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  • Sabato 5 aprile 2014

Le elezioni in Afghanistan

Si è votato per eleggere il nuovo presidente: ci sono state delle violenze, ma anche buone notizie per le donne in politica

Afghan women cast their ballots at a local polling station in Kabul on April 5, 2014. Afghan voters went to the polls to choose a successor to President Hamid Karzai, braving Taliban threats in a landmark election held as US-led forces wind down their long intervention in the country. Afghanistan's third presidential election brings an end to 13 years of rule by Karzai, who has held power since the Taliban were ousted in a US-led invasion in 2001, and will be the first democratic handover of power in the country's turbulent history. AFP PHOTO/SHAH MARAI (Photo credit should read SHAH MARAI/AFP/Getty Images)
Afghan women cast their ballots at a local polling station in Kabul on April 5, 2014. Afghan voters went to the polls to choose a successor to President Hamid Karzai, braving Taliban threats in a landmark election held as US-led forces wind down their long intervention in the country. Afghanistan's third presidential election brings an end to 13 years of rule by Karzai, who has held power since the Taliban were ousted in a US-led invasion in 2001, and will be the first democratic handover of power in the country's turbulent history. AFP PHOTO/SHAH MARAI (Photo credit should read SHAH MARAI/AFP/Getty Images)

Oggi, sabato 5 aprile, si è votato in Afghanistan per eleggere il nuovo presidente che andrà a sostituire Hamid Karzai, eletto per la prima volta nel 2004 ma di fatto in carica dalla fine del 2001, dopo la caduta del regime dei talebani. C’è stata una grande affluenza – hanno votato più di 7 milioni di persone – e anche qualche ritardo, causato dall’esaurimento imprevisto delle schede elettorali, riporta Reuters. Ci sono stati anche degli attacchi sporadici ad alcuni seggi, e circa il 10 per cento di questi – per motivi di sicurezza – non sono stati aperti.

Nel caso in cui, come ci si aspetta, nessuno degli 11 candidati partecipanti superi il 50 per cento dei voti al primo turno, si tornerà a votare per il ballottaggio in una data non ancora stabilita: i risultati del primo turno dovrebbero arrivare comunque non prima di metà maggio, considerati i problemi nel trasferimento del materiale elettorale, le eventuali richieste per il riconteggio dei voti e i possibili reclami per brogli o denunce di irregolarità varie, tutte lentezze molto diffuse nei processi elettorali afghani.

Le presidenziali in Afghanistan sono considerate tra le elezioni più importanti del 2014: il loro esito non è importante solo per la politica afghana, ma anche per gli effetti che potrebbero prodursi sui soldati statunitensi ancora sul territorio afghano – che dovrebbero completare il ritiro entro la fine dell’anno – e più in generale su alcuni temi di importanza mondiale, come la lotta al terrorismo. Per questo anche se l’Afghanistan è uno di quei posti del mondo spesso relegati ai margini della stampa italiana sugli esteri, ci sono diverse ragioni per prestare attenzione alle elezioni di oggi.

Un po’ di cose sulle elezioni
Nel corso del 2013 decine di candidati hanno presentato richiesta di partecipare alle elezioni presidenziali per sostituire Karzai, ma solo 11 sono stati approvati dalla commissione elettorale indipendente: tra loro ci sono due candidati che si erano già presentati alle presidenziali del 2009 – Abdullah Abdullah e Ashraf Ghani Ahmadzai – oltre che il fratello maggiore di Hamid Karzai, Qayum, e un gruppo piuttosto folto di influenti “signori della guerra” che esercitano già oggi un certo potere nelle zone di territorio che si trovano sotto il loro controllo. In generale una linea di comprensione delle divisioni tra i diversi candidati può essere quella etnica, anche se non è per niente esauriente nel caso afghano. I pashtun – il più grande gruppo etnico dell’Afghanistan – negli ultimi cent’anni hanno espresso praticamente tutti i leader del paese. In queste elezioni ci sono diversi candidati pashtun che potrebbero decidere di sostenersi in caso di ballottaggio, ma che al momento si considerano veri e propri avversari politici. Tra i candidati più importanti all’elezione ci sono Abdullah Abdullah, che dovrebbe ottenere i voti dei non-pashtun del nord; Ashraf Ghani, ex ministro delle Finanze dal 2002 al 2004, di etnia pashtun e uno dei più accaniti sostenitori dell’accordo di sicurezza bilaterale con gli Stati Uniti; e Zalmai Rassoul, che sembra essere il più fidato alleato di Karzai.

Uno dei problemi più grandi che deve affrontare oggi il governo afghano è il mantenimento dell’ordine pubblico e la limitazione degli episodi di violenza ai seggi elettorali. L’ultimo grave episodio di violenza c’è stato venerdì, quando la fotogiornalista tedesca Anja Niedringhaus, già premio Pulitzer e da diversi anni inviata in Afghanistan per Associated Press, è stata uccisa nell’est del paese mentre stava visitando un seggio elettorale in un distretto della provincia di Khost. Le misure di sicurezza messe in piedi per queste elezioni, ha scritto l’inviato di BBC in Afghanistan David Loyn, sono le più grandi nel paese dalla caduta dei talebani: sono stati dispiegati circa 200mila soldati, che però secondo molti non saranno sufficienti a fermare gli episodi di violenza e corruzione.

