L’aereo scomparso cambiò rotta?

I radar militari malesi avrebbero identificato un volo diretto a ovest dopo la sparizione del volo MH370, nella direzione opposta rispetto a quella che avrebbe dovuto seguire

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il volo MH370 di Malaysia Airlines è scomparso da quasi una settimana, ma nonostante i grandi sforzi e le ricerche non è stato ancora possibile trovare i suoi rottami, ammesso che sia precipitato in acqua (eventualità che per ora appare la più probabile). L’aereo, un Boeing 777, era partito poco dopo la mezzanotte dell’8 marzo (il 7 marzo in Italia) da Kuala Lumpur diretto verso Pechino in Cina con 239 persone a bordo, ma dopo circa 40 minuti di volo ha smesso di comunicare e inviare dati a terra, mentre si trovava sul Golfo di Thailandia. Da allora decine di navi e di elicotteri di diversi paesi hanno compiuto ricerche e ricognizioni in mare, mentre le autorità malesi sono state criticate per la gestione caotica della vicenda, con la diffusione di informazioni in contraddizione tra loro.

Cambio di rotta
Nelle ultime ore però c’è stato uno sviluppo importante: l’agenzia di stampa internazionale Reuters ha diffuso la notizia secondo cui radar militari malesi avrebbero rilevato il passaggio di un aereo non identificato, in volo al largo delle coste nord della penisola della Malesia, diretto a est verso le Andamane, un complesso di isole che idealmente separa il Mare delle Andamane (est) dal Golfo del Bengala (ovest) nell’Oceano Indiano. La presenza dell’aereo sarebbe stata rilevata nelle ore della scomparsa del volo MH370 e questo fa pensare che si tratti dello stesso aeroplano. Reuters ha ottenuto questa informazione da due fonti malesi, secondo le quali l’aereo stava seguendo una rotta convenzionale, possibile indizio del fatto che fosse pilotato da qualcuno con un’adeguata preparazione al volo.

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Una terza fonte, sempre consultata da Reuters, ha detto che nelle ultime ore le indagini si sono concentrate sulla teoria che il volo MH370 abbia deliberatamente cambiato la propria rotta, andando verso ovest e non verso est. Tutte e tre le fonti che hanno parlato con Reuters hanno mantenuto l’anonimato, perché non sono autorizzate a parlare pubblicamente delle indagini in corso. È bene ricordare che altre informazioni sul volo MH370 circolate da fonti anonime nei giorni scorsi sono state poi smentite dalle autorità malesi, che fino a ora hanno diffuso poche informazioni, si sospetta volutamente parziali.

Radar civili e militari
I radar militari sono più evoluti e hanno di solito un raggio di azione più ampio rispetto a quelli dell’aviazione civile: questo potrebbe spiegare come abbiano fatto le strumentazioni dell’esercito malese a rilevare il passaggio del volo MH370, dopo che aveva smesso di comunicare a terra. Di che cosa abbiano o non abbiano visto i radar militari della Malesia si parla da diversi giorni. Giovedì 13 marzo, durante una conferenza stampa, il ministro dei Trasporti della Malesia ha detto di non poter fornire dettagli sulla portata dei radar dell’esercito, perché si tratta di informazioni sensibili.

Ci sono diversi sistemi per tenere traccia di un aereo quando è in volo (qui è spiegato più nel dettaglio). Lo strumento principale è il “transponder”, un trasmettitore che dialoga via radio con i radar secondari dei centri di controllo del traffico a terra, inviando dati come l’altitudine cui viaggia l’aereo e il suo codice di identificazione. Come buona parte dei sistemi di bordo, può essere disattivato dal pilota, per esempio se funziona male, crea interferenze e costituisce un pericolo per l’integrità delle altre strumentazioni (per questo motivo quasi tutti i sistemi sono singolarmente disattivabili su un aereo e ce ne sono diversi che fanno le stesse cose, di riserva).

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Senza “transponder” l’aereo diventa invisibile al radar secondario, mentre continua a essere visibile al radar primario, che non dialoga con l’aereo: semplificando, manda di continuo segnali radio in cielo e rileva le onde che tornano indietro, perché hanno sbattuto contro un oggetto in volo e sono state rimbalzate verso la fonte che le ha emesse. I radar primari dell’aviazione civile non hanno una grandissima portata, anche perché i singoli centri di controllo del traffico si devono occupare di porzioni di cielo circoscritte: ogni aereo passa da un centro all’altro man mano che si sposta. I radar primari militari sono invece molto più potenti, perché da loro dipende la possibilità di intercettare potenziali pericoli in volo. (Esistono naturalmente altri sistemi per sorvegliare i cieli, così come gli aerei usano altre soluzioni per comunicare la loro posizione, seppure ancora meno diffuse.)

