Chi ha invent… █████▒▒▒

La storia della barra di avanzamento, che non serve a molto ma per tutti – anche per chi l'ha inventata – è sempre meglio che non guardare niente

A picture taken on March 10, 2009 in Paris shows the screen of a computer showing a web site of downloading contents. French bloggers and high-tech experts scorned on March 10, 2009 plans to punish illegal downloaders by cutting off Internet access, saying the move was unfair, unworkable and would not stop online piracy. AFP PHOTO CAROLINE VENTEZOU (Photo credit should read Caroline VENTEZOU/AFP/Getty Images)
A picture taken on March 10, 2009 in Paris shows the screen of a computer showing a web site of downloading contents. French bloggers and high-tech experts scorned on March 10, 2009 plans to punish illegal downloaders by cutting off Internet access, saying the move was unfair, unworkable and would not stop online piracy. AFP PHOTO CAROLINE VENTEZOU (Photo credit should read Caroline VENTEZOU/AFP/Getty Images)

Molti dei tempi di attesa per un utilizzatore di computer – sia che trascorra davanti a un monitor soltanto qualche ora alla settimana, sia che ci trascorra per lavoro intere giornate – sono solitamente segnalati da un indicatore grafico molto comune, che visualizza la percentuale di avanzamento del processo in corso: la barra di progresso (progress bar). È un simbolo diffuso anche in altri apparecchi elettronici, come per segnalare la carica dei telefoni cellulari.

L’operazione a cui intuitivamente è più facile associare la barra di progresso è quella dell’installazione di un programma, o il download di un file, o il trasferimento di file da una cartella a un’altra (o da un dispositivo a un altro). Ma per quanto oggi possa apparire scontato, anche quest’indicatore è stato “inventato”, e cioè c’è stato un tempo in cui non esisteva: un articolo sul New York Times Magazine cerca di ricostruirne in breve la storia.

L’origine dell’idea alla base della barra di avanzamento di stato viene fatta risalire ai diagrammi di Gantt, un sistema di visualizzazione grafica costruito a partire dagli assi cartesiani ed elaborato tra il 1910 e il 1915 dall’ingegnere americano Henry Gantt, ma a cui aveva precedentemente lavorato anche un ingegnere polacco, Karol Adamiecki, alla fine dell’Ottocento. Nel diagramma di Gantt, in sostanza, si rappresenta il tempo sull’asse orizzontale, mentre su quello verticale vengono riportate le varie mansioni di un determinato progetto. In un certo senso, i diagrammi di Gantt sono una variante statica della barra di avanzamento (in questo caso però sono gli occhi, con il movimento della lettura da sinistra a destra, a fare il lavoro).

Un diagramma di Gantt (fonte: Wikimedia Commons)

Un diagramma di Gantt (fonte: Wikimedia Commons)

L’esigenza di offrire una chiara visualizzazione dell’avanzamento delle operazioni sui primi computer cominciò ad affermarsi negli anni Ottanta, quando i calcolatori erano molto lenti ed era peraltro piuttosto frequente che i lunghi tempi di attesa finissero in nulla per via di qualche errore durante il processo. Nel 1985 – quando il simbolo in sé già esisteva, ma non era ancora impiegato in ambito informatico – l’allora dottorando Brad A. Myers, che oggi insegna alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania, presentò durante una conferenza una tesi sull’importanza di quelli che lui stesso definiva “indicatori di progresso percentuali”. Myers disse ai suoi colleghi che le barre di progresso avrebbero reso gli utenti di computer meno ansiosi, più rilassati e più efficienti.

Myers dimostrò la sua teoria con un esperimento: chiese a 48 studenti di effettuare delle ricerche in alcuni database su un computer, prima con e poi senza un indicatore dello stato di avanzamento della ricerca, e utilizzò come indicatore una specie di enorme termometro che segnava lo stato di avanzamento da sinistra verso destra. L’86 per cento degli studenti disse di preferire la barra piuttosto che niente, e aggiunse anche che non importava veramente – disse Myers – se la stima del tempo di attesa fosse o meno accurata.

In un articolo del 1986, pubblicato sulla rivista Computerworld, anche l’ingegnere informatico Bob Stahl suggerì che una barra di progresso avrebbe potuto in parte alleviare la frustrazione di chi attendeva con ansia la conclusione di un’operazione e poi, quando e se qualcosa andava storto, non sapeva esattamente in che punto il processo si era interrotto.

Chris Harrison, un altro professore della Carnegie Mellon, ha spiegato al New York Times che da allora furono proposti altri tipi di barre ma che la forma orizzontale finì per essere quella prevalentemente diffusa. Con il tempo furono aggiunti colori e altri effetti che facevano apparire più rapido l’avanzamento del processo. E siccome tutti detestano vedere una barra di avanzamento piantarsi in un punto, anche quando il processo è effettivamente fermo, Harrison racconta che furono in alcuni casi adottate soluzioni che mostravano sempre e comunque un avanzamento minimo, e più tardi ancora delle barre generiche che non indicavano con precisione lo stato di avanzamento del processo (indeterminate progress bar).

In tempi più recenti furono ideati e poi ampiamente utilizzati altri tipi di indicatori, come clessidre o cerchi, che non offrono una stima del tempo necessario per completare l’operazione ma che segnalano soltanto che il comando dell’utente è stato ricevuto dalla macchina e che quel comando è in fase di elaborazione. Secondo Harrison, il fatto che siano stati inventati degli indicatori generici di questo tipo dimostra che, alla “verità” sullo stato dell’avanzamento del processo, gli utenti preferiscono a volte semplicemente un’esperienza più gradevole e più rilassante quando lavorano al computer.