I deputati durante la discussione sull’arresto di Genovese alla Camera

«I più erano impegnati a spedire sms o a giocare a QuizDuello», dice Mattia Feltri

Manlio Di Stefano, M5S. (Roberto Monaldo / LaPresse)
Manlio Di Stefano, M5S. (Roberto Monaldo / LaPresse)

Mattia Feltri ha raccontato sulla Stampa la giornata parlamentare di giovedì 15 maggio che si è conclusa con l’autorizzazione da parte della Camera all’arresto di Francantonio Genovese, deputato messinese del Partito Democratico e candidato più votato alle primarie dei parlamentari del 2012, accusato da marzo di una serie di reati che vanno dall’associazione a delinquere al peculato, dalla truffa al riciclaggio al falso in bilancio. «L’emiciclo non era proprio gremitissimo, soprattutto dalle parti del centrodestra. Quelli presenti maneggiavano l’iPad o leggevano sul computer o chiacchieravano col vicino producendo il brusio annoiato di sottofondo», scrive Feltri. E prosegue:

Ci si è un po’ scossi – la sfida sembrava quasi vera – soltanto quando hanno preso la parola i deputati a cinque stelle, i quali si erano allenati per una partita ormai sospesa. La sceneggiatura prevedeva infatti un teatrale attacco al Pd temporeggiatore o addirittura correo. Ed era paradossale la scena dei grillini con l’indice tremante di rabbia e puntato contro il gruppo democratico, sebbene votassero allo stesso modo. Il cittadino Francesco D’Uva ha proposto considerazioni giuridicamente non raffinatissime («le manette ai polsi di Genovese sono niente in confronto alle manette messe per anni ai polsi del popolo siciliano»), eguagliato dal compagno di banco Alessio Villarosa («Ho cercato lavoro fuori dalla Sicilia perché le risorse sono sempre finite nelle mani sbagliate»). Ed è stato il medesimo Villarosa a regalare un po’ di focosa spontaneità a un pomeriggio deprimente, quando ha suggerito di vergognarsi a «voi che alla Camera avete intitolato una biblioteca a Paolo Borsellino».

A sinistra è stata tumultuosa rivolta: si è gridato buffone, pagliaccio e bugiardo. Anna Rossomando (Pd) ha scatenato i suoi dicendo che il partito di Pio La Torre non accettava lezioni. Rosi Bindi ha aggiunto che nessuno dovrebbe appropriarsi dei nomi di Falcone e Borsellino, sebbene altri lo abbiano fatto per vent’anni, anche nei partiti in cui ha militato la Bindi. Di colpo si era avverata la profezia pronunciata pochi minuti prima da Maurizio Bianconi (FI): «Chi porta la ghigliottina in piazza troverà sempre uno che è più Robespierre di lui». Peccato non lo ascoltasse nessuno. I più erano impegnati a spedire sms o a giocare a QuizDuello. La Rossomando ha ufficialmente annunciato che il Pd era per la prigione. Era la fine dell’intervento: è scattato un applauso automatico e raggelante. Risultato finale: 371 a 39. Dai banchi del M5S hanno festeggiato incrociando le braccia a mimare gli schiavettoni.