“The Wolf of Wall Street”, la storia vera

Come andò davvero la storia (pazzesca) del broker Jordan Belfort, raccontata nel film di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio candidato a 5 premi Oscar

di Emanuele Menietti – @emenietti

Tra i film di maggiore successo usciti al cinema nelle ultime settimane c’è The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, che racconta la storia pazzesca ed esagerata di Jordan Belfort, che negli anni Novanta si inventò il modo di fare un sacco di soldi grazie alla vendita delle “penny stocks”, azioni di poco valore di piccole società, con sistemi fraudolenti. Il film, che ha come protagonista Leonardo DiCaprio, è stato candidato a cinque premi Oscar e ha ricevuto critiche molto positive, nonostante sia stato al centro di numerose polemiche per alcune scene ritenute immorali, l’uso costante di droghe e l’utilizzo di alcuni animali, tra cui uno scimpanzé.

The Wolf of Wall Street racconta la storia di Jordan Belfort, o meglio: è proprio Jordan Belfort a raccontare la sua storia durante tutto il film. Grazie a questo espediente, Scorsese ha potuto prendersi diverse licenze e trascurare in alcuni passaggi la realtà: fin dalle prime scene allo spettatore viene chiaramente fatto capire che sullo schermo vedrà la storia di Belfort vista da Belfort, e che quindi dovrà fare una tara alle cose che sente e che vede. In questo modo Scorsese ha anche risolto il problema di dovere basare tutto il film sul libro scritto da Belfort (quello vero), l’unica fonte completa e di parte sulla sua storia.

Dal prossimo paragrafo iniziano gli SPOILER, se non avete visto il film e vi interessa farlo vi conviene tornare qua a leggere quando sarete usciti dal cinema. Non ci muoviamo, promesso.

Cocaina e masturbazione
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Belfort, che oggi ha 51 anni, racconta nel suo libro che iniziò come venditore e successivamente ottenne un posto presso la società di investimenti L. F. Rotschild. Il film segue fedelmente il racconto e mostra con efficacia com’era l’ambiente frenetico e molto competitivo dei venditori, soffermandosi sull’incontro di Belfort con il trader Mark Hanna, interpretato nel film da Matthew McConaughey. I due vanno a pranzo assieme in una delle prime e più belle scene del film: Hanna spiega con disinvoltura a Belfort che la chiave del successo per fare il broker è sniffare cocaina e masturbarsi almeno un paio di volte al giorno. La conversazione tra i due è praticamente uguale a un paio di dialoghi contenuti nel libro. Lo stesso Hanna ha confermato che all’epoca le cose andarono più o meno così.

Non c’entra invece nulla la cosa di battersi il petto e mormorare versi che nel film McConaughey/Hanna fa a tavola. DiCaprio e Scorsese hanno notato che McConaughey lo faceva come una sorta di esercizio per caricarsi prima di recitare, hanno trovato la cosa adatta al personaggio che doveva interpretare e gli hanno chiesto di farla davanti alla cinepresa.

Black Monday
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Grazie alla sua capacità di essere molto persuasivo nei confronti dei clienti per fare comprare loro le azioni, Belfort alla L. F. Rotschild sembra essere avviato verso una buona carriera. Il 19 ottobre 1987 deve però fare i conti con il lunedì nero: le principali borse di tutto il mondo subiscono un improvviso e rapido crollo, Wall Street perde il 22,61 per cento. Belfort perde il suo posto di lavoro ed è costretto a trovarsi un nuovo impiego. Proprio come nel film, si fa assumere alla Investors Center, una piccola società che vende penny stock: azioni molto economiche, di solito con un valore al di sotto del dollaro, ma che oscilla molto e quindi ad alto rischio. Belfort se la cava bene, applica i sistemi che usava alla L. F. Rotschild e inizia a guadagnare molti soldi. Nel film il racconto dei suoi successi iniziali è molto enfatizzato, ma comunque aderente a quello che accadde davvero.

Al ristorante
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Una delle scene più viste del film, anche perché presente in uno dei trailer che sono circolati di più, è quella in cui Belfort incontra per la prima volta Donnie Azoff (interpretato da Jonah Hill). Il suo futuro socio in affari gli si presenta al ristorante dicendogli di avere notato la sua Jaguar parcheggiata all’esterno, gli chiede quanto guadagni in un mese e quando Belfort gli risponde con una cifra esorbitante non gli crede: se glielo può dimostrare sul momento, spiega, si licenzierà e diventerà suo dipendente. Belfort tira fuori una busta paga da 72mila dollari e Azoff mantiene la promessa. È una scena ben costruita e che riesce a far capire la spregiudicatezza di entrambi i personaggi, ma non è mai successa nella realtà.

