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  • Giovedì 17 aprile 2014

Il bellissimo incipit di “Cent’anni di solitudine”

Gabriel Garcia Màrquez con la prima copia dell'edizione commemorativa del suo romanzo Cent'anni di solitudine, ricevuta dal direttore generale dell'Accademia reale spagnola Victor Garcia de la Concha, a Cartagena, in Colombia, 26 marzo 2007. 
(RODRIGO ARANGUA/AFP/Getty Images)
Gabriel Garcia Màrquez con la prima copia dell'edizione commemorativa del suo romanzo Cent'anni di solitudine, ricevuta dal direttore generale dell'Accademia reale spagnola Victor Garcia de la Concha, a Cartagena, in Colombia, 26 marzo 2007. (RODRIGO ARANGUA/AFP/Getty Images)

«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».

L’incipit di Cent’anni di solitudine (1967), del romanziere colombiano Gabriel Garcia Màrquez: è considerato tra i più belli e memorabili della letteratura del Novecento. Garcia Màrquez è morto oggi, 17 aprile, a 87 anni.

Foto: Gabriel Garcia Márquez con la prima copia dell’edizione commemorativa del suo romanzo Cent’anni di solitudine, ricevuta dal direttore generale dell’Accademia reale spagnola Victor Garcia de la Concha, a Cartagena, in Colombia, 26 marzo 2007. (RODRIGO ARANGUA/AFP/Getty Images)