I casi di autismo stanno aumentando?

Pare di sì, ma probabilmente solo perché abbiamo strumenti migliori per diagnosticarlo

Alla fine del marzo 2014 il Centre for Disease Control (CDC), l’organismo di controllo del governo statunitense che si occupa di monitorare le malattie diffuse negli Stati Uniti, ha pubblicato una serie di dati che riguarda l’aumento dei casi di autismo. “Aumento” forse è la parola sbagliata: i giornali hanno parlato di una vera e propria “esplosione di casi”. Secondo il CDC, oggi negli Stati Uniti un bambino ogni 68 è affetto da una qualche forma di autismo, un incremento del 30 per cento rispetto a due anni fa. L’aumento appare ancora più sensibile se con i dati torniamo indietro di qualche anno: nel 2002 la cifra era di un bambino ogni 150 e nel 1991 era uno ogni 500. Anche in Italia i casi sembrano in aumento, anche se non ci sono dati così completi come quelli degli Stati Uniti (ci torneremo tra poco).

Secondo diverse teorie del complotto, l’aumento progressivo dei casi di autismo avrebbe a che fare con la diffusione di alcuni tipi di vaccini. Recentemente queste teorie sono state prese sul serio dalla procura di Trani che ha aperto un’inchiesta sul legame tra il vaccino MPR, il cosiddetto trivalente, e autismo. Le teorie che collegano vaccini e autismo in realtà non hanno nessun fondamento scientifico. Lo psicologo Enrico Gnaulati ha scritto sul settimanale The Atlantic un lungo articolo per cercare di spiegare qual è, secondo molti medici, la causa del fenomeno, suggerendo che probabilmente i casi di autismo non stanno aumentando.

Diagnosi precoci
L’autismo non è un disturbo facile da identificare anche a causa della molteplicità di sintomi e del diverso grado di gravità con cui si possono presentare. Da alcuni anni a questa parte più che di autismo i medici preferiscono parlare di “disturbi dello spettro autistico” (DSA). Una categoria che comprende vari sintomi con diversi gradi di intensità. I principali, spiega l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono problemi nella comunicazione verbale e non verbale, difficoltà nelle relazioni sociali e un numero limitato e ripetitivo di interessi e di attività.

Gnaulati scrive che individuare i casi di DSA il prima possibile è “imperativo”. Le forme di autismo più gravi sono incurabili e accompagnano chi ne è affetto per tutta la vita. Nei casi più lievi, però, è possibile ottenere risultati positivi seguendo le terapie: grazie ad una diagnosi precoce alcune capacità possono essere migliorate o addirittura recuperate. Il problema è che una diagnosi attendibile difficilmente si può ottenere prima dei due anni. Secondo l’OMS è molto difficile diagnositicare una forma di DSA prima dei due anni e una conferma certa si può ottenere soltanto dopo i quattro anni.

Ultimamente, però, numerosi medici stanno cercando di scoprire nuovi mezzi per fare diagnosi sempre più precoci. Tra le strade che stanno percorrendo c’è ad esempio l’utilizzo di una tecnica per seguire il movimento degli occhi. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che bambini che intorno ai due anni avrebbero manifestato forme di autismo, già a 14 mesi avevano dimostrato una preferenza nel guardare video di forme geometriche piuttosto che filmati di altri bambini che ballano o fanno yoga. Secondo i ricercatori prediligere gli oggetti piuttosto che le immagini di interazioni sociali è uno dei segni precoci dell’autismo.

Un’altra soluzione, ancora oggetto di studi, è l’analisi acustica del pianto dei bambini: secondo alcune ricerche i bambini a rischio di autismo piangono a una frequenza più alta – i ricercatori però mettono in guardia i genitori dall’ascoltare ossessivamente i proprio bambini cercando di capire da soli se ci sia un rischio o meno. Non è affatto chiaro se le frequenze siano abbastanza diverse da poter essere percepite dall’orecchio umano senza strumenti di precisione. L’elenco delle nuove ricerche per cercare dei “predittori” dell’autismo è molto ampia e comprende anche lo studio dei disordini alimentari e degli attacchi di rabbia.

Il miglioramento delle tecniche
Diagnosi con metodi innovativi, condotte a età sempre più basse possono contribuire a far scoprire ai medici un numero crescente di casi di DSA. Con le nuove tecniche è possibile identificare anche casi molto più lievi. A conferma di questo, i ricercatori del CDC scrivono che l’aumento maggiore dei casi di DSA ha riguardato proprio bambini con abilità intellettive nella media o appena sotto la media, cioè i casi più difficili da individuare.

In ogni caso, nella ricerca non è stata espressa una spiegazione univoca all’aumento degli ultimi anni. Con molta prudenza, i ricercatori hanno indicato il miglioramento nella capacità diagnostica come uno dei fattori chiave nello spiegare l’incremento e la dottoressa Coleen Boyle, una delle responsabili del rapporto, ha dichiarato che «lo studio non era fatto per capire il perché dell’aumento delle diagnosi, ma il mio parere è che ci sia una maggiore sensibilità nell’identificare e diagnosticare il problema».

