18 regole sull’uso di iPhone, un anno dopo

Il bilancio di Janell Burley Hofmann, che un anno fa scrisse per il figlio tredicenne un contratto sull'uso dello smartphone

In this Jan. 4, 2013, photo, Janell Burley Hofmann, right, poses with her son Gregory at their home in Sandwich, Mass. Janell holds a copy of the contract she drafted and that Gregory signed as a condition for receiving his first Apple iPhone. (AP Photo/Michael Dwyer)
In this Jan. 4, 2013, photo, Janell Burley Hofmann, right, poses with her son Gregory at their home in Sandwich, Mass. Janell holds a copy of the contract she drafted and that Gregory signed as a condition for receiving his first Apple iPhone. (AP Photo/Michael Dwyer)

Janell Burley Hofmann è americana, è saggista, scrittrice e consulente per questioni familiari; è sposata, ha cinque figli e vive a Cape Code (Massachusetts) con la sua famiglia. Ha un blog i cui post sono anche pubblicati sullo Huffington Post. Per Natale del 2012 ha regalato un iPhone al figlio tredicenne Gregory. Il regalo era accompagnato da un vero e proprio contratto in 18 punti che il figlio ha dovuto sottoscrivere per ricevere e poter utilizzare lo smartphone. Il contratto circolò moltissimo online e generò discussioni sul rapporto tra gli adolescenti e le nuove tecnologie e sull’intervento educativo dei genitori in questo contesto.

A un anno di distanza, Hofmann ha scritto un bilancio sull’efficacia delle regole, e sull’influenza che hanno avuto nel rapporto tra lei e suo figlio. Il testo originale, che abbiamo tradotto qui di seguito, si trova sul blog di Hofmann.

1. Nel 2012 ho scritto una lista di regole che Gregory avrebbe dovuto seguire dopo aver ricevuto un iPhone per Natale. Le ha lette, ha riso per quanto fossero specifiche e ha acconsentito a seguirle.

Questo è quello che so per certo. La risposta virale e globale e le opportunità professionali che sono nate da quell’articolo sono soltanto un esempio di quanto la vita sia imprevedibile. Sono molto contenta di essere parte del dibattito culturale sul crescere la “Generation Tech”.

2. Sì, il contratto funziona. Le regole espresse in quei 18 punti rispecchiano la nostra famiglia. Hanno valore ovunque, non solo sullo schermo del telefono. La coerenza del nostro approccio ci ha aiutati, mentre imparavamo a fare i genitori nel contesto delle nuove tecnologie.

3. Anche se il contratto ha funzionato, questo non significa che le cose siano sempre state facili. Una cosa è scrivere le regole, un’altra è tenerle vive ed efficaci. Essere genitori richiede una fiducia molto intensa, ma anche la voglia di impegnarsi.

4. Un piccolo segreto: dare a mio figlio 13enne un iPhone mi ha spaventata. E se poi si allontana da me? Se ci si perde dentro? E se fa scelte terribili? E se poi mi pento di averglielo regalato? E se poi non riesce più a vivere senza? Il contratto mi ha aiutato a tranquillizzarmi un po’. Il mio modo di essere genitore è lo stesso, sia che parli di tecnologia, sia che mi occupi di qualsiasi altro aspetto. Me ne sono resa conto appena l’ho esplicitato, scrivendo le regole..

5. Il contratto è elastico. Si adatta alla stagione (letteralmente: durante l’estate Gregory può usare il telefono più a lungo la sera rispetto a quanto può usarlo durante l’anno scolastico) e alle necessità della nostra famiglia.

6. Ha fatto casini. Gli ho ritirato il telefono. Abbiamo ricominciato. Affrontiamo questa cosa insieme. Continuiamo a imparare.

7. Sentite questa: Gregory pensa che io abbia ragione. Titoli di giornale e storie più vicine a noi su adolescenti e tecnologia ci hanno molto colpito. Insieme, abbiamo analizzato le scelte, le conseguenze e la realtà della relazione tra adolescenti e tecnologia. Non credo che Gregory farà mai errori gravi. Ma se succederà, non sarà perché non aveva chiaro il contesto.

8. Gregory è il mio maestro! Se non conosco bene l’ultima app o l’ultimo social network vado dritta da lui e gli dico “Fammi vedere”. Imparo cosa sta usando e come lo usa. Poi ne faccio uso anche io. Non mi sento travolta, ma rassicurata e consapevole. E Gregory sa che la nostra famiglia capisce la tecnologia, quindi questi discorsi non sono un segreto o una cosa sotterranea, ma un argomento centrale, affrontato apertamente.

9. È una questione di famiglia! Siamo tutti diventati utenti tecnologici consapevoli e responsabili. Ci sono giorni, momenti, gite, che abbiamo dichiarato “Zone Senza Telefono”, così da cercare tutti di “tenere su gli occhi e vedere quello che succede nel mondo intorno a noi”. La tecnologia è parte della nostra vita, ma c’è molto altro! La nostra “fede tecnologica” non si applica soltanto a iPhone, iPad, Xbox, ma alla vita. Davvero!

10. Sono profondamente convinta che il nostro regalo abbia arricchito la vita di Greg. Ci siamo convinti che la vita possa realmente essere #techpositive. Il suo accesso illimitato a musica, podcast di suo interesse, la facilità con cui raggiunge i suoi coetanei e la forza dei legami con la “famiglia allargata” sono soltanto alcuni dei motivi per cui siamo entusiasti della tecnologia.

11. La parte più dura per me? L’iPhone rappresenta il cambiamento. L’iPhone è stato uno dei momenti di rottura del nostro rapporto genitore-figlio. Ho sperato che costruire delle basi solide e al tempo stesso seguirlo personalmente fosse sufficiente per insegnargli come gestire la tecnologia. Le password che abbiamo condiviso, i limiti di tempo che abbiamo stabilito, le aspettative di comportamento che abbiamo dichiarato sono stati provvedimenti rigidi. Ma alla fine il telefono è rimasta una cosa pienamente sua: tutto quello che ha detto e condiviso e cercato non è stato filtrato da me, ma è stato frutto di scelte sue. E questo ha reso più forte sia mio figlio che me.

12. Bonus: mia figlia ha ricevuto un Kindle per Natale e mi ha chiesto di scriverle un contratto. Questa davvero non me l’aspettavo!

Foto: Janell Burley Hofmann e il figlio Gregory (AP Photo/Michael Dwyer)