Negli Stati Uniti c’è un milione di gemelli di troppo

E anche l'Italia non scherza: le cause sono le gravidanze in età più avanzata e il maggiore ricorso alla fecondazione assistita

BERLIN, Germany: Pairs of twins wave as they form up for a family picture 18 June 2005 on a sports field in Berlin. Around 700 pairs of twins came together for a one-day meeting. AFP PHOTO DDP/MICHAEL KAPPELER GERMANY OUT (Photo credit should read MICHAEL KAPPELER/AFP/Getty Images)
BERLIN, Germany: Pairs of twins wave as they form up for a family picture 18 June 2005 on a sports field in Berlin. Around 700 pairs of twins came together for a one-day meeting. AFP PHOTO DDP/MICHAEL KAPPELER GERMANY OUT (Photo credit should read MICHAEL KAPPELER/AFP/Getty Images)

In quasi tutto il mondo occidentale i gemelli stanno aumentando da almeno due decenni. Negli Stati Uniti, dove le statistiche sono registrate con molta cura dal Center for Disease Control (CDC), il tasso è rimasto stabile dal 1915 al 1980 con un parto gemellare ogni cinquanta (cioè il 2 per cento), ma da allora ha continuato a crescere: nel 1995 era al 2,5 per cento, nel 2001 ha sorpassato il 3 per cento e nel 2010 è arrivato a 3,3 per cento. Oggi un parto ogni trenta è un parto gemellare.

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Alexis Madrigal, giornalista scientifico, in un articolo sull’Atlantic ha provato a fare un po’ di conti per vedere in numeri assoluti quanti gemelli ci sono in più rispetto agli anni Ottanta. È risultato che tra il 1980 e il 2012 negli Stati Uniti sono nati un milione di gemelli in più rispetto a quanti ne sarebbero nati se il tasso di parti gemellari fosse rimasto stabile. In Italia la situazione non è molto diversa. Secondo un rapporto del ministero della Salute i parti plurimi sono l’1,3 per cento del totale, ma il dato è cresciuto del 25 per cento tra il 1990 e il 2005 (il tasso di crescita negli Stati Uniti nello stesso periodo è stato di poco meno del 30 per cento).

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Il numero di parti gemellari è un fenomeno che quasi tutte le autorità sanitarie tengono d’occhio con attenzione. Diverse ricerche dimostrano che esiste una correlazione tra gravidanze plurime e indicatori negativi come ad esempio i parti prematuri e le nascite di bambini sottopeso. In sostanza, i parti plurimi sembrerebbero essere collegati a maggiori rischi per i bambini. Per le autorità sanitarie è dunque importante capire cosa causa questo aumento.

Una delle prime spiegazioni è che le gravidanze plurime riguardano soprattutto le donne meno giovani: poiché l’età del parto sta avanzando da diversi anni in tutto il mondo occidentale, questo spiega in parte l’aumento dei gemelli. Secondo i ricercatori del CDC, circa un terzo dei parti plurimi negli Stati Uniti può essere infatti imputato all’aumento dell’età delle donne durante il parto mentre i restanti due terzi vengono attribuiti alla diffusione delle tecniche per contrastare l’infertilità, come la fecondazione in-vitro e i trattamenti per aumentare l’ovulazione.

Entrambe le tecniche aumentano sensibilmente la possibilità di ottenere gravidanze gemellari. Nel primo caso, ad esempio, vengono impiantati diversi embrioni, tra i due e i tre. Questo aumenta le possibilità che almeno uno si sviluppi, ma aumenta anche le possibilità che si sviluppino contemporaneamente tutti o più di uno. Secondo i ricercatori, le tecniche di fecondazione assistita sono la causa anche di un secondo fenomeno: la stabilizzazione del numero di parti gemellari.

Se dagli anni Ottanta al 2010 il numero di gemelli è aumentato costantemente, tra il 2010 e il 2012 la crescita sembra essersi arrestata. Uno dei motivi potrebbe essere che si stanno diffondendo nuove tecniche di fecondazione assistita. Ad esempio, negli Stati Uniti, per evitare i rischi di una gravidanza gemellare, le associazioni di medici hanno pubblicato delle linee guida in cui consigliano di limitare il numero di embrioni impiantati. Dal 2003 al 2010 alcuni studi dimostrano che il numero medio di embrioni impiantati è passato da 2,6 a 2. Contemporaneamente sono aumentati anche i genitori che chiedono l’impianto di un solo embrione. Si tratta di un fenomeno sconosciuto fino a pochi anni fa e che ora riguarda il 10 per cento di tutte le fecondazioni in-vitro.

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