Danny Porush (il nome nel film è stato cambiato in Donnie Azoff) si mise in contatto con Belfort grazie alla propria moglie, che aveva incontrato quest’ultimo in un viaggio in autobus verso New York. Scoprirono di essere vicini di casa e la moglie di Porush confidò che suo marito stava avendo problemi con la sua attività. Poco tempo dopo Porush si vide con Belfort e decisero di mettersi insieme in affari, con il primo che si diede da fare per conseguire la licenza per fare il broker.

Nel film Azoff/Porush dice di essere sposato con la propria cugina di primo grado. Andò così anche nella realtà: Porush sposò Nancy “perché era un bel bocconcino”, insieme ebbero tre figli e divorziarono dopo 12 anni di matrimonio: lui aveva trovato un’altra.

Stratton Oakmont
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Il nome che Belfort e Porush scelgono nel film per la loro nuova società, Strattom Oakmont, è lo stesso che fu usato nella realtà. Decisero di chiamarla così perché aveva un nome altisonante e che le conferiva un certo prestigio. In uno dei vari momenti in cui si rivolge direttamente agli spettatori del film, Belfort taglia corto sulle pratiche della società, facendo intendere comunque che si muovevano su un confine molto labile tra ciò che è legale e ciò che non lo è.

I meccanismi adottati dalla Stratton Oakmont per fare soldi erano di diverso tipo, ma con alla base un’idea comune. In pratica Belfort e altri suoi soci compravano azioni di una società, rivendendole poi in massa a una serie di investitori poco informati o male informati da loro. In questo modo il valore delle azioni aumentava repentinamente garantendo un buon ricavo per la Stratton Oakmont grazie alle commissioni sulle vendite azionarie. Dopo poco tempo le azioni si sgonfiavano, con una inevitabile perdita per gli investitori convinti da Belfort e i suoi a comprare.

Grazie a questo sistema Stratton Oakmont si espanse rapidamente, assumendo centinaia di nuovi impiegati. Nel momento di massimo successo aveva circa mille dipendenti, quasi tutti impegnati sul fronte delle vendite. Il film racconta efficacemente la crescita della società da un capannone a una sede più consona, con un grande open space.

Feste sfrenate
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In diverse scene del film Belfort sale su un piccolo palco montato nella sede della società e, microfono alla mano, tiene discorsi decisamente sopra le righe per celebrare e motivare i suoi dipendenti. Anche nella realtà il broker teneva spesso discorsi motivazionali, ma erano molto più autocelebrativi rispetto al film. Finiti gli interventi di Belfort, si tenevano spesso feste sfrenate per i risultati economici ottenuti dalla Stratton Oakmont. Scorsese rende bene quei momenti, con musica, alcolici, droghe e trovate che sono state al centro delle accuse di scarsa moralità del film nelle ultime settimane.

Una delle scene di festa più discusse è quella in cui una impiegata accetta di farsi tagliare a zero i capelli davanti agli altri colleghi, ricevendo in cambio diecimila dollari per rifarsi il seno. L’episodio è raccontato nel libro di Belfort ed è stato confermato da Porush, dicendo che fu probabilmente la cosa peggiore che fecero durante le feste.

All’inizio del film Belfort e un collega lanciano verso un bersaglio un nano, con casco e occhiali da pilota, per giocare a tiro a segno. In realtà, stando a come l’hanno sempre raccontata Belfort e il suo socio Porush, questa particolare disciplina sportiva non fu mai sperimentata. La società assunse comunque alcuni nani per almeno una festa e in effetti in una riunione fu discussa la possibilità di usarli come proiettili umani, ma non si passò mai ai fatti. Il dibattito in teorie e tecniche del lancio del malcapitato nano è presente nel film ed è tra le scene più surreali e divertenti. Porush ha comunque spiegato che con le persone affette da nanismo la Stratton Oakmont fu sempre “molto amichevole”.

Animali
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Belfort nel film passeggia per l’ufficio insieme con uno scimpanzé, che tra le altre cose sa andare sui pattini a rotelle. La sua presenza nel film è stata duramente criticata da diversi gruppi di animalisti, che hanno invitato a boicottare la sua visione al cinema dicendo che lo scimpanzé ha “sofferto un danno psicologico irreversibile obbligandolo a recitare”. Nella realtà, stando al racconto di Porush, non furono mai tenuti animali di quel tipo in ufficio.

