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  • Mercoledì 9 aprile 2014

Il DEF in 10 punti

Le cose da sapere sui piani del governo per l'economia, dagli 80 euro in più in busta paga al taglio dell'IRAP e degli stipendi dei dirigenti pubblici, e su come troverà i soldi

Martedì 8 aprile il governo Renzi ha approvato e presentato il DEF, cioè il Documento di Economia e Finanza del 2014. Il DEF è il principale strumento con cui si programmano l’economia e la finanza pubblica (e non solo) in Italia: il governo lo presenta annualmente al Parlamento per l’approvazione, anche se poi le misure descritte possono essere corrette e modificate. In estrema sintesi, nel DEF presentato ieri sono elencate – ma circostanziate e corredate di molti dati – le misure economiche presentate da Renzi un mese fa. Se avete poco tempo, le più importanti sono:

– il taglio del cosiddetto cuneo fiscale;
– aumento delle tasse sulle banche;
– aumento delle tasse sulle rendite finanziarie;
– taglio dell’IRAP del 10 per cento;
– taglio degli stipendi dei dirigenti pubblici;
– nuove privatizzazioni.

Per chi ha più tempo, invece, queste le misure più nel dettaglio.

1. Il taglio dell’IRAP
Il DEF conferma il taglio del 10 per cento dell’IRAP, dicendo che “potrà avere effetti di stimolo all’occupazione nel medio termine”. L’IRAP è l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive: è stata introdotta nel 1997 per dare un gettito stabile e rilevante alle regioni italiane, e da allora è una delle imposte più criticate in Italia. È pagata dalle imprese, dalle società, dagli enti e dalle amministrazioni pubbliche: il suo problema principale è che non viene pagata sull’utile di esercizio delle imprese, ma più precisamente sulla differenza tra i proventi e i costi di gestione, escluso però il costo del lavoro. Questo fa sì che industrie con molta manodopera paghino un’IRAP più alta e che, in alcuni casi, l’imposta debba essere pagata anche da parte di imprese che chiudono un anno in perdita.

2. Gli 80 euro in basta paga
A partire dal prossimo 27 maggio, chi guadagna meno di 25 mila euro lordi all’anno avrà un taglio dell’IRPEF – l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, cioè la principale imposta che interessa direttamente il reddito complessivo netto degli italiani e dei residenti in Italia – pari a 80 euro al mese. Alla fine dell’anno, dice Renzi, l’ammontare del taglio varrà praticamente quanto una mensilità supplementare. Rispetto a quanto annunciato un mese fa, Renzi ha detto che il governo cercherà di occuparsi anche dei cosiddetti “incapienti”: le persone che non pagano le tasse perché guadagnano meno di 8.000 euro l’anno e sono escluse dal provvedimento. Questa parte dovrebbe essere curata dall’INPS.

3. Dove si prendono i soldi?
Per il 2014 queste misure costeranno 6,7 miliardi di euro: dovrebbero essere approvate dal governo venerdì prossimo, dopo l’approvazione del DEF in Parlamento. 4,5 miliardi arriveranno dalla revisione dalla spesa (ci arriviamo) e i restanti da due misure una tantum: la riscossione dell’IVA sul pagamento dei debiti dello Stato alle imprese e l’aumento delle tasse sulle plusvalenze delle banche nella rivalutazione delle quote della Banca d’Italia.

Quest’ultima misura non era attesa: il governo aumenterà l’aliquota dal 12 al 24-26 per cento. Scrive Repubblica: “Per le banche, che avevano già messo in conto laute plusvalenze sui bilanci 2013, il conto è salato: fino a 2,4 miliardi di tasse rispetto agli 1,2 messi in conto qualche settimana fa”. La misura interessa soprattutto Intesa e Unicredit; l’ABI – Associazione Bancaria Italiana – da ieri protesta molto. Semplificando, una plusvalenza è un guadagno che si deve all’aumento di valore di beni o azioni: in questo caso parliamo della rivalutazione delle quote della Banca d’Italia decisa dal governo lo scorso gennaio. Il valore delle quote della Banca d’Italia di proprietà delle banche è stato alzato da 156mila euro a 7,5 miliardi di euro. Il governo ha aumentato la tassazione su quella plusvalenza.

4. La revisione della spesa
Un’altra parte di risorse arriverà dalla revisione della spesa (la tanto citata “spending review”), che porterà a risparmi “per circa 4,5 miliardi nell’anno in corso, e fino a 17 per il 2015 e 32 per il 2016 rispetto al tendenziale”. I 4,5 miliardi per il 2014 arrivano da riduzione delle spese per l’acquisto di beni e servizi (800 milioni), dal taglio degli stipendi dei dirigenti pubblici (ci arriviamo), dalla riforma delle province e dall’abolizione del CNEL, tra le altre cose.

5. Privatizzazioni
Il governo Renzi su questo intende proseguire il programma avviato dal governo Letta e pensa che le privatizzazioni possano produrre “introiti attorno a 0,7 punti percentuali di PIL all’anno dal 2014 e per i tre anni successivi”.

6. Debiti della pubblica amministrazione
Il governo ha reso disponibili altri 13 miliardi di euro per il pagamento dei debiti con le imprese delle pubbliche amministrazioni. Ci sarà inoltre un meccanismo che consentirà alle aziende “di cedere il proprio credito a favore di istituzioni finanziarie”.

7. Scuole, piccole e medie imprese
Il governo dice che ci saranno due miliardi di euro che comuni e province potranno usare per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, e che aggiungerà 670 milioni di euro per il 2014 e complessivamente oltre 2 miliardi per i prossimi tre anni a un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

8. Piano casa
1,3 miliardi di euro per interventi destinati all’acquisto o alla ristrutturazione di immobili.

9. Taglio agli stipendi dei dirigenti pubblici
I dirigenti pubblici non potranno guadagnare più di 238 mila euro l’anno, pari all’emolumento del presidente della Repubblica. Renzi ha detto che la misura varrà anche per i manager delle aziende i cui vertici sono nominati dal governo, per esempio le Poste o le Ferrovie dello Stato; restano fuori solo quelli delle aziende quotate in Borsa. La misura dovrebbe portare al risparmio di circa 400 milioni ma «al di là del valore economico conta il significato simbolico», dice Renzi.

10. Come andrà l’economia italiana
Il governo stima una crescita del PIL dello 0,8 per cento per il 2014, inferiore alle previsioni del precedente governo Letta, “con un graduale avvicinamento al 2 per cento nei prossimi anni”. L’indebitamento netto nel 2014 dovrebbe fermarsi al 2,6 per cento del PIL, per poi scendere all’1,8 nel 2015 e allo 0,9 nel 2016. L’avanzo primario in termini nominali – cioè al netto degli interessi sul debito, senza i quali l’Italia incasserebbe più di quanto spende – aumenterà progressivamente, raggiungendo il 5,0 per cento nel 2018. “Il rapporto debito/PIL inizierà a ridursi a partire dal 2015”, dice il governo.

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