• Moda
  • Giovedì 16 gennaio 2014

Quarant’anni da Kate Moss

E 40 fotografie di quella di cui ha senso dire "icona", che si è infilata in ogni angolo del panorama

UNITED KINGDOM - UNDATED: In this handout image provided by St. Tropez, St. Tropez, the iconic global self-tan brand today announces the appointment of Kate Moss as the new face and body of the brand. (Photo by St. Tropez via Getty Images)
UNITED KINGDOM - UNDATED: In this handout image provided by St. Tropez, St. Tropez, the iconic global self-tan brand today announces the appointment of Kate Moss as the new face and body of the brand. (Photo by St. Tropez via Getty Images)

“Icona” è un termine che viene facilmente abusato nei linguaggi correnti, senza distinguere più tra il suo significato originale legato a un’immagine figurativa e quello metaforico, spesso sinonimo di simbolo: si può tentare di darne una definizione con “figura emblematica di un’epoca o di un ambiente”, e anche qui “figura” è entrambe le cose. La parola è stata usata molto, per Kate Moss, che oggi compie 40 anni: e per lei, a differenza di altri, il significato figurativo è ancora del tutto prevalente: è l’immagine in copertina dell’epoca che va dagli anni Ottanta a oggi e di un ambiente che all’inizio è stato quello della moda, ma molto presto è diventato “tutto”, o quasi: lo spettacolo, la musica, l’arte contemporanea, il costume.

Quando Kate Moss fu “scoperta” – alla fine degli anni Ottanta, a 14 anni, in un aeroporto di New York da Sarah Doukas, fondatrice dell’agenzia di moda Storm – la moda stava molto cambiando e già era cambiata: il marketing aveva guadagnato sempre più peso a livello internazionale, e soprattutto le modelle non erano più semplici indossatrici ma supermodel, personaggi celebri e seguiti al pari di attori e rockstar. Le più conosciute in quegli anni erano donne dai corpi statuari come Elle Macpherson, Linda Evangelista, Cindy Crawford, Naomi Campbell.

Kate Moss era una ragazzina di Londra alta 1 metro e 70, dal viso spigoloso, magrissima, decisamente “imperfetta” rispetto ai canoni di quegli anni: proprio per questo motivo il suo ingresso nel mondo della moda fu una specie di sovversione, avviata da una celebre campagna in bianco e nero per Calvin Klein (in compagnia di Mark Wahlberg), che rese lei internazionalmente famosa e universalmente accettato il suo canone di bellezza alternativo (magra, pallida, vestita in modo trasandato) che alcuni media ritennero di chiamare heroin chic.

Dopo, Kate Moss fu ovunque e ovunque è rimasta. Alle sfilate di Londra e di mezzo mondo, alle feste con le supermodel e gli amici stilisti, nelle classifiche delle donne più belle del mondo e delle modelle più pagate, nella musica rock con le apparizioni a grandi concerti, in decine di video musicali, sui giornali di gossip con storie d’amore sempre tormentate (la prima seguitissima con Johnny Depp, poi quasi sempre con musicisti “dannati”, fino al matrimonio col cantante dei Kills Jamie Hince nel 2011), nell’ispirazione di moltissimi artisti contemporanei tra cui Marc Quinn e Lucian Freud, il cui quadro del 2002 venne venduto poi all’asta qualche anno dopo per 3,9 milioni di dollari. Era nella cultura popolare globale. Un’icona, ecco.

Kate Moss riuscì anche a trasformare in un’opportunità l’episodio più controverso della sua carriera: nel 2005 la rivista britannica Daily Mirror pubblicò in prima pagina alcune sue fotografie che la mostravano insieme al compagno Pete Doherty mentre sniffava cocaina. Lei chiese pubblicamente scusa in una conferenza stampa e se ne andò negli Stati Uniti a farsi disintossicare, mentre la maggior parte dei suoi contratti milionari venivano annullati: ma nel giro di un anno tornò a lavorare, firmò ben 18 contratti e, secondo la rivista Forbes, triplicò i suoi guadagni.

Delia’s gone – Johnny Cash (1994)

Some Velvet Morning – Primal Scream (2002)

I Just Don’t Know What to Do with Myself – The White Stripes (2003)