Tra le scrivanie c’era comunque un pesciolino che fece una brutta fine. Nel film Azoff/Porush sgrida duramente un impiegato che sta dando da mangiare al suo pesce rosso proprio nel giorno di una importante operazione di borsa, che coinvolge tutto l’ufficio. Il socio di Belfort, interpretato da Jonah Hill, affonda la mano nella bolla d’acqua, tira fuori il pesce rosso e lo ingoia vivo, licenziando pochi istanti dopo l’impiegato ritenuto poco disciplinato. La scena sembra una esagerazione buona per un film, ma andò praticamente allo stesso modo anche nella realtà. Porush ha raccontato che un giorno disse a uno dei broker della società “o ti impegni di più o mi mangio il tuo pesce rosso, e così feci”.

Droghe
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Nel film praticamente tutti i soci della Stratton Oakmont fanno uso continuo e intensivo di droghe. Al primo incontro con Hanna, quello che gli consiglia di masturbarsi spesso e di sniffare cocaina, Belfort appare riluttante, ma dopo avere fatto conoscenza con il suo futuro socio Azoff/Porush cambia atteggiamento. Le scene in cui Belfort sniffa coicaina sono innumerevoli, e ce ne sono diverse altre in cui si imbottisce di farmaci come lo Xanax, la morfina e soprattutto il Quaalude (si legge “qualud”), conosciuto in Italia con il nome Metaqualone. È un sedativo ad azione ipnotica, con effetti simili a quelli dei barbiturici.

Il Quaalude divenne molto usato negli Stati Uniti dai tossicodipendenti, a metà degli anni Ottanta fu deciso di ritirarlo dal commercio. Divenne quindi merce rara e molto costosa, come viene mostrato efficacemente nel film. Belfort ha sempre confermato di avere avuto seri problemi di dipendenza e di avere avuto “abbastanza roba nel suo apparato circolatorio da sedare tutto il Guatemala”. La scena del suo scombinato arrivo a casa in elicottero mentre è visibilmente fatto è raccontata anche nel libro.

Belfort, in una delle migliori scene recitate da DiCaprio, subisce una paralisi quasi totale a causa di una eccessiva dose di Quaalude scaduto e per questo con un effetto ritardato. Dopo avere raggiunto faticosamente la sua Lamborghini si mette alla guida e torna a casa. Accadde più o meno la stessa cosa anche nella realtà, con la differenza che l’auto era una Mercedes. Causò diversi incidenti, mandando anche all’ospedale una donna.

Nella prossima pagina, come andarono davvero le cose tra Belfort e sua moglie,
le indagini dell’FBI, l’affondamento del suo yacht e molto altro →

La vita da sposato di Belfort
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La vita sentimentale di Belfort nel film è molto aderente alla realtà, o almeno a quella che lo stesso broker ha raccontato nel suo libro (e in un secondo volume sempre dedicato alla sua storia), ma per motivi di opportunità nella finzione i nomi delle mogli sono stati cambiati, come quelli di quasi tutti i personaggi. Come viene mostrato nel film, Belfort divorziò dalla prima moglie Teresa/Denise Lombardo dopo avere conosciuto a una festa della Stratton Oakmont un’altra ragazza, Naomi Lapaglia/Nadine Caridi, interpretata da Margot Robbie. Era una modella, aveva fatto qualche pubblicità per una marca di birra e Belfort era solito chiamarla “la duchessa di Bay Ridge”, perché di origini britanniche, ma cresciuta a Bay Ridge, Brooklyn. Viene chiamata così sia nel libro sia nel film.

Nel film i rapporti tra Belfort e Naomi sono spesso complicati e burrascosi, proprio come lo erano nella realtà tra Belfort e Nadine. Dopo un grande litigio, Naomi annuncia al marito che non faranno l’amore per un bel pezzo e che per punirlo lei andrà in giro per la casa senza indossare biancheria intima. Nel film la scena avviene nella stanza della figlia appena nata della coppia: Naomi è seduta a terra e mentre riferisce la punizione a Belfort mostra platealmente di non indossare nulla sotto al vestito. Il marito a quel punto le ricorda che nella stanza c’è una telecamera di sorveglianza nascosta per la sicurezza della bambina, e la invita a salutare gli addetti che li stanno osservando. L’episodio non è un’invenzione del film: è riportato tale e quale nel libro di Belfort – ma anche in questo caso si tratta della sua versione, difficile da verificare con sicurezza.

