del Consiglio durante la seduta plenaria del 14-17 luglio. Per ottenere la nomina del Parlamento europeo, più della metà dei deputati dovrà votare a favore.

Prima di tutto questo, dunque, l’elemento che va considerato (e che si deciderà nei prossimi giorni) è la possibilità dei nuovi gruppi politici che dovranno formarsi prima della prima plenaria, che inizierà l’1 luglio e durante la quale si sceglieranno anche il nuovo Presidente del Parlamento e i vicepresidenti. I risultati delle europee 2014 hanno portato ad una maggiore presenza di partiti euroscettici, che hanno fatto leva soprattutto sui temi dell’economia durante la campagna elettorale, sfruttando il malcontento per le misure di austerità. Proprio per questo, sono in corso trattative per la formazione di nuovi equilibri all’interno del Parlamento, e cioè di nuovi gruppi.

Il primo nuovo gruppo potrebbe vedere la partecipazione del Movimento 5 Stelle per l’Italia e l’UKIP di Nigel Farage per il Regno Unito. Grillo e Farage si sono incontrati a Bruxelles ieri pomeriggio e in serata sul blog del M5S è stata pubblicata una nota in cui si legge: «In una mossa che dovrebbe incu­tere timore ai buro­crati di Bru­xel­les, entrambi i lea­der hanno con­ve­nuto di iniziare imme­dia­ta­mente le discus­sioni al fine di for­mare un nuovo gruppo ed entrambi sono con­vinti dell’importanza della demo­cra­zia diretta in Europa per rag­giun­gere il cam­bia­mento».

(La foto della riunione tra Beppe Grillo e Nigel Farage)

L’altra novità potrebbe essere rappresentata da Marine Le Pen, che sta cercando a sua volta di for­ma­re un gruppo alternativo di estrema destra al Parlamento. Con lei ci sono per ora i rappresen­tanti di altre quat­tro forze cosiddette “euroscettiche”: Mat­teo Sal­vini per la Lega Nord in Italia, Geert Wil­ders per il Par­tito per la libertà olan­dese, gli eletti del Vlaams Belang fia­mingo e i libe­ral­na­zio­nali austriaci. Per arri­vare alla soglia delle sette dele­ga­zioni nazio­nali richie­ste ne mancano ancora due, ma Le Pen dice di potercela fare e ha detto che «è fuori discus­sione che for­me­remo il nostro gruppo». Potrebbe raccogliere le adesioni dei Demo­cra­tici Sve­desi, del Con­gresso della nuova destra polacca e dei lituani di Ordine e giu­sti­zia.