Capiamo solo quello che vogliamo capire

Uno studio dimostra che fornire informazioni precise a chi deve prendere una decisione finisce per radicalizzare credenze e convinzioni infondate, invece che rimuoverle

22nd February 1931: A teacher at Sneed Road school gives children a spoonful of medicine to gargle with as a defence against influenza. (Photo by Fox Photos/Getty Images)
22nd February 1931: A teacher at Sneed Road school gives children a spoonful of medicine to gargle with as a defence against influenza. (Photo by Fox Photos/Getty Images)

La decisione della procura di Trani di aprire un’indagine sui possibili effetti collaterali dei vaccini ha riaperto anche in Italia una vecchia questione basata per lo più su teorie del complotto e studi fraudolenti, facendo discutere di cosa comporta per l’intera società il fatto che una coppia di genitori decida di non vaccinare i propri figli. Anche negli Stati Uniti la questione è piuttosto attuale e alcuni stati stanno valutando l’ipotesi di obbligare i genitori che non vogliono far vaccinare i loro figli a seguire alcuni corsi, che spieghino quali sono i rischi associati ai vaccini e quelli che si corrono quando non si vaccinano i bambini. Brendan Nyhan, sul New York Times, sostiene però che potrebbe trattarsi di una strategia controproducente: diversi studi hanno dimostrato che più le persone vengono sottoposte a informazioni che contraddicono le loro credenze più radicate, più trovano argomenti per sostenere quelle credenze.

Alla base dell’idea di fornire informazioni ai genitori che devono prendere una decisione importante, che può avere conseguenze sulla salute dei loro figli e sulla salute pubblica, c’è una convinzione di buon senso: se diamo alle persone tutte le informazioni rilevanti, loro sceglieranno in modo consapevole. Nel caso dei vaccini la questione è piuttosto semplice: per diversi motivi si è diffusa negli ultimi anni la credenza che i vaccini possano causare l’autismo, è un mito senza fondamento scientifico che però ha attecchito in diverse parti del mondo. Non vaccinare i bambini, naturalmente, non è una buona idea: porta rischi per loro e anche per gli altri (perché?). Molti pensano: se la questione viene spiegata ai genitori che temono i vaccini, sicuramente la maggior parte di loro cambierà idea. Sbagliato.

L’idea che le persone reagiscano alle informazioni in modo “neutro” è tanto diffusa quanto infondata: diversi studi hanno dimostrato che le persone reagiscono alle stesse informazioni in modo diverso, in base alle loro idee, alle loro credenze e alle loro esperienze. Come ha spiegato Nyhan, «le persone resistono alle informazioni che contraddicono le loro opinioni – le cosiddette informazioni correttive – trovando nuove ragioni per credere a quello a cui credevano e finendo per crederlo ancora di più». Recentemente un articolo del Washington Post, commentando alcuni studi che mostravano come persone di orientamento politico opposto avevano reagito alle stesse informazioni fornite da persone diverse. Una proposta politica presentata da una voce “di sinistra” era stata elogiata da quelli di sinistra e criticata da quelli di destra; la stessa proposta politica presentata da una voce “di destra” era stata elogiata da quelli di destra e criticata da quelli di sinistra (Francesco Costa, giornalista del Post, ne ha scritto in modo più esteso sul suo blog pochi mesi fa).

Il problema è che gli esseri umani sono incredibilmente bravi a razionalizzare un modo per giustificare qualsiasi conclusione il loro “gruppo” ritenga accettabile. La maggior parte delle opinioni politiche può essere sostenuta o contrastata per vari suoi aspetti: dipende tutto da quali si decide di enfatizzare. Non è un processo che avviene cinicamente, ma sinceramente, e per questo è molto potente.

Brendan Nyhan e alcuni suoi colleghi, allora, hanno condotto un esperimento per vedere come reagiscono alle informazioni sui rischi dei vaccini i genitori dei bambini che hanno bisogno di essere vaccinati. Hanno fornito allora informazioni che smentivano il mito del legame tra vaccini e autismo e altre generiche informazioni a favore dei vaccini.

I risultati dello studio hanno mostrato una cosa interessante: i genitori che entravano in contatto con le informazioni a favore dei vaccini, in effetti, erano meno propensi a credere al mito del legame vaccini-autismo; tuttavia i genitori che erano scettici riguardo ai vaccini avevano trovato considerazioni accessorie, dubbi e nuovi motivi di incertezza per sostenere il loro rifiuto dei vaccini. Lo studio, inoltre, ha dimostrato che anche le informazioni normalmente usate da molte autorità sanitarie per informare sui rischi in cui si può incorre se non si viene vaccinati, siano largamente inefficaci. Anche quando messi di fronte a prove scientifiche, i genitori timorosi dei vaccini difficilmente cambiano idea e anzi compiono uno sforzo per trovare nuovi motivi per credere alla pericolosità dei vaccini: credere che più informazioni da sole siano sufficienti a risolvere il problema, dunque, è sbagliato.

Un approccio più promettente potrebbe essere obbligare i genitori a consultarsi con uno specialista, possibilmente con il loro medico di famiglia o il loro pediatra, prima di prendere una decisione sul vaccino. I genitori sono soliti indicare il medico dei loro bambini come la più fidata fonte di informazioni sui vaccini. Proprio questa fiducia potrebbe permettere ai medici di “funzionare”, laddove le sole informazioni scientifiche non hanno funzionato.