Quando Belfort finisce nei guai a causa delle indagini dell’FBI sulla sua attività, la moglie decide di chiedere il divorzio e gli comunica che terrà con sé la bambina. È una delle scene più drammatiche e forti del film: Belfort, sotto l’effetto di farmaci e droghe, reagisce colpendo più volte la moglie mentre raggiunge la stanza della bambina per prenderla in braccio e portarla via. Le cose andarono più o meno così anche nella realtà: Belfort racconta nel libro che, mentre aveva in braccio la figlia, diede un calcio alla moglie facendola cadere dalle scale.

Nel timore che la moglie desse seguito alla minaccia di non fargli più vedere la figlia dopo il divorzio, nel film Belfort sempre sotto l’effetto dell’alcol e della droga prende la bambina di circa tre anni, la mette sul sedile anteriore della sua auto senza assicurarla con la cintura di sicurezza e parte, andando a sbattere ancora prima di essere uscito dalla sua proprietà. Successe più o meno la stessa cosa anche nella realtà, fortunatamente senza gravi conseguenze per la bambina: l’auto prima andò a sbattere contro la porta del garage e poco dopo contro un pilastro ai lati della strada di accesso alla casa.

Yacht
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In una scena del film Belfort stupisce Naomi mostrandole il grande yacht che ha appena comprato e rivelandole di averlo chiamato con il suo nome. Le cose andarono così anche nella realtà: lo yacht fu battezzato Nadine, il vero nome della moglie.

Nel film, Belfort è in vacanza in Italia con la moglie sul suo yacht in Liguria, quando decide di spostarsi con urgenza a Montecarlo per sistemare alcuni affari. Il capitano gli fa notare che è previsto mare in burrasca e che è sconsigliabile partire, ma davanti alle insistenze di Belfort cede e avvia la navigazione. Lo yacht finisce nel mezzo della tempesta e viene affondato, in una scena molto forte e che appare inverosimile per la zona di mare in cui si verifica. I passeggeri e l’equipaggio vengono salvati dalle autorità italiane.

Belfort ha confermato che più o meno le cose andarono così nella realtà e che quando insistette con il capitano per partire era sotto l’effetto di stupefacenti. Il naufragio non avvenne tra la Liguria e Montecarlo, ma sulla rotta tra Civitavecchia e la Costa Smeralda in Sardegna, come raccontò un articolo di Repubblica del 24 giugno 1996:

Tutto comincia alle 11 di sabato, a Riva di Traiano, porto a sud di Civitavecchia. Rotta sulla Sardegna nord-orientale, destinazione la baia di Cala di Volpe, a due bracciate dal lussuoso hotel dell’ Itt Sheraton (un milione a notte), già di Karim Aga Khan. Il “Nadine” è una barca superba: 50 metri di lunghezza, elicottero a bordo, miniflotta di acquascooter, un “tender” che da solo vale 20 milioni. Alle 19 il panfilo imbarca acqua da un boccaporto, mare forza 7-8, il maestrale soffia alla velocità di 35 nodi, onde alte come palazzine a tre piani. Ecco il primo Sos captato dalla capitaneria di Roma: la situazione non sembra gravissima. Alle tre del mattino di ieri, il panico. “Eravamo disperati e abbiamo pregato tutti assieme”, racconterà Lucy Ann McManus, una inglese di 26 anni. Drammatica la seconda richiesta di soccorso. “Aiuto la nave è di traverso, non possiamo più governarla”, grida il comandante Mark Elliot. Ora coordina le operazioni di ricerca Antonio Camboni, il comandante della capitaneria di Olbia. Da Ciampino si alza in volo un elicottero, viene allertata l’ Aeronautica militare e l’ equipaggio della San Giorgio, unità della Marina militare in navigazione verso Fiumicino. Eccolo finalmente verso le 5,30. Due naufraghi vengono soccorsi dalla motovedetta Cp 802 mentre gli altri 17 sono tratti in salvo dalla San Giorgio. Ora Jordan Belfort sprizza gioia: “Ancora grazie, grazie di cuore”.