Verso ovest?
Reuters spiega che secondo le sue fonti l’ultima posizione nota e confermata del volo MH370 era a circa 140 chilometri a est delle coste della Malesia, a una altitudine di 10mila metri. L’aereo era regolarmente in viaggio verso le coste del Vietnam. Stando ai dati che avrebbero registrato in seguito i radar militari malesi, il volo MH370 avrebbe cambiato repentinamente direzione orientando il muso verso ovest in direzione di un punto (“waypoint”, cioè un insieme di coordinate usate come punto di riferimento) che si chiama “Vampi”, seguendo poi parte di una rotta usata di solito dai voli di linea che viaggiano verso il Medio Oriente. Avrebbe poi sorvolato un punto a sud dell’isola thailandese di Phuket, proseguito verso nord-ovest per centinaia di chilometri e infine avrebbe virato più marcatamente a ovest verso le isole Andamane, seguendo una rotta che di solito gli aeroplani di linea utilizzano per viaggiare verso l’Europa. Dopo il cambio di rotta, l’aereo sarebbe rimasto in volo per almeno quattro ore, sulla base della sua autonomia e della distanza compiuta, ma sarebbero necessari dati più accurati per un calcolo più preciso. Si stima che il volo MH370 avesse autonomia sufficiente per volare per circa 4mila chilometri.

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(l’immagine s’ingrandisce con un clic)

Sulla base dei dati raccolti dai radar militari, dicono sempre le fonti di Reuters, le autorità malesi hanno chiesto ai governi della Thailandia, dell’Indonesia e dell’India di condividere le informazioni radar raccolte nelle ore immediatamente dopo la scomparsa dell’aereo. In questo modo ci potrebbero essere conferme sulla rotta verso ovest seguita dal volo MH370, ammesso che le tracce viste sui radar militari malesi appartenessero a quell’aeroplano.

Nuove ricerche
A ulteriore conferma delle informazioni ottenute da Reuters, in alcuni tratti del Mare delle Andamane sono in programma ricognizioni per cercare l’aeroplano scomparso. Gli Stati Uniti hanno dato la loro disponibilità per partecipare alle ricerche nella zona con il loro cacciatorpediniere Kidd, già utilizzato nei giorni scorsi. Un aereo P-3 statunitense ha sorvolato nelle ultime ore alcune zone del Mare delle Andamane, dove stanno arrivando anche navi, elicotteri e ricognitori dell’esercito indiano.

Dati satellitari
Giovedì 13 marzo il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo nel quale si diceva che il volo MH370 aveva continuato a inviare informazioni sullo stato dei suoi motori ben dopo il momento in cui il pilota comunicò per l’ultima volta via radio con i controlli del traffico aereo. Il sistema cui faceva riferimento il giornale è l’ACARS, un dispositivo che comunica direttamente con la compagnia aerea di appartenenza del volo: è univoco e invia dati sulle condizioni dell’aereo e su sue eventuali anomalie a intervalli regolari di tempo, utilizzando un collegamento satellitare (quindi senza punti d’ombra come avviene per il transponder, che ha un raggio di azione più limitato perché invia il segnale direttamente al radar secondario a terra, senza farlo rimbalzare prima sul satellite).

La notizia diffusa dal Wall Street Journal è stata però smentita da Malaysia Airlines. Il suo CEO, Ahmad Jauhari Yahya, ha detto che gli ultimi dati inviati dall’ACARS del volo MH370 sono stati ricevuti poco dopo l’una di notte e che non segnalavano anomalie. Il sistema avrebbe poi smesso di inviare dati, così come ha fatto anche il transponder e la radio di bordo, lasciando l’aeroplano totalmente isolato dal resto del mondo.

Dopo la smentita della compagnia aerea, il Wall Street Journal ha corretto più volte il suo articolo, dicendo che l’ACARS ha continuato a stabilire connessioni con il satellite, ma senza inviare dati sullo stato dell’aereo. Questa condizione smentirebbe l’ipotesi che il dispositivo sia stato disattivato deliberatamente. Il fatto che abbia continuato a funzionare non significa necessariamente che l’aereo fosse ancora intero e regolarmente in volo. Anche in caso di incidente – atterraggio di emergenza o impatto in mare – l’ACARS avrebbe potuto continuare a funzionare per qualche tempo, provando a collegarsi al satellite.