Un altro problema saranno le irregolarità e i brogli. Dei 30 milioni di afghani circa 12 milioni hanno diritto al voto e sono quindi in possesso di una scheda che gli permetterà di recarsi ai seggi e votare: tuttavia le schede che verranno presentate oggi ai seggi in Afghanistan, ha scritto il Guardian, sono potenzialmente molte di più, circa 20 milioni. Molte sono state richieste e rilasciate senza particolari controlli, mentre altre potrebbero essere state contraffatte e poi vendute. Il sistema di controllo è comunque molto debole, e la stessa scheda può essere facilmente presentata in diversi seggi del paese e usata per esercitare più volte il diritto di voto.

Perché è importante Karzai, anche se non può essere riletto
Hamid Karzai è presidente dell’Afghanistan da quando i talebani sono stati cacciati dal potere, cioè dalla fine del 2001. Ha ricoperto il ruolo di capo dell’amministrazione transitoria afghana e poi di presidente ad interim dal 2002, ma ha iniziato formalmente il suo primo mandato dopo avere vinto le elezioni nel 2004. È stato poi riconfermato alle elezioni del 2009 in un clima molto teso a causa di violenze e di accuse di brogli tra i diversi candidati. In tutti questi anni Karzai è diventato uno degli uomini più potenti dell’Afghanistan e si è assicurato il sostegno del governo statunitense, con modalità non sempre chiare: nell’aprile del 2013, per esempio, un’inchiesta del New York Times aveva dimostrato come la CIA avesse consegnato all’ufficio di Karzai, a cadenza mensile e dal 2002, quello che gli afghani hanno chiamato “denaro fantasma”: denaro di cui non si conosceva ufficialmente né la provenienza né la destinazione, ma che probabilmente aveva finito per alimentare il diffusissimo sistema di corruzione che domina da molti anni la politica e l’economia del paese.

Una delle questioni centrali di queste elezioni è il ruolo che svolgerà Karzai quando non sarà più presidente. Secondo il New York Times, Karzai continuerà a condizionare pesantemente la politica afghana, grazie anche a una serie di restrizioni e regole che lo stesso Karzai ha imposto al processo elettorale. Per esempio ha influenzato il comitato elettorale nell’approvazione dei candidati alla presidenza (e ha dissuaso alcuni di loro a non presentare o ritirare la candidatura), ha scelto personalmente i funzionari che decideranno sulle dispute elettorali e ha finanziato con decine di migliaia di dollari due dei tre più importanti candidati, assicurandosi in pratica che almeno uno dei due passi al secondo turno e se la giochi al ballottaggio. Gli Stati Uniti, comunque, potrebbero non essere contenti della vittoria di un candidato vicino a Karzai, per almeno due ragioni: la prima è la sua opposizione a firmare il patto di sicurezza che dovrebbe permettere alle truppe statunitensi a rimanere in territorio afghano oltre il 2014 (anche i talebani si sono opposti); la seconda è che da alcuni anni il governo di Karzai ha favorito il progressivo ritorno della Russia nel paese, ripristinando progetti e ristrutturando infrastrutture risalenti agli anni dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan.

Una cosa nuova: il ruolo delle donne nella campagna elettorale
Per la prima volta nella storia dell’Afghanistan, una donna – Habiba Sarobi, ex governatrice della provincia centrale afghana di Bamian – potrebbe diventare vicepresidente del paese. Come ha raccontato il New York Times, gli afghani sono rimasti piuttosto sorpresi dalla campagna elettorale di Sarobi, che non si è limitata a sostenere la figura del candidato presidente a cui si è legata, Zalmay Rassoul, ma ha tenuto comizi particolarmente energici che hanno ampliato il suo consenso. Secondo alcuni osservatori, Sarobi avrebbe avuto le caratteristiche adatte per provare a diventare presidente, ma al momento della registrazione dei candidati aveva 39 anni, un anno in meno dell’età minima richiesta dalla legge per partecipare alle presidenziali.

Alle elezioni di oggi saranno circa 300 le donne candidate per ottenere un seggio ai consigli provinciali, anche in zone dove la presenza dei talebani è molto forte. Negli ultimi mesi, inoltre, le mogli dei candidati nazionali più importanti hanno partecipato attivamente ai comizi elettorali dei rispettivi mariti, una cosa per nulla comune nella politica afghana. In generale, la maggior parte degli undici candidati alle presidenziali si sono spesi a un certo punto della loro campagna elettorale a sostenere alcuni temi importanti per le donne. Questa tendenza è una novità della società tradizionale afghana, visto che la maggior parte dei personaggi pubblici uomini, come l’attuale presidente Hamid Karzai, mantiene le loro mogli isolate dalla vita pubblica (sembra che la moglie di Karzai sia talmente poco conosciuta che possa fare shopping senza guardie del corpo). Altri dati però non sembrano essere così incoraggianti: le donne registrate per votare, per esempio, sono circa il 35 per cento di tutte le donne afghane con diritto di voto, una percentuale praticamente uguale a quella delle ultime elezioni.

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