FBI
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Sulle attività di Belfort indaga Patrick Denham, un agente dell’FBI insospettito dal giro di affari della Stratton Oakmont. Il vero nome dell’agente, fuori dalla finzione del film, è Gregory Coleman. Belfort lo incontra per la prima volta a bordo del suo yacht – il loro dialogo è un’altra scena molto apprezzata del film – poco prima di tirargli alcune aragoste addosso quando lo caccia dalla sua barca. In realtà le cose andarono diversamente: il primo incontro avvenne solo quando Coleman eseguì il primo arresto nei confronti di Belfort. La scena è presente nel film e avviene mentre il broker sta girando uno spot sulle sue attività, cosa che non avvenne nella realtà.

Coleman indagò sulla Stratton Oakmont per sei anni, raccogliendo prove e seguendo tracce per scoprire le attività illecite della società. In seguito avrebbe spiegato di essersi appassionato al caso non solo per l’alto numero delle persone truffate, ma anche per la spregiudicatezza che Belfort e i suoi avevano nel condurre gli affari e nell’avere una vita sotto molti punti di vista sfrenata e priva di regole.

Svizzera
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Dopo essersi reso conto del particolare interesse dell’FBI per le operazioni della sua società, Belfort nel film decide di portare fuori dagli Stati Uniti buona parte del proprio patrimonio, depositandolo in alcuni fondi in Svizzera. Per farlo usa metodi creativi, compreso un sistema per attaccare con il nastro adesivo centinaia di banconote al corpo di una collaboratrice, in modo che possa passare i controlli alla dogana senza problemi nascondendo il denaro sotto i vestiti. Il piano viene poi modificato perché poco praticabile. Qualcosa di simile avvenne anche nella realtà: Belfort racconta che almeno una volta i soldi furono nascosti nel reggiseno di una collaboratrice.

Come si vede nel film, per gestire il suo patrimonio in Svizzera Belfort scelse di usare una zia della moglie come prestanome. Emma (il suo nome vero era Patricia) morì quando i soldi del broker erano ancora nelle banche svizzere, la circostanza è confermata da diverse fonti oltre al libro di Belfort e alla sua trasposizione cinematografica.

Arresto e collaborazione
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Nel 1998 Belfort fu infine arrestato con l’accusa di riciclaggio di denaro e truffa. Per ottenere una riduzione della pena, decise di collaborare con l’FBI per raccogliere prove su soci e amici alla Stratton Oakmont e non solo. Il film racconta abbastanza fedelmente questa parte della storia. In una scena Belfort incontra Azoff/Porush, che non ha ancora avuto problemi con la giustizia tali da impedirgli di occuparsi della società, e indossa un registratore nascosto per raccogliere le sue dichiarazioni utili per le indagini e la sua incriminazione. Belfort passa però un biglietto ad Azoff/Porush avvisandolo di avere un registratore addosso e di non dire cose compromettenti.

Nella realtà Belfort non fece mai nulla di simile con Porush per avvisarlo che lo stava registrando. La scena del film è ispirata a un altro episodio, raccontato nel secondo libro del broker sulla sua storia, in cui ammette di avere avvisato un amico sulla presenza di un registratore nascosto.

Condanne
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Grazie alla scelta di collaborare con la giustizia, Belfort fu condannato a 4 anni di carcere. Ci furono poi varie revisioni e sconti di pena. In carcere trascorse complessivamente 22 mesi e gli fu ordinato di emettere rimborsi per un totale di 100 milioni di dollari ai clienti che aveva truffato. A quanto pare Belfort non lo ha fatto del tutto.

Il film si sofferma poco sulla fine che fece Donnie Azoff/Porush. Per le sue attività illecite alla Stratton Oakmont fu condannato a circa tre anni di carcere. Oggi gestisce una società nel settore della sanità in Florida e vive con la sua seconda moglie in una villa da 4 milioni di dollari. Negli ultimi anni sono circolate notizie su sue possibili attività ai limiti del lecito legate alle forniture sanitarie. È stato anche coinvolto in una serie di indagini su una truffa legata alle vendite telefoniche di oggetti per collezionisti: gli acquirenti denunciarono di avere ricevuto ripetuti addebiti sulle loro carte di credito.

Consulente motivazionale
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Scontata la pena, Belfort si è inventato una nuova carriera come consulente e formatore motivazionale, sfruttando le sue qualità indubbie nel persuadere i clienti maturate negli anni in cui faceva il broker. Nella scena finale del film il vero Belfort appare brevemente mentre invita a salire sul palco il Belfort interpretato da DiCaprio, per una lezione dei suoi corsi motivazionali. Lo stesso DiCaprio ha realizzato un breve spot per promuovere le attività di Belfort, dopo essersi appassionato alla storia del lupo di Wall Street.