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  • Martedì 4 febbraio 2014

Arriva il rimpasto di governo (in Danimarca)

I socialisti sono usciti dal governo per un disaccordo sulla vendita a Goldman Sachs di un pezzo dell'azienda energetica più grande del paese, sei ministri sono stati sostituiti

Danish Prime Minister Helle Thorning-Schmidt adresses the media at a press conference on January 30, 2014 at the Prime Minister's office in Copenhagen, after the Socialist People's Party, one of the three members of Denmark's leftist coalition, quit the government over the controversial sale of a stake in state-controlled energy group DONG to US investment bank Goldman Sachs. Thorning-Schmidt said there was no need to call a new election and that her minority government would "shortly introduce a new cabinet". AFP PHOTO / SCANPIX DENMARK / KELD NAVNTOFT / DENMARK OUT (Photo credit should read KELD NAVNTOFT/AFP/Getty Images)
Danish Prime Minister Helle Thorning-Schmidt adresses the media at a press conference on January 30, 2014 at the Prime Minister's office in Copenhagen, after the Socialist People's Party, one of the three members of Denmark's leftist coalition, quit the government over the controversial sale of a stake in state-controlled energy group DONG to US investment bank Goldman Sachs. Thorning-Schmidt said there was no need to call a new election and that her minority government would "shortly introduce a new cabinet". AFP PHOTO / SCANPIX DENMARK / KELD NAVNTOFT / DENMARK OUT (Photo credit should read KELD NAVNTOFT/AFP/Getty Images)

Il primo ministro danese, la socialdemocratica Helle Thorning-Schmidt, ha annunciato lunedì l’ultimo di una serie di cambiamenti nel suo governo che hanno portato negli ultimi mesi alla sostituzione di diversi ministri. L’ultimo rimpasto, che sta coinvolgendo sei ministri tra cui quello degli Esteri, è stato provocato dall’uscita del Partito Popolare Socialista dalla coalizione di governo: il motivo del disaccordo è stata la decisione di Thorning-Schmidt di permettere alla banca di investimenti Goldman Sachs di acquistare il 18 per cento delle quote controllate dallo Stato dell’azienda energetica Dong Energy A/S (pari a circa 1,5 miliardi di dollari), l’azienda più grande del paese nel settore dell’energia.

La vendita di quote di Dong Energy A/S fa parte di una ristrutturazione annunciata dall’azienda nel febbraio dello scorso anno, per tagliare i costi, ridurre il debito e aumentare gli investimenti nell’esplorazione petrolifera e gassifera; con l’acquisizione delle quote, scrive Bloomberg, Goldman Sachs avrebbe un qualche tipo di potere di veto su come viene condotta e gestita l’impresa. La popolazione danese non sembra particolarmente favorevole all’accordo: secondo un sondaggio condotto per TV2 dalla società Megafon, il 68 per cento degli elettori è contrario alla vendita delle quote di Dong Energy A/S.

In una conferenza stampa tenuta lunedì, Thorning-Schmidt ha spiegato i punti su cui intende concentrare il lavoro del governo nei prossimi mesi, per una specie di «nuova partenza» dopo la defezione dei socialisti: «più lavoro e welfare migliore», ha detto Thorning-Schmidt, aggiungendo che il governo cercherà di adottare dei provvedimenti per migliorare le condizioni per le imprese, senza imporre un’altra tassa sui redditi d’impresa, come era stato anche chiesto dal capo del maggior partito di opposizione, Lars Lokke Rasmussen. I nuovi obiettivi dovranno essere raggiunti insieme al Partito Social Liberale Danese, l’unico alleato rimasto ai Socialdemocratici di Thorning-Schmidt. Kasper Moller Hansen, scienziata politica dell’Università di Copenaghen, ha detto che gli ultimi annunci del governo riflettono la volontà di Thorning-Schmidt di «rivolgersi a sinistra quando si parla di politiche sociali e a destra quando si parla di politiche economiche».

La questione della vendita delle quote di Dong Energy A/S si è aggiunta alla precaria situazione economica della Danimarca, che da qualche anno sta mettendo in difficoltà il governo. Dal 2008 l’economia danese è diventata la più debole di tutta la regione scandinava, a causa di una bolla immobiliare che ha innescato anche una grave crisi del settore bancario. La banca centrale ha stimato che l’indebitamento dei consumatori ha provocato la riduzione della domanda da parte delle famiglie, mentre la crescita dell’economia danese – stimata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in 1,6 per cento per il 2014 – è inferiore rispetto a quella della Svezia (2,3 per cento) e della Norvegia (3 per cento). Secondo un altro sondaggio del 26 gennaio pubblicato dal quotidiano Berlingske, il 55,1 per cento dei danesi oggi voterebbe per il blocco di opposizione guidato dal Partito Liberale di Lars Loekke Rasmussen (alle ultime elezioni, il 15 settembre 2011, i liberali avevano preso il 49,7 per cento).