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  • Martedì 18 febbraio 2014

Gli scontri di Kiev

Proseguono da martedì e sono i più violenti dall'inizio delle proteste: ci sono almeno 25 morti, centinaia di feriti e incendi in piazza Indipendenza

Nella notte tra martedì 18 e mercoledì 19 febbraio almeno 25 persone sono morte negli scontri tra polizia e manifestanti a Kiev, la capitale dell’Ucraina. Oltre a comunicare il numero dei morti, il ministero della Salute ha comunicato che almeno 241 persone sono state ricoverate in ospedale e che tra queste ci sono 79 agenti di polizia e cinque giornalisti. Anche tra i morti c’è un giornalista, scrive BBC.

Migliaia di persone stanno ancora protestando contro il governo. Il ministero dell’Interno ucraino aveva annunciato in un comunicato che avrebbe restaurato l’ordine nel caso i disordini fossero continuati oltre le 18 locali (le 17 italiane) di martedì. Dalle 20 circa (ora locale), la polizia si è concentrata attorno a piazza Indipendenza, il centro delle proteste degli ultimi mesi, avviando le operazioni di sgombero del sit-in organizzato dai manifestanti anti-governativi. Da quel momento gli scontri sono diventati sempre più violenti: i manifestanti, tra le altre cose, hanno accusato la polizia di usare proiettili veri sulla folla. È stata la giornata più violenta dall’inizio delle proteste.

Verso le 23 di martedì, Vitaly Klitschko – ex pugile, leader del partito liberale di centro-destra Udar, uno dei leader delle proteste anti-governative – ha iniziato un incontro con il presidente ucraino Viktor Yanukovych, con l’obiettivo di trovare un accordo per mettere fine alle violenze. Secondo l’agenzia russa Interfax un altro dei leader dell’opposizione, Oleksandr Turchynov, è rimasto ferito per alcuni colpi di arma da fuoco sparati da un cecchino. In tarda serata il vicepresente statunitense Joe Biden ha chiamato il presidente Yanukovych chiedendogli di ritirare le forze governative e mettere fine ai durissimi scontri contro i manifestanti.

Diretta da piazza indipendenza

Yanukovych ha diffuso un comunicato nelle prime ore di mercoledì, in cui accusa i membri dell’opposizione per l’evoluzione violenta della protesta ricordando che comunque “non è ancora troppo tardi per mettere fine al conflitto”. Nel comunicato si ricorda anche che “i leader dell’opposizione non rispettano il principio della democrazia secondo il quale si ottiene il potere non per le strade e nelle piazze, ma attraverso le elezioni”.

Durante il pomeriggio di martedì, i manifestanti avevano tentato di raggiungere il Parlamento ma erano stati fermati dalla polizia, alla quale avevano tirato sassi e fumogeni: la polizia aveva reagito con granate stordenti, fumogeni e proiettili di gomma. Secondo una televisione ucraina, alcuni manifestanti avrebbero temporaneamente occupato la sede del partito del presidente Viktor Yanukovych, ma sarebbero stati poi respinti dalla polizia. Le proteste si erano poi diffuse in altre città dell’Ucraina: a Lviv, città tendenzialmente pro-Unione Europea, circa 500 manifestanti avevano occupato un edificio dell’amministrazione regionale. Il fotogiornalista ucraino Vlad Sodel ha pubblicato nelle ultime ore delle foto molto impressionanti su Twitter, che mostrano il livello di violenza raggiunto in serata dagli scontri a Kiev.

Le manifestazioni contro il governo sono ricominciate da circa una settimana a causa dell’annuncio del pagamento di una nuova tranche di aiuti economici da parte della Russia: il ministro dell’Economia russo Anton Siluanov ha detto che «questa settimana» verranno trasferiti all’Ucraina circa 1,4 miliardi di euro degli 11 previsti da un accordo fra i due stati – sebbene per ora ne siano stati pagati solo 2,1. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha detto che questi disordini «sono un risultato diretto della connivenza dei politici occidentali e delle strutture europee, che hanno chiuso gli occhi sulle azioni violente di forze radicali».

Le proteste a Kiev proseguono praticamente ininterrotte dal novembre del 2013. Erano iniziate in seguito al rifiuto di Yanukovych di sottoscrivere un patto commerciale con l’Unione Europea, che avrebbe avvicinato l’Ucraina all’Occidente. Sulla decisione influirono le forti pressioni della Russia, che in seguito offrì il piano di aiuti economici di oltre 11 miliardi di dollari per rimettere in sesto i bilanci del paese. Da allora Yanukovych ha concesso qualche apertura ai manifestanti, facendo per esempio dimettere il governo e sostenendo l’abolizione di una contestata legge sulle proteste di piazza, ma al tempo stesso ha dovuto fare i conti con le condizioni poste dalla Russia per ottenere il finanziamento.