Più scienza in Parlamento

La senatrice Elena Cattaneo sostiene che oggi ce ne sia pochissima, e propone che nel nuovo Senato ci siano figure di eccellenza di vari e importanti settori

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
04-09-2013 Roma
Politica
Senato - Senatori a vita
Nella foto: la senatrice a vita Elena Cattaneo 
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
04-09-2013 Rome
Politics
Senate - for life sanate members
In the picture: for life Senate member Elena Cattaneo
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 04-09-2013 Roma Politica Senato - Senatori a vita Nella foto: la senatrice a vita Elena Cattaneo Photo Mauro Scrobogna /LaPresse 04-09-2013 Rome Politics Senate - for life sanate members In the picture: for life Senate member Elena Cattaneo

Elena Cattaneo, senatrice a vita, scienziata e docente all’Università di Milano, spiega su Repubblica come a causa di una cattiva e scarsa informazione le conquiste della scienza, dell’innovazione o della medicina – quelle su cui «le grandi economie basano il loro futuro» – non vengano mai trasformate in Italia in un vantaggio per tutto il paese. Cattaneo cita il caso Stamina, gli Ogm, la vivisezione, i vaccini che provocherebbero l’autismo o i terremoti che non si possono prevedere, dicendo che la scarsa preparazione su questi temi è tanto più grave quando a doversene occupare sono i politici. E propone dunque che il nuovo Senato sia composto anche da figure di eccellenza in settori ben precisi.

Nonostante i freni cui cultura, innovazione, scienza e medicina sono da sempre sottoposti nel nostro paese, l’Italia dispone di competenze scientifiche, umanistiche, tecnologiche e imprenditoriali, abituate a sfide e a vittorie mondiali, dimostrando così che ci siamo anche noi. Eccome. Tuttavia nei campi più diversi ci si è trovati spesso di fronte a soluzioni legislative che hanno dato l’idea di “farsi un baffo” di queste raggiunte competenze, così come dell’esame delle fonti e dei fatti controllati. Il risultato è stato che in troppe occasioni non si è riusciti a cogliere al massimo le opportunità di sviluppo economico e i miglioramenti sociali che scienze e tecnologie e la cultura in generale potevano offrire. In quelle occasioni a perderne è stata anche la crescita civile della nazione, dei suoi cittadini, mal allenati al pensiero critico da pratiche comunicative populiste e demagogiche. Cittadini ai quali non si spiega cosa siano gli ogm (anzi, si vieta persino di studiarli… per poi importarli dall’estero); che la diagnosi pre-impianto è una conquista medica e sociale; che Stamina è l’anti-compassione; che il metodo Di Bella — sul quale ora alcune Regioni pare investiranno (non è il caso che il Governo controlli?) — non è medicina; che la sperimentazione animale è inevitabile; che i vaccini non causano l’autismo e che i terremoti non si prevedono ma che il territorio può essere difeso salvando vite e denaro.

Insomma, fuori dalle aule legislative l’Italia ha fior di professionisti abituati a confrontarsi con il mondo intero in ambiti del sapere ad alto tasso d’innovazione, quelli sui quali le grandi economie basano il loro futuro, mentre dentro tutto ciò sembra “non esistere”. Sia chiaro, non è un’accusa dire che un politico non sappia abbastanza di staminali, geologia, pensiero probabilistico o di tecnologie della comunicazione. Ma informarsi e capire questi temi significa dovervisi dedicare quasi esclusivamente — e pochi politici sono in grado, lasciati soli, di farlo — per capire e poi votare. Non è quindi automatico che le grandi conquiste della scienza, della medicina o degli studi sull’ambiente si trasformino in un vantaggio per il Paese, sebbene lo siano per la singola disciplina o il singolo centro di ricerca (che dovrebbero ancora di più sostenere l’avvicinamento, anche attraverso una rinnovata etica interna). Ecco perché penso sia importante considerare la possibilità che il nuovo Senato sia composto anche da figure d’eccellenza negli specifici settori.

(Continua a leggere l’articolo di Repubblica)