• Italia
  • Mercoledì 30 aprile 2014

I falsi misteri sul caso Moro

Giovanni Bianconi sull'artificiere che la mattina del 9 maggio 1978 scoprì il corpo dell'ex presidente della DC, e che è ora indagato per calunnia

©lapresse
archivio storico
politica
Roma anni '70
Aldo Moro
nella foto: l'onorevole Aldo Moro scende dalla sua auto
©lapresse archivio storico politica Roma anni '70 Aldo Moro nella foto: l'onorevole Aldo Moro scende dalla sua auto

Sul Corriere della Sera Giovanni Bianconi racconta la storia dell’artificiere che la mattina del 9 maggio 1978 scoprì il corpo di Aldo Moro in un’auto in via dei Caetani. Fu l’uomo che – ora indagato per calunnia dalla Procura di Roma – dichiarò di aver riferito del ritrovamento all’allora ministro Cossiga un’ora prima della telefonata dei brigatisti, mettendo così in discussione la versione ufficiale e aprendo un nuovo capitolo in uno dei casi notoriamente più intricati e oscuri della storia repubblicana italiana, il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, e di cui si è riparlato anche il mese scorso dopo le dichiarazioni di un ispettore di polizia in pensione.

Nel giugno scorso — 35 anni dopo i fatti — denunciò un nuovo, asserito mistero del caso Moro. Con una confessione apparentemente clamorosa: lui stesso, in qualità di artificiere, la mattina del 9 maggio 1978 scoprì il cadavere del presidente della Dc all’interno della Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, dandone notizia al ministro Francesco Cossiga accorso sul luogo, un’ora prima della telefonata con cui i brigatisti rossi annunciarono l’esecuzione della condanna a morte. E dunque: chi aveva saputo in anticipo dell’avvenuto omicidio? Perché Cossiga, successivamente ripreso dalle telecamere vicino alla R4, partecipò alla messinscena del doppio ritrovamento? Che cosa accadde tra la prima scoperta e la comunicazione «ufficiale» delle Br? Eccetera, eccetera.

Oggi quell’ex artificiere, protagonista della pur tardiva rivelazione, si ritrova indagato per calunnia dalla Procura di Roma. Ed è il secondo presunto enigma sul sequestro e l’uccisione di Moro che si decompone nel giro di poco tempo, dopo quello dell’ex finanziere che raccontò strane e incredibili manovre per impedire la liberazione dell’ostaggio; anche lui inquisito per calunnia. Stavolta tocca a Vitantonio Raso, sessantenne che nel ’78 prestava servizio come antisabotatore nei bersaglieri, il quale in un libro e un’intervista decise di rompere un silenzio di decenni, a dire il vero abbastanza inspiegabile. Raccontando l’anticipata scoperta del cadavere di Moro, che metteva in discussione non solo la versione ufficiale, ma anche il comportamento delle istituzioni, a cominciare dall’allora ministro Cossiga.

Disse che quel giorno fatidico, avvisato da una telefonata in ufficio e prelevato da una Volante della polizia, giunse in via Caetani «intorno alle ore 11, non oltre le 11,15», mentre la telefonata dei brigatisti all’assistente di Moro, nella quale si dettava l’indirizzo dov’era parcheggiata la R4 rossa, arrivò un’ora dopo, alle 12,13. Lì trovò altri investigatori, lui si avvicinò alla macchina, l’aprì di lato, guardò dentro con attenzione e circospezione. Poco dopo, aggiunse, «notai l’arrivo dell’allora ministro Cossiga, unitamente al colonnello Cornacchia dei carabinieri e al dottor Spinella della Digos», e proprio a Cossiga Raso comunicò che dentro la macchina c’era il corpo senza vita di Aldo Moro.

(Continua a leggere l’articolo del Corriere della Sera)