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  • Venerdì 9 maggio 2014

Michele Serra e il falso Michele Serra

Il primo ha scritto una lettera al secondo, quello che ha una pagina Facebook a suo nome con 26 mila fan, per dirgli di smettere

Il giornalista e scrittore Michele Serra ha scritto una lettera pubblicata su Repubblica in prima pagina per lo sconosciuto “impostore” che scrive delle cose a suo nome – a nome di Michele Serra – su Facebook, chiedendogli di smettere e rivendicando il diritto di non far intervenire polizie postali e di non aprire propri profili ufficiali. Il gestore della pagina Facebook ha già annunciato che la chiuderà, scusandosi con Serra.

Caro Michele Serra, sono Michele Serra. Sono quello in carne e ossa, quello che vedo ogni mattina davanti allo specchio, quello che, nel bene e nel male, mi sento di definire “io”. Tu invece sei il mio avatar, il mio clone, il mio pseudo, quello che ha aperto una pagina Facebook.
Lo hai fatto a mio nome e con la mia faccia. Su quella pagina, ormai da anni, si riversano pensieri gentili e/o insulti orribili che non potranno avere mai risposta, almeno non da me: per il semplice fatto che non sono io, quello. Non sono neanche il falso Michele Serra che twitta a mio nome. Così almeno mi dicono. Perché in quel mondo, vociante e vivissimo, fibrillante di parole e di persone, io non ci abito. Non lo frequento. Non per disprezzo o preclusione ideologica o scelta culturale, macché. Per un motivo molto più banale e credo comprensibile a tutti: perché già adesso, in conseguenza del mio mestiere, considero di avere una socialità esondante, che a volte mi gratifica e a volte mi opprime; e sentendomi inadeguato a fare fronte ai miei attuali contatti, ai miei affetti, ai miei piaceri e ai miei doveri, non desidero aggiungere altre porte e finestre alla mia casa mediatica, che è già sulla pubblica via, a disposizione dei tanti che mi scrivono per comunicarmi dissenso o assenso, ostilità o concordia. Ho già amici quanti ne bastano. Nemici anche. E di parole in pubblico ne uso, e forse ne spreco, già in abbondanza.

(continua a leggere su Repubblica.it)