Cosa succede ora

Quali sono i tempi e i numeri della fiducia al nuovo governo Renzi, che ha giurato stamattina

Alle 11.30 di sabato 22 febbraio il governo Renzi ha giurato nel salone delle feste al Palazzo del Quirinale (tranne il ministro dell’Economia Padoan, che sta ancora tornando da Sydney). Poco dopo è avvenuta la cosiddetta “cerimonia della campanella” durante la quale il presidente del Consiglio uscente Enrico Letta ha consegnato a Matteo Renzi la campanella che si utilizza per dare inizio alle riunioni del consiglio dei ministri. Pochi minuti dopo si è celebrato il primo Consiglio dei ministri durante il quale Graziano Delrio è stato nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio. I principali appuntamenti che aspettano il governo sono i due voti di fiducia che dovranno avvenire in Parlamento la prossima settimana.

La fiducia
Da sabato 22 febbraio il governo Renzi, secondo l’articolo 92 della Costituzione, è ufficialmente in carica, anche se deve ancora ricevere la fiducia da entrambe le camere. Secondo quanto hanno anticipato i giornali in questi giorni – e lo stesso Renzi aveva previsto sciogliendo la riserva – lunedì 24 febbraio Renzi dovrebbe chiedere la fiducia al Senato e martedì 25 alla Camera. Tradizionalmente il presidente del Consiglio chiede la fiducia dopo un discorso in cui annuncia il suo programma.

I numeri
Il governo non dovrebbe avere problemi ad ottenere la fiducia, visto che la sua maggioranza è rimasta invariata rispetto a quella del governo Letta. Alla Camera, in particolare, il PD da solo ha 293 voti su 630. Per raggiungere la maggioranza, quindi, basterebbero soltanto i voti di uno dei principali gruppi alleati, come ad esempio quelli di NCD, con 29 voti, oppure Scelta Civica, con 27 voti (qui potete vedere la composizione di tutti i gruppi alla Camera).

Al Senato le cose sono più complicate e il governo Renzi avrà bisogno del voto di tutti i vari gruppi che hanno dichiarato di appoggiare il governo. La maggioranza è di 161 voti e il PD, da solo, ha 107 voti. Il gruppo più numeroso che ha dichiarato il suo appoggio al governo, durante le consultazioni degli scorsi giorni, è quello di NCD con 31 senatori. Al secondo posto ci sono i Popolari per l’Italia (il partito nato dalla scissione di Scelta Civica), con 12 voti, la stessa Scelta Civica (con 8 voti, tra cui è contato anche quello del senatore a vita Mario Monti). Infine ci sono i voti dei 12 senatori delle Autonomie, formato in particolare dai senatori del PSI e SVP, cioè il partito delle autonomie altoatesine (qui potete vedere la composizione di tutti i gruppi del Senato).

Tutti insieme questi gruppi danno al governo 170 voti al senato, cioè 9 in più della maggioranza. A questo numero vari giornali aggiungono anche alcuni voti di senatori a vita (come Carlo Azeglio Ciampi e Renzo Piano) e alcuni voti del gruppo misto, tra cui quelli di alcuni fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle. I vari conteggi che si trovano sui giornali in questi giorni parlano di una maggioranza che dovrebbe oscillare tra i 176 e i 184 voti, mentre alcuni ipotizzano che ulteriori voti potrebbero arrivare al governo dal gruppo Grandi Autonomie e Libertà, considerato molto vicino a Forza Italia.

Altri problemi
L’ex candidato alle primarie del PD Pippo Civati ha aperto sul suo sito una consultazione – o meglio una “ricognizione” – per chiedere agli “elettori” se dare o meno la fiducia al governo Renzi. I giornali attribuiscono a Civati sei voti al Senato. Come lui stesso ha scritto sul suo blog, un suo eventuale voto contrario non sarebbe sufficiente a impedire a Renzi di ottenere la fiducia.

L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha scritto un tweet in cui annunciava che si sarebbe allontanato da Roma per “prendere le migliori decisioni”.