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  • Venerdì 10 gennaio 2014

L’ultima in Siria: islamisti contro al Qaida

I ribelli estremisti si sono ulteriormente divisi: da una settimana si scontrano nel nord

FILE - In this undated file picture released on Friday Nov. 29, 2013, and posted on the Facebook page of a militant group, members of Ahrar al-Sham brigade, one of the Syrian rebels groups, exercise in a train camp at unknown place in Syria. With a new label - the Islamic State of Iraq and the Levant - the global terror network al-Qaida is positioning itself as a vanguard defending a persecuted Sunni community against Shiite-dominated governments across Syria, Lebanon and Iraq. For moderates around the region, the renewed assertiveness of the jihadis is increasingly taking on the aspect of a regional calamity. (AP Photo, File
FILE - In this undated file picture released on Friday Nov. 29, 2013, and posted on the Facebook page of a militant group, members of Ahrar al-Sham brigade, one of the Syrian rebels groups, exercise in a train camp at unknown place in Syria. With a new label - the Islamic State of Iraq and the Levant - the global terror network al-Qaida is positioning itself as a vanguard defending a persecuted Sunni community against Shiite-dominated governments across Syria, Lebanon and Iraq. For moderates around the region, the renewed assertiveness of the jihadis is increasingly taking on the aspect of a regional calamity. (AP Photo, File

Negli ultimi giorni la guerra in Siria ha raggiunto nuovi livelli di complessità: oltre alle difficoltà dei giornalisti stranieri di raccontare gli scontri e le violenze nel paese e quelle delle organizzazioni internazionali di tenere anche solo la conta dei morti, si sono aggiunte le divisioni all’interno del fronte dei ribelli che combatte contro il presidente Bashar al Assad. Venerdì 3 gennaio, per la prima volta dall’inizio della guerra in Siria, l’Esercito Libero Siriano, unico gruppo militare di ribelli riconosciuto come legittimo dall’Occidente, ha combattuto il più temibile dei gruppi legati ad al Qaida con l’aiuto e il sostegno di una coalizione molto varia di forze islamiste, che include anche un gruppo qaedista.

È una novità di una certa importanza. Sintetizzando, sembra che sia nato una specie di “quarto fronte” nella guerra siriana: c’è Assad; poi ci sono i ribelli “moderati” appoggiati dall’Occidente; poi quelli islamisti un po’ estremisti; e infine quelli islamisti molto estremisti. E non è nemmeno una questione che riguarda solo la Siria, o la gestione del potere e dei territori nello schieramento dei ribelli. Come succede dall’inizio della guerra la disunità del fronte dei ribelli e le infiltrazioni di gruppi estremisti legati ad al Qaida, spesso anche non siriani, hanno condizionato la scelta del governo americano di non mandare aiuti militari di una certa portata ai nemici di Assad.

Islamisti contro al Qaida
Gli scontri tra ribelli iniziati venerdì si sono concentrati nelle città del nord della Siria controllate dai ribelli. I gruppi islamisti si sono divisi in due schieramenti: da una parte l’Esercito Libero Siriano è stato affiancato dall’Alleanza Islamica, una coalizione di gruppi islamisti ed estremisti nata il 24 settembre scorso per distanziarsi dall’Esercito Libero Siriano. L’Alleanza Islamica ha annunciato in passato di avere tra i suoi obiettivi non solo la deposizione di Assad, ma anche l’imposizione della sharia come “unica fonte della legge” in Siria. Tra i gruppi che hanno aderito alla coalizione c’è anche il Fronte al-Nusra, qualificato come “terrorista” dagli Stati Uniti alla fine del 2012 e “rappresentante” di al Qaida in Siria.

La bizzarra alleanza tra Esercito Libero Siriano e Alleanza Islamica – due gruppi avversari fino a poco tempo fa – è stata provocata dall’emergere del più temibile dei gruppi qaedisti: lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, che da diversi mesi si distingue in Siria per le uccisioni e i rapimenti di leader più moderati del fronte ribelle. Lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS, la sigla in inglese) è nato all’inizio del 2013 da una fusione tra jihadisti iracheni e siriani. Agisce sia in Siria che in Iraq, e negli ultimi giorni è finito su molti importanti giornali internazionali per avere preso il controllo di due città nella provincia irachena di Anbar, Falluja e Ramadi. Quando era nata l’Alleanza Islamica, l’ISIS ne era rimasto fuori: gli obiettivi dell’ISIS sono la creazione di un califfato islamico e l’imposizione della sharia.

Perché al Qaida si è divisa
All’inizio del 2014 l’ISIS ha brutalmente assassinato Hussein al-Suleiman, il leader di Ahrar al-Sham, uno dei più grandi gruppi ribelli della Siria e membro dell’Alleanza Islamica. Suleiman è stato torturato e le foto del suo corpo sfigurato sono state pubblicate e diffuse online. L’uccisione di al-Suleiman ha fatto molto arrabbiare sia i ribelli islamisti estremisti che quelli più moderati: il gruppo al-Nusra, altro rappresentante di al Qaida in Siria, si è schierato contro l’ISIS, anche se con un profilo più basso rispetto agli altri membri dell’Alleanza Islamica. L’ISIS, formato in buona parte da combattenti stranieri, sta provocando molti malumori tra la popolazione siriana, sempre più insofferente verso la violenza usata dal gruppo. Negli ultimi giorni gli scontri tra i due schieramenti di ribelli hanno provocato la morte di circa 500 combattenti, tra cui più di un centinaio di jihadisti: l’ISIS ha dovuto ritirarsi da Raqqa, nel nord-est della Siria, che da diverso tempo era la roccaforte del gruppo.

Delle divisioni interne ad al Qaida si parla ormai da qualche anno. Nel 2005 il capo di al Qaida, Ayman al-Zawahiri, inviò una famosa lettera all’allora leader dello Stato Islamico dell’Iraq, Abu Musab al-Zarqawi, chiedendogli di fermare le brutali violenze che il suo gruppo, affiliato ad al Qaida, stava compiendo sulla popolazione irachena. All’inizio del 2013 Abu Bakr al-Baghdadi, successore di al-Zarqawi, annunciò la creazione dell’ISIS, ma la cosa piacque poco ad al-Zawahiri, che la vide come un’aperta sfida alla sua autorità. Al-Baghdadi si rifiutò di accettare le richieste del capo di al Qaida, che gli chiese prima di ridimensionare l’ISIS a una dimensione più locale, e poi di ritirarsi dalla Siria. Al-Baghdadi, scrive Jamie Dettmer del Daily Beast, avrebbe minacciato il centro decisionale di al Qaida descrivendo se stesso come “Emiro di tutti i credenti” e sostituendosi all’emiro nominato direttamente da al-Zawahiri, Abu Khalid al-Suri – veterano di al Qaida con stretti legami con l’Alleanza Islamica e con Ahrar al-Sham. Ad ogni modo, la divisione interna ad al Qaida ha portato alcuni ribelli a sperare in una “seconda rivoluzione”, grazie alla quale i militanti del più estremista ISIS potranno diminuire la loro influenza in Siria.

Come potrebbe finire la storia 
In alcune città del nord-est della Siria i militanti di ISIS si sono ritirati dalle loro posizioni senza particolari resistenze, anche se da venerdì 10 gennaio hanno recuperato del terreno verso Raqqa. Diversi analisti si chiedono fino a che punto al-Baghdadi sarà disposto a sfidare l’autorità centrale di al Qaida: nei giorni scorsi si era diffusa l’ipotesi che potessero essere istituiti dei comitati islamici indipendenti per fare da mediatori tra i vari gruppi islamisti ribelli che combattono in Siria, ma per ora non si è concluso nulla. Charles Lister, analista del Brookings Doha Center in Qatar, ha detto: «L’offensiva dell’ISIS è stata fino a questo momento relativamente limitata, almeno rispetto a quanto il gruppo è potenzialmente capace di fare».

Foto: Combattenti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (AP Photo)