Giambattista Tiepolo, e il suo rococò

Il grande pittore e decoratore veneziano era nato oggi 318 anni fa

"Apollo e Diana", 1757, Giambattista Tiepolo - Villa Valmarana "Ai Nani", Vicenza

(Immagine da Wikipedia)
"Apollo e Diana", 1757, Giambattista Tiepolo - Villa Valmarana "Ai Nani", Vicenza (Immagine da Wikipedia)

Giambattista Tiepolo era nato il 5 marzo 1696 a Venezia: fu un grande pittore e incisore italiano, considerato uno dei più importanti artisti del Settecento, uno dei massimi esponenti del rococò, evoluzione del tardobarocco, e un maestro nella decorazione monumentale. Tiepolo dimostrò di essere molto versatile e di sapere adattare la propria arte agli stili e alle tendenze artistiche dei paesi in cui si trovava a lavorare. Fu grazie alle sue opere che la tradizione decorativa veneziana, in affanno a inizio Settecento, tornò ad essere importante in tutta Europa. Tiepolo ha realizzato tra le altre cose le tele per la Scuola del Carmine di Venezia, tra i suoi lavori più apprezzati, e gli affreschi del palazzo arcivescovile di Udine.

Giambattista Tiepolo aveva uno stile di pittura rapido e preferiva le tecniche pittoriche che consentivano di dare luminosità ai suoi dipinti. Le sue scene celebrative realizzate per i più vari committenti in chiese, ville e palazzi in giro per l’Italia e l’Europa dimostrano la sua capacità di creare opere con spazi che “sfondano” le volte e le pareti. Ispirandosi alla pittura barocca e reinterpretandola, Tiepolo sviluppò un proprio stile illusionistico e decorativo, utile per celebrare con allegorie e personaggi mitologici i suoi committenti. Tra i tanti, i dipinti di Palazzo Labia a Venezia con le “Storie di Marcantonio e Cleopatra” mostrano efficacemente la capacità di Giambattista Tiepolo di aggiungere spazi immaginari a quelli reali delle architetture dell’edificio.

Era nato il 5 marzo del 1696 a Venezia ed era figlio di un mercante, che morì un anno dopo la sua nascita lasciando la famiglia in complicate difficoltà economiche. A 14 anni Tiepolo iniziò la propria formazione artistica presso la bottega di Gregorio Lazzarini, dal quale trasse il gusto per la grandiosità scenografica dei dipinti tra barocco e rococò. Intorno al 1715 si mise a lavorare per il doge Giovanni II Cornaro, realizzando diverse decorazioni del suo palazzo e nel 1719 si sposò con Maria Cecilia Guardi, con la quale avrebbe avuto dieci figli.

Grazie ai suoi primi lavori e alla notevole capacità di lavorare con la luce, creando ambientazioni fastose e dai colori accesi, Giambattista Tiepolo riscosse quasi da subito un gran successo, ricevendo numerose commissioni nella Repubblica di Venezia. A Massanzago, vicino a Padova, realizzò tra il 1719 e il 1720 gli affreschi della villa Baglioni dando uno degli esempi più classici della sua capacità di creare spazi illusori. In quegli anni iniziò anche la collaborazione di Tiepolo con Gerolamo Mengozzi, pittore scenografo specializzato nella realizzazione delle prospettive (quadraturista), con il quale avrebbe lavorato per numerosi anni.

Negli anni Venti del Settecento, Giambattista Tiepolo realizzò tra le tante opere la “Madonna del Carmine”, ora conservata presso la Pinacoteca di Brera di Milano, il “Martirio di san Bartolomeo” e il grandioso soffitto di Palazzo Sandi a Venezia con il “Trionfo dell’eloquenza”, che riprende episodi mitologici dell’antica Grecia.

Nel 1726 Tiepolo si spostò a Udine dove lavorò per diversi committenti. Realizzò alcuni affreschi nella cappella del Duomo e altri dipinti nel Castello e nel Palazzo Patriarcale, considerati tra i più significativi della sua intera produzione. In questo periodo Tiepolo perfezionò il proprio stile, concentrandosi sulla resa dei colori chiari e trasparenti, per dare più luminosità agli ambienti. Lo dimostrano efficacemente le “Storie dell’Antico Testamento” all’interno del palazzo arcivescovile, monumentali e ricche di spazi aperti.

Giambattista Tiepolo dipinse poi in numerose altre città del nord Italia, tra Milano, Bergamo e Vicenza. A Venezia realizzò dipinti di soggetto profano e altre opere a sfondo sacro per importanti istituzioni religiose. Il suo nome, intanto, aveva iniziato a circolare molto all’estero. Nel 1750 il principe vescovo Karl Philipp von Greiffenclau zu Vollrads di Würzburg, grande mecenate tedesco, fece chiamare Tiepolo per commissionargli la realizzazione di alcuni dipinti nella propria residenza. Con l’aiuto dei figli Giandomenico e Lorenzo, realizzò quella che da molti critici è ritenuta la sua migliore serie di decorazioni in assoluto. Le “Storie di Federico Barbarossa” nella sala da pranzo e l’”Olimpo attorniato dalle quattro parti del mondo” nello scalone del palazzo sono oltre i classici schemi del barocco, con rappresentazioni che si distaccano dal reale in forma più marcata e illusoria.

Dopo essere tornato a Venezia intorno al 1753, Tiepolo assunse numerose commissioni, anche molto diverse tra loro. Dipinse gli affreschi di villa Valmarana nelle vicinanze di Vicenza, altra sua serie di pitture ritenute importanti per comprendere il suo stile, lavorò ad alcune opere all’interno del palazzo Ducale di Venezia e per molte famiglie nobili veneziane. Nel 1762, Giambattista Tiepolo si trasferì in Spagna, a Madrid, rispondendo alla chiamata del re Carlo III, che voleva fossero realizzati affreschi e nuove decorazioni nella sale del nuovo Palazzo Reale. Tiepolo lavorò con i suoi figli a tre soffitti di altrettante sale, realizzando l’”Apoteosi della Spagna”, l’”Apoteosi di Enea” e la “Grandezza della monarchia spagnola”.

Giambattista Tiepolo passò gli ultimi anni della sua vita in Spagna, realizzando opere per diversi committenti. Morì il 27 marzo 1770 mentre si trovava a Madrid. Fu sepolto nella chiesa di San Martin, che successivamente andò distrutta. I suoi quadri e i suoi affreschi sono conservati nei più importanti e prestigiosi musei d’arte di tutto il mondo. Anche nei momenti di grande successo, Tiepolo dimostrò sempre di avere senso pratico e grande consapevolezza del proprio mestiere: «Li pittori devono procurare di riuscire nelle opere grandi, cioè in quelle che possono piacere alli signori nobili, e ricchi perché questi fanno la fortuna de’ professori, e non già l’altra gente, la quale non può comprare quadri di molto valore».