• Mondo
  • Lunedì 17 febbraio 2014

Le accuse dell’ONU contro la Corea del Nord

Il regime nordcoreano sarebbe responsabile di violazioni sistematiche dei diritti umani e crimini contro l'umanità simili a quelli compiuti dal nazismo

In this image taken from video made available on Wednesday, Jan. 1, 2014, North Korean leader Kim Jong Un delivers an annual New Year's Day message in Pyongyang, North Korea. Kim boasted Wednesday that North Korea enters the new year on a surge of strength because of the elimination of "factionalist filth" - a reference to the young leader's once powerful uncle, whose execution last month raised questions about Kim's grip on power. (AP Photo/KRT via AP Video) TV OUT, NORTH KOREA OUT
In this image taken from video made available on Wednesday, Jan. 1, 2014, North Korean leader Kim Jong Un delivers an annual New Year's Day message in Pyongyang, North Korea. Kim boasted Wednesday that North Korea enters the new year on a surge of strength because of the elimination of "factionalist filth" - a reference to the young leader's once powerful uncle, whose execution last month raised questions about Kim's grip on power. (AP Photo/KRT via AP Video) TV OUT, NORTH KOREA OUT

La commissione delle Nazioni Unite incaricata di svolgere un’indagine sullo stato dei diritti umani in Corea del Nord, uno dei regimi più chiusi e autoritari di tutto il mondo, ha diffuso il rapporto finale frutto di un anno di lavoro, arrivando a conclusioni molto gravi e preoccupanti: secondo la commissione, il regime nordcoreano di Kim Jong-un sta commettendo violazioni sistematiche dei diritti umani contro i suoi stessi cittadini su dimensioni senza precedenti nel mondo di oggi, e crimini contro l’umanità molto simili a quelli compiuti dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Le Nazioni Unite hanno basato il proprio rapporto sulla raccolta di testimonianze dirette, da cui hanno estrapolato prove solide e convincenti dell’esistenza di torture, esecuzioni e detenzioni arbitrarie e la sostanziale mancanza di qualsiasi forma di libertà di espressione e religiosa. Il presidente della commissione dell’ONU, l’ex giudice australiano Michael Kirby, ha scritto personalmente al leader della Corea del Nord per avvertirlo che i crimini di cui viene ritenuto responsabile potrebbero avviare un processo presso il Tribunale penale internazionale (questo non significa comunque che la comunità internazionale abbia qualche potere di rimuovere Kim Jong-un, chiaramente, a meno che non sia lo stesso regime nordcoreano a volerlo). Nella lettera inviata a Kim, Kirby ha scritto:

«Quando vedo nella mia mente quell’immagine dei corpi bruciati, ricordo le memorie risalenti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e relative agli orrori e alla vergogna e allo shock. Non avevo mai pensato che nella mia vita avrebbe potuto essere mio dovere svelare al mondo episodi di quella stessa natura.»

Kirby ha parlato anche della necessità di una maggiore assunzione di responsabilità da parte della comunità internazionale nei confronti dei crimini compiuti dal regime nordcoreano: «Ora la comunità internazionale sa. Non ci saranno più scuse per la fallimentare inazione giustificata dalla mancanza di conoscenza». Il rapporto della commissione raccomanda alle Nazioni Unite di riferire la grave situazione della Corea del Nord al Tribunale Penale Internazionale: nonostante il paese di Kim Jong-un non abbia firmato il trattato istitutivo del tribunale, in casi eccezionali il Consiglio di Sicurezza dell’ONU (CdS) può decidere di estendere le competenze del tribunale anche a situazioni legate a paesi non firmatari. In questo caso, tuttavia, è molto probabile che con l’intervento del CdS ci si trovi di nuovo punto e a capo: l’estensione delle competenze del tribunale potrebbe essere bloccata facilmente in CdS dalla Cina, stretta alleata della Corea del Nord e uno dei cinque membri del CdS con potere di veto.

Tra le parti più agghiaccianti dell’intero rapporto c’è probabilmente quella che si riferisce ai campi di prigionia segreti, noti come kwan-li-so, dove si ritiene siano stati uccisi centinaia di migliaia di nordcoreani in modi disumani (alcuni di questi sono contenuti in un video molto forte realizzato dal gruppo Cornestore e diffuso l’8 novembre 2012 su YouTube). Il 17 febbraio Human Rights Watch, organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, ha diffuso su YouTube un video che documenta alcuni aspetti della vita all’interno dei campi di lavoro, con alcune testimonianze dirette di prigionieri e guardie dei campi nordcoreani.

Le famiglie delle persone rinchiuse in questi campi, dice il rapporto dell’ONU, non vengono informate della sorte dei famigliari, che diventano vittime di sparizioni forzate allo scopo di diffondere la paura nella popolazione. Il rapporto descrive anche le incredibile torture a cui vengono sottoposte le donne che fanno ritorno dalla Cina e che il regime crede siano rimaste incinte da uomini cinesi. Visto che far nascere dei bambini di sangue misto si scontra con l’idea della “purezza razziale” imposta dal regime di Pyongyang nel paese, queste donne vengono rinchiuse nei campi di prigionia, all’interno dei quali sarebbero sottoposte a svariate torture: l’annegamento dei neonati oppure gli aborti forzati con percosse, sostanze chimiche o con interventi chirurgici senza anestesia. L’ONU ha stimato che oggi nei campi di lavoro nordcoreani siano rinchiusi tra gli 80mila e i 120mila prigionieri politici: la pratica di rinchiudere nei campi intere famiglie, o parecchie generazioni di famiglie, accusate di avere compiuto dei crimini politici viene usata ancora dal regime, ha scritto l’ONU, anche se in misura minore rispetto a prima.

Oltre alla mancanza di diritti politici e civili e alle torture subìte dai nordcoreani nei campi di prigionia, il rapporto dell’ONU descrive anche come il regime di Kim Jong-un abbia usato il cibo come uno strumento per controllare la popolazione. Negli anni Novanta la popolazione della Corea del Nord ha dovuto affrontare diverse terribili carestie, provocate in parte da condizioni naturali sfavorevoli e in parte dalla pessima gestione delle risorse da parte del regime. Durante i periodi di carestia – che hanno provocato la morte di moltissime persone (le stime parlano di un numero che va da 300mila e 3 milioni di norcoreani) – il regime di Pongyang avrebbe deciso di non dare il cibo ai cittadini ritenuti “sacrificabili”, creando le condizioni per delle vere e proprie uccisioni di massa di stato.