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  • Domenica 4 maggio 2014

La legalizzazione della marijuana in Colorado, quattro mesi dopo

Gli affari vanno bene, ma ci sono problemi legati ai profitti e alle informazioni sul prodotto venduto (che a volte è troppo forte)

A man smokes marijuana during the World Day for the Legalization of Marijuana in Medellin, Antioquia department, Colombia on May 3, 2014. AFP PHOTO/Raul ARBOLEDA (Photo credit should read RAUL ARBOLEDA/AFP/Getty Images)
A man smokes marijuana during the World Day for the Legalization of Marijuana in Medellin, Antioquia department, Colombia on May 3, 2014. AFP PHOTO/Raul ARBOLEDA (Photo credit should read RAUL ARBOLEDA/AFP/Getty Images)

Dallo scorso gennaio, in Colorado, è stata legalizzata la vendita di marijuana a scopo ricreativo: i residenti nello stato con più di 21 anni possono acquistare un massimo di 28 grammi di marijuana per volta nei negozi specializzati e dotati di una speciale licenza; i residenti di altri stati, invece, possono acquistare al massimo 7 grammi di marijuana. Come molti avevano previsto, le cose per il mercato della marijuana stanno andando piuttosto bene: sono stati aperti diversi negozi che la distribuiscono, è cresciuto il mercato dell’indotto, si sono creati numerosi posti di lavoro e lo stato ha cominciato a incassare i proventi della tassazione sulla vendita di marijuana. Al momento, però, ci sono ancora diverse questioni da risolvere: ci sono problemi con le banche, per esempio, che non possono maneggiare soldi ottenuti dalla vendita di droghe, e altri guai sono stati causati dal fatto che l’esportazione in altri stati è vietata.

Dove mettiamo i soldi?
Uno dei paradossi della legalizzazione è che è stata approvata con una legge statale, che quindi vale solo per il Colorado: per la legge federale (quella valida per tutti gli stati dell’unione) la vendita e il possesso di marijuana è ancora un illecito: se si viene fermati dalla polizia in un parco nazionale a giurisdizione federale si può – per esempio – essere arrestati per possesso di stupefacenti. Uno dei problemi nasce dal fatto che le banche sono soggette alla legge antidroga federale, e non possono quindi maneggiare denaro legato alla vendita di sostanze stupefacenti: per i gestori dei negozi di marijuana questo significa, oltre a non poter accettare pagamenti con carte di credito, avere un sacco di denaro contante che non si sa bene dove mettere. Per ovviare al problema, come ha raccontato Time, le società che si occupano di vendita di marijuana hanno cercato di unirsi per creare una sorta di banca cooperativa locale che riesca ad aggirare le normative federali. La proposta, tuttavia, è stata bloccata dal congresso del Colorado, che ha cambiato una legge locale in materia preoccupato che il sistema bancario “parallelo” non fosse abbastanza solido e che un suo fallimento potesse causare danni all’economia statale.

L’amministrazione federale, comunque, non si è mostrata ostile nei confronti di quello che è diventato un mercato piuttosto ricco e florido: lo scorso febbraio il dipartimento del Tesoro e quello della Giustizia hanno pubblicato delle linee guida che suggerivano la possibilità per le banche di offrire servizi di base ai commercianti di marijuana. Le istituzioni bancarie sembrano però piuttosto timorose di incorrere in sanzioni federali. Affinché le cose cambino, spiega Time, servirà una legge del Congresso statunitense.

È roba forte?
Un secondo problema che l’amministrazione del Colorado sta cercando di risolvere in queste settimane è legato alla “potenza” della marijuana commerciata e alla necessità di dare ai consumatori maggiori informazioni riguardo il prodotto che stanno comprando. La questione si è posta dopo che due persone sono morte per aver mangiato dei biscotti alla marijuana. I problemi, quando si mangiano prodotti contenenti THC (il principio attivo della marijuana), è che si ottiene un effetto più forte e più “ritardato” rispetto a quando la si fuma o la si inala. In un caso, per esempio, una persona si è lanciata da una finestra dopo aver ingerito un biscotto alla marijuana, ed è morta: test successivi hanno mostrato che il biscotto aveva la potenza di sei canne di alta qualità.

Per risolvere questo problema, l’amministrazione del Colorado ha deciso di introdurre dei test obbligatori sulla marijuana, per potere indicare chiaramente ai consumatori quanto è potente il prodotto che stanno acquistando (al momento sul mercato si trovano prodotti non testati molto diversi tra di loro).

Il traffico illegale
Una delle questioni ancora aperte è il traffico di marijuana dal Colorado verso gli stati limitrofi dove la sostanza è ancora illegale. Nelle ultime settimane la Drug Enforcement Administration (spesso abbreviata in DEA: è l’ente federale che si occupa della lotta al narcotraffico) ha comunicato che in Kansas la quantità di marijuana sequestrata proveniente dal Colorado è aumentata del 61 per cento. In Oklahoma sono state arrestate tre persone che secondo la DEA avevano in progetto di coltivare in Colorado circa 100 chili di marijuana, da importare poi in Oklahoma.

A teatro, fatti
La Colorado Symphony ha incluso nel suo calendario estivo tre eventi chiamati Classically Cannabis: The High Note Series, dedicati ai consumatori di marijuana (il nome è un gioco di parole tra i due significati della parola: high notes significa “note alte”, ma “high” significa anche “fatto”, nel senso di persona sotto gli effetti di stupefacenti). Come ha spiegato Jerry Kern, CEO della Colorado Symphony, durante questi concerti sarà possibile fumare marijuana portata da casa. Kern ha detto che lo scopo dell’iniziativa è creare un’offerta più varia e avvicinare un pubblico più giovane a questi concerti. Comprensibilmente, per poter comprare un biglietto per la High Note Series bisogna avere più di 21 anni.

foto: RAUL ARBOLEDA/AFP/Getty Images

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