Il progresso, in ogni caso, non è soltanto medico. Negli ultimi anni libri, film e campagna di sensibilizzazione hanno aumentato la conoscenza dell’autismo e dei suoi sintomi. Dal 1989, ad esempio, esiste una Giornata mondiale dell’autismo. Dal 2007 l’ONU ha designato ufficialmente il 2 aprile come World autism awarness day, giornata mondiale di sensibilità sull’autismo. Durante questa giornata alcuni dei principali monumenti del mondo vengono illuminati di blu (in Italia, ad esempio, sono stati illuminati Montecitorio a Roma e la Mole Antonelliana a Torino). Questa maggiore sensibilità da parte di medici, genitori ed insegnanti ha contribuito a far riconoscere un numero maggiore di casi che a loro volta sono andati ad ingrossare le statistiche. Ma, secondo Gnaulati, c’è dell’altro.

Diagnosi eccessive
La grande maggioranza dei bambini entro i due anni di età manifesta una qualche forma, spesso lieve, di disturbo alimentare o gli capita di fare capricci e avere attacchi di rabbia. Si tratta di comportamenti assolutamente normali nei bambini più piccoli, ma quando sono molto frequenti o molto gravi possono indicare una possibile forma di DSA. Proprio qui, secondo Gnaulati, cominciano i problemi. Più si va indietro con l’età e più aumentano i sintomi da tenere d’occhio come eventuali segnali di DSA, più aumentano le possibilità che genitori e medici scambino per autismo condizioni che non sono patologiche.

Da uno studio del 2007 realizzato dall’Università del North Carolina venne fuori che oltre il 30 per cento dei bambini diagnosticati con una qualche forma di DSA all’età di 2 anni non erano più considerabili autistici all’età di quattro. Visto che la DSA è un disturbo che difficilmente scompare del tutto senza lasciare traccia, scrive Gnaulati, bisogna concludere che diversi bambini ricevettero una diagnosi di DSA prematura e incompleta, se non proprio sbagliata. Secondo Gnaulati: «I paralleli tra un bambino un po’ in ritardo con la maturazione e uno affetto da una forma leggera di autismo sono così numerosi che c’è un’elevatissima probabilità di ottenere una falsa diagnosi». Ad esempio un bambino su cinque non impara a parlare prima dei due anni, ma la maggior parte di questi bambini non sviluppa alcun problema: negli anni successivi recupera il ritardo e non manifesta altre patologie. Il ritardo nell’imparare a parlare, però, è uno dei principali sintomi di cui i medici vanno in cerca per individuare casi di DSA.

Secondo Gnaulati, queste diagnosi premature o sbagliate, possono essere dovute anche alla scarsa preparazione che numerosi pediatri hanno sul periodo dei primi anni di vita di un bambino, entro i 2-4 anni, che è considerevolmente diverso dal resto dello sviluppo. Per questo motivo sintomi come disturbi alimentari, capricci o ritardo nell’apprendere a parlare (fenomeni normali che non è assolutamente detto che siano sintomi di DSA) possono essere male interpretati.

In ogni caso, secondo Gnaulati bisogna stare attenti a non esagerare l’importanza delle diagnosi sbagliate. Difficilmente gli errori dei medici possono essere considerati i soli responsabili degli aumenti di casi di autismo, registrati in questo caso dal CDC. È probabile che le statistiche siano influenzate in qualche misura da tutti e tre i fattori: miglioramento delle tecniche di diagnosi, l’aumento della sensibilità dell’opinione pubblica e un certo numero di diagnosi errate.

E in Italia?
La situazione degli Stati Uniti, come scrive chiaramente Gnaulati, è particolare. Nel Regno Unito, ad esempio, le cose stanno molto diversamente. Secondo uno studio del British Medical Journal, pubblicato nell’ottobre 2013, i casi di DSA nel Regno Unito sono stabili dal 2000. Lo studio indica la strana discrepanza con gli Stati Uniti, dove i casi si sono moltiplicati nello stesso periodo di tempo, ma non ipotizza una spiegazione.

Nel nostro paese la situazione è più simile a quella degli Stati Uniti o del Regno Unito? Spesso in Italia sono molto pubblicizzati numeri che mostrano un aumento dei casi di autismo. Sono cifre che, soprattutto se diffuse da associazioni o altri privati, andrebbero prese con molta cautela. In Italia, a differenza degli Stati Uniti, non esiste un organo incaricato di raccogliere in maniera sistematica dati sui DSA. L’unico dato ufficiale diffuso dal ministero della Salute, che però non ne ha citato la fonte, è 2,5 casi ogni 1.000 bambini (un dato che potete trovare qui). Per fare un paragone negli Stati Uniti, secondo gli ultimi dati, sono 15 su 1000 (cioè 1 ogni 68).

Gli unici a raccogliere dati su questo fenomeno sono le direzioni sanitarie regionali, come quelle delle regioni Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. Anche questi sono dati che vanno presi con attenzione, visto che non si basano su studi che riguardano l’intera popolazione, ma solo sul numero di persone che richiedono l’accesso alle strutture sanitarie. I numeri vanno dai 2,2 casi ogni mille fino ai sette ogni mille. Per quanto i dati siano piuttosto incompleti, è possibile sostenere che ci sia stato un aumento, anche se molto probabilmente non così evidente come quello avvenuto negli Stati Uniti. Le autorità sanitarie italiane sono in parte d’accordo con Gnaulati: l’aumento dei casi di autismo è riconducibile a una maggiore sensibilità sul tema, a migliori strumenti di diagnosi e al fatto che vengono conteggiate come DSA anche forme lievi che prima non lo erano.