Cosa imparare dal caso Stamina

Lo spiega Elena Cattaneo, ricercatrice e senatrice a vita, in un libro che analizza la vicenda del controverso trattamento e il suo impatto sull'opinione pubblica

Il 4 marzo scorso il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha firmato il decreto di nomina del nuovo comitato scientifico che si dovrà occupare di studiare il trattamento Stamina, il controverso sistema che secondo i suoi ideatori è a base di cellule staminali e che sarebbe in grado di curare numerose malattie invalidanti. La creazione del nuovo comitato, che non è stata semplice e ha richiesto la sostituzione di diversi componenti, si è resa necessaria in seguito a una sentenza del TAR del Lazio, che ha invitato il ministero della Salute a creare una nuova commissione perché i componenti del primo comitato avevano espresso dubbi sull’efficacia del sistema. Negli ultimi mesi contro il trattamento Stamina, ritenuto inutile e in alcuni casi dannoso, si sono espressi scienziati, riviste scientifiche e ci sono state diverse inchieste giornalistiche. La vicenda ha ricordato a molti quella del trattamento Di Bella, oggetto di grande attenzione a fine degli anni Novanta.

Partendo da questi due casi, con diversi elementi in comune, Mauro Capocci e Gilberto Corbellini hanno curato il libro “Le cellule della speranza – Il caso stamina tra inganno e scienza” in cui sono raccolti testi per spiegare che cosa sono le cellule staminali, come è nato il caso Stamina, perché ha fatto così presa sull’opinione pubblica e come è stato raccontato dai media. Oltre a una efficace e completa cronologia della vicenda, il libro ha un interessante capitolo scritto da Corbellini con la ricercatrice esperta di staminali e senatrice a vita Elena Cattaneo, nel quale si cerca di identificare le cause che hanno portato alle vicende Stamina e Di Bella per evitare che possano essere commessi in futuro errori analoghi.

— — —

Si possono immaginare alcune domande che sarebbe stato logico porsi, e alle quali se si fosse risposto onestamente, né il caso Stamina né quello Di Bella sarebbero mai accaduti. Sono domande che, partendo da istanze di mero buon senso, qualunque persona si trovasse a dover decidere su una materia non medica si farebbe prima di aderire a un’offerta, e che consentono di accertare la plausibilità e la pericolosità di innovazioni mediche che appaiono a prima vista promettenti.

– Quali competenze ed esperienze hanno coloro che propongono il trattamento? Ovvero il Di Bella di allora e i Davide Vannoni e Marino Andolina di oggi hanno alle spalle risultati controllati e competenze medico-scientifiche accertate che consentano loro di offrire ai malati, o direttamente o tramite una struttura sanitaria pubblica, i trattamenti in questione?

Di fatto, Di Bella era uno sconosciuto e modesto fisiologo, senza alcuna competenza oncologica o esperienza clinica, Vannoni è un professore di psicologia con una laurea in lettere e filosofia, mentre Andolina è un ematologo che ha fatto trapianti di midollo, ma che non ha alcuna conoscenza di biologia delle staminali e di clinica delle malattie neurodegenerative, quelle stesse che l’“intruglio Stamina” pretende di trattare.

Volendo immaginare, cosa molto improbabile allo stato attuale delle scienze mediche, che anche in assenza di specifiche competenze o relazioni scientifiche qualcuno sia riuscito a inventare un trattamento innovativo per qualche malattia, è ragionevole e moralmente doveroso richiedere una descrizione completa delle procedure utilizzate per la preparazione dei trattamenti e gli effetti degli stessi. Dovrebbe, pertanto, essere specificato in qualche protocollo pubblico, sottoposto o meno che sia a una richiesta di brevetto, ovvero condiviso e discusso nell’ambito della letteratura scientifica, cosa contiene il trattamento e quali effetti provoca sui pazienti. Questo non è stato ovviamente il caso del trattamento Di Bella – salvo quando si è arrivati alla famosa sperimentazione che in ogni caso ha anche lasciato strascichi – e non è il caso del trattamento proposto da Stamina Foundation.

Non esisteva né esiste tuttora nulla di documentato sul piano pre-clinico e clinico riguardante il cosiddetto metodo proposto da Stamina Foundation, e nella domanda di brevetto rifiutata dall’USPTO sono presenti dati plagiati da lavori preesistenti e già pubblicati, che sono peraltro in gran parte artefatti sperimentali. Per quel che riguarda l’uso delle cellule staminali mesenchimali (MSC) come trattamento di diverse condizioni cliniche, quello che si sa è relativo a informazioni incerte sull’uso di queste cellule in regime di buona pratica clinica (GCP) da parte di alcune company e cliniche statunitensi, ma che proprio per le differenze di preparazioni non sono paragonabili a quelle che Vannoni & Co. dicono essere contenute nei loro preparati. […]

– Quando un trattamento è compassionevole? Che cosa è una terapia compassionevole? Si poteva e si può giudicare compassionevole un trattamento di cui non si conoscono sicurezza ed efficacia, ovvero che non è neppure in studio per la cura di qualche malattia specifica sulla base di dati pre-clinici? Il trattamento Stamina rientra nei criteri di legge che regolamentano l’uso di un trattamento come compassionevole?
Sappiamo di no.

– Infine, al di là di ogni ragionevole dubbio, la trasparenza e l’onestà sono condizioni indispensabili per dare affidabilità pubblica alle decisioni. Le persone, scienziati, medici e politici, coinvolte nella valutazione della plausibilità o razionalità del trattamento e nel controllo della sua efficacia hanno qualche conflitto di interessi? Ovvero, c’è qualche interesse personale, sul piano dei ritorni economici o di un’autopromozione, a che il trattamento venga utilizzato comunque, da parte di qualcuno che si trova o è chiamato a giudicare la validità o a istruire le procedure di esame delle basi conoscitive o dei dati clinici, e da parte di chi prende decisioni dal punto di vista amministrativo o politico?
Nel caso Stamina, a differenza del caso Di Bella, si sono avute diverse incursioni da parte di enti, come il Centro Nazionale Trapianti, o di ricercatori, come Camillo Ricordi, o di politici, come alcuni esponenti della Regione Lombardia, che avevano interessi o collegamenti con attività che potevano trarre vantaggio da una strumentalizzazione della vicenda Stamina.

Rispondendo alle domande precedenti, le istituzioni politico-sanitarie sarebbero in grado di prevenire e stabilire la validità di nuovi trattamenti che vengono proposti al di fuori dei percorsi che tradizionalmente selezionano i trattamenti sicuri ed efficaci da quelli non efficaci o efficaci ma con importanti effetti collaterali.