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  • Domenica 11 maggio 2014

Foto e storie dalla Repubblica Democratica del Congo

Il progetto “Congotales” racconta con immagini, infografiche e video moltissime cose di uno dei posti più instabili del mondo

Un gruppo di ribelli M23 (ora ufficialmente non più operativi). Nella Repubblica Democratica del Congo ci sono comunque altri 40 gruppi armati che continuano a essere attivi.
(Giampaolo Musumeci)
Un gruppo di ribelli M23 (ora ufficialmente non più operativi). Nella Repubblica Democratica del Congo ci sono comunque altri 40 gruppi armati che continuano a essere attivi. (Giampaolo Musumeci)

Fin dalla fine del 2012 nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) vanno avanti più o meno regolarmente combattimenti tra ribelli e forze armate governative: la guerriglia ha costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case e ha coinvolto anche i paesi vicini, in particolare Uganda e Ruanda, accusati dal governo della RDC di appoggiare i ribelli. “Congotales” è un progetto ideato da Katia Marinelli e dal fotoreporter Giampaolo Musumeci: raccoglie articoli interattivi – fotografie, filmati, mappe e infografiche – che cercano di spiegare la complessa situazione nella RDC, anche attraverso i racconti diretti di persone costrette a vivere quotidianamente l’esperienza della guerra o dello sfruttamento del lavoro.

Tutto l’ultimo secolo di storia della RDC è stato condizionato da guerre, carestie e razzie compiute contro la popolazione, determinate sia da ragioni di appartenenza etnica che dalla lotta per lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio. Con il risultato che ancora oggi, a distanza di diciotto anni dalla Prima guerra del Congo, nel 1996, le violenze fanno parte quasi della “normalità”, e i profughi sono in continuo aumento. La situazione non sembra essere migliorata troppo nemmeno dopo la sconfitta lo scorso novembre del “Movimento per il 23 marzo” (M23), il gruppo ribelle guidato da Sultani Makenga (oltre all’M23 ci sono decine di altri gruppi ribelli).

Il sito di “Congotales” racconta moltissime storie diverse: in una, per esempio, viene raccontata l’esperienza del lavoro a Rubaya, un villaggio del Kivu, a est della RDC, in cui vivono alcune migliaia di persone. Lì vicino c’è un campo che ospita circa 2 mila persone, e tutti gli abitanti sono più o meno direttamente coinvolti nel lavoro nelle miniere: questo tipo di lavoro rappresenta la principale fonte di ricchezza del villaggio (la paga è più alta rispetto alla media del resto della RDC) ma determina anche una più grande presenza dei gruppi armati, oltre che altri fenomeni come l’abbandono scolastico.

Boniface Bitwaiki, un maestro di scuola di Rubaya, ha spiegato che molti bambini lasciano la scuola per andare a lavorare in miniera: «vengono attirati e sfruttati dai padroni che regalano loro delle caramelle, dei biscotti, e così i bambini decidono di abbandonare la scuola, e la nostra paura è che se si continua così non ci sarà più istruzione